Parlano l'ex pm e l'editorialista del Fatto

Il Di Pietro “leghista” scatena i distinguo di De Magistris e Travaglio

Marianna Rizzini

De Magistris dice al Foglio: “Ho molto rispetto per la Lega, l'unico partito popolare presente sul territorio nazionale, un partito che ha saputo formare una classe dirigente anche giovane e che sa ascoltare il popolo. La Lega dovrebbe sciogliere alcuni nodi in tema di giustizia, questione morale, legalità e xenofobia". Travaglio riconosce a Di Pietro “un grande fiuto politico, paragonabile a quello di Bossi”, e dice: “Di Pietro, come Bossi, è a capo di un partito nato per germinazione diretta. Chi vota Lega e Idv non vota turandosi il naso ma per identificazione.

    Uno è l'uomo del trattore, l'altro è l'uomo della canottiera. Entrambi hanno un'aria da energumeno che mal si sposa con i minuetti diplomatici. Sono Antonio Di Pietro e Umberto Bossi, e presto potrebbero essere visti allo stesso tavolo a discettare amabilmente di riforme istituzionali – stando almeno all'intervista molto dialogante che l'ex pm ha rilasciato ieri alla Padania: un tripudio di assonanze Lega-Idv (“Movimenti che nascono per inseminazione spontanea”), un fiorire di lodi al federalismo fiscale, un doppio applauso alla sacralità della “militanza” in camicia verde (simile, per Di Pietro, a quella italiavalorista) e alla comune pratica dei banchetti fuori dalle fabbriche. Di Pietro insomma sorride a Bossi, e dev'essere un corollario della sua nuova strategia di appeasement verbale nei confronti del centrodestra e di punzecchiamento pressante nei confronti del centrosinistra (di cui l'ex pm vorrebbe essere il nuovo motore).

    Non si sa ancora se il Di Pietro che dialoga con Bossi verrà attaccato sul Web dalle orde di ex sostenitori delusi che già gli rimproverano una pacatezza inedita – di certo c'è che il popolo viola ha passato mesi a manifestare sotto le finestre delle sedi leghiste. Abbonda intanto con i distinguo e con i “ma” l'eurodeputato idv Luigi De Magistris, da molti visto come l'alternativa “movimentista” a Di Pietro, anche se ieri Beppe Grillo rispondeva con un “niet” alla proposta di De Magistris di riunire le forze (da Vendola a Grillo) per un'alternativa al Pd.

    De Magistris dice al Foglio: “Ho molto rispetto per la Lega, l'unico partito popolare presente sul territorio nazionale, un partito che ha saputo formare una classe dirigente anche giovane e che sa ascoltare il popolo”. De Magistris, però, aggiunge che la Lega “dovrebbe sciogliere alcuni nodi in tema di giustizia, questione morale, legalità e xenofobia. Non può continuare a dire ‘Roma ladrona' se poi continua ad appoggiare la linea del Pdl non solo sui provvedimenti legati alle sorti personali del premier, ma anche rispetto all'urgenza di spezzare il legame tra gestione del denaro pubblico, criminalità organizzata e colletti bianchi. Finora, infatti, Lega e Pdl hanno intrattenuto un rapporto di controprestazione con favori reciproci. Né è possibile che una forza che si propone come democratica mantenga una componente razzista così forte. Se la Lega non risolve queste contraddizioni può diventare una nuova destra pericolosa, pur presentandosi come destra ‘sociale'”.

    Di fronte a un Antonio Di Pietro che loda il federalismo fiscale, il giornalista Marco Travaglio – da “osservatore esterno” che “per fortuna”, dice, “non deve aprire dialoghi con nessuno” – si definisce “antifederalista viscerale”, al punto che gli verrebbe “da proporre il ripristino dei prefetti di Giolitti, visto l'uso che si è fatto in questi anni delle autonomie. Si è rubato e rubato: meno autonomie si danno, più soldi si risparmiano. Quando ho sentito Tremonti dire, prima che si approvasse la legge sul federalismo fiscale, che non si sa se si guadagna o si perde perché bisogna provare, non capisco perché si debba essere federalisti. Comunque credo che alla Lega convenga continuare a parlare più  che mettere in pratica: il cambiamento dimostrerebbe che si stava meglio prima”.

    Travaglio riconosce a Di Pietro “un grande fiuto politico, paragonabile a quello di Bossi”, e dice: “Di Pietro, come Bossi, è a capo di un partito nato per germinazione diretta. Chi vota Lega e Idv non vota turandosi il naso ma per identificazione. Se poi la Lega si ricordasse che cos'era qualche anno fa, quando parlava di legalità per tutti e non solo per i marocchini, i due partiti potrebbero assomigliarsi anche di più. Di Pietro però ha capito che non si può continuare a dire ai leghisti ‘siete tutti razzisti': non esiste un trenta per cento di razzisti al nord. E se il suo scopo è liberare l'Italia da Berlusconi, è ovvio che deve cominciare ad approfondire le spaccature che ci sono o potrebbero esserci nel Pdl”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.