Villepin punta sulla crisi di Sarkozy e si candida all'Eliseo

Marina Valensise

La strada per le presidenziali del 2012 comincia a essere affollata. Non solo il premier François Fillon; non solo il capogruppo parlamentare dell'Ump, Jean-François Copé, “il delfino squalo” che adesso detta legge. Non solo Ségolène Royal, risorta per la gauche dopo aver vinto col 60 per cento la presidenza del Poitou-Charentes: accanto al presidente in carica, Nicolas Sarkozy, candidato in pectore alla propria successione, anche Dominique de Villepin rivendica adesso un rango di spicco fra i futuri presidenziabili.

    Parigi. La strada per le presidenziali del 2012 comincia a essere affollata. Non solo il premier François Fillon, favorito nei sondaggi e costretto a giurare che non c'è nessuna divergenza tra lui e il capo dello stato; non solo il capogruppo parlamentare dell'Ump, Jean-François Copé, “il delfino squalo” che adesso detta legge. Non solo Ségolène Royal, risorta per la gauche dopo aver vinto col 60 per cento la presidenza del Poitou-Charentes: accanto al presidente in carica, Nicolas Sarkozy, candidato in pectore alla propria successione, anche Dominique de Villepin rivendica adesso un rango di spicco fra i futuri presidenziabili.

    L'ex premier di Jacques Chirac, il diplomatico di carriera col pallino di Napoleone Bonaparte, l'ex segretario generale dell'Eliseo ai tempi di Chirac, assurto alla guida del Quai d'Orsay durante la guerra in Iraq e da allora profeta della France éternelle, ancora sotto schiaffo per il processo Clearstream (losco caso di corruzione e contraffazione di liste di titolari di depositi presso la banca lussemburghese che lo ha visto coinvolto in prima persona), ma ringalluzzito dalla sconfitta della maggioranza sarkozista, ieri ha tenuto una conferenza stampa per annunciare la creazione di un nuovo movimento politico e la nascita di un nuovo partito, “libero e indipendente al di fuori dell'Ump”, che per ora non ha né iscritti né finanziatori, ma ha già la data del primo congresso, previsto per il 19 giugno, e cioè l'indomani del 70° anniversario dell'appello del Generale De Gaulle per liberare la Francia dall'occupazione nazista.

    Così, al “bellâtre” della politica francese, che non è mai stato eletto ma è convinto che più dell' “expérience” conti “la vision”, per alzare la testa è bastato parlare un'ora e mezza davanti a un centinaio di giornalisti, spiegando le ragioni della sconfitta del centrodestra. “Ho capito il messaggio lanciato dai francesi: diffidenza, esasperazione, sanzione”, ha detto Dominique de Villepin, con posa teatrale. Senza mai pronunciare il nome del suo avversario nella corsa all'Eliseo, alias Sarkozy, oggi suo diretto rivale, Villepin ha stigmatizzato “il fallimento di una strategia e di una politica” e la scelta del partito unico “che non ha permesso di riunire gli elettori” e infine il rischio di dispersione creato dalle “riforme tutte e subito”.  Con un colpo solo, l'ex premier bonapartista, che oggi si ripropone come gollista lasciando perplessa una gollista doc come il ministro della Giustizia Michèle Alliot-Marie, ha imputato all'uomo che ha sempre considerato un usurpatore la responsabilità di aver distrutto, con l'ouverture a sinistra, la possibilità di una riserva di voti per consentire alla sua stessa maggioranza di vincere le elezioni al centro.

    E in un crescendo di audacia retorica, ha accusato Sarkozy di incoerenza e superficialità, per aver voluto imporre le riforme con un ritmo troppo sostenuto, senza seguire un ordine di priorità. La stessa accusa, del resto, è stata formulata da un pilastro della sarkozia come Luc Ferry. Studioso di Leo Strauss, già ministro della Pubblica istruzione, Ferry ha contestato sul Figaro l'agitazione senza costrutto dell'iperpresidente, che ha puntato sull'identità nazionale (dibattito a dir suo ridicolo), privilegiando  misure inutili e costose (come defiscalizzare gli straordinari, ridurre l'Iva nel settore della ristorazione, abolire la pubblicità sulle tv di stato, digitalizzare le biblioteche) anziché una politica di rigore per contenere il deficit pubblico. Così, dopo la sterzata a destra di Sarkozy, anche Villepin ha parlato in nome della Francia che soffre l'ingiustizia e l'ineguaglianza: “Mi sento a disagio” ha detto l'ex premier introducendo la sua requisitoria contro il dibattito sull'identità nazionale, la riforma della giustizia e il deficit pubblico fuori controllo.