Mou è Auctoritas, e noi dogmatici convinti
Ora, qui noi al Foglio devotissimo dell'Amourinho nostro abbiamo ovviamente il cuore spezzato. Perché amiamo di pari amore il fenomenale Mario, il figlio moro eppure bresciano che avremmo voluto adottare, il fiero giovane re guerriero che non esulta quando segna, e segna gol bellissimi, che insulta i tifosi più di quanto quei mammalucchi abbiano il coraggio di insultare lui, quando li guata e ringhia.
Ora, qui noi al Foglio devotissimo dell'Amourinho nostro abbiamo ovviamente il cuore spezzato. Perché amiamo di pari amore il fenomenale Mario, il figlio moro eppure bresciano che avremmo voluto adottare, il fiero giovane re guerriero che non esulta quando segna, e segna gol bellissimi, che insulta i tifosi più di quanto quei mammalucchi abbiano il coraggio di insultare lui, quando li guata e ringhia. E che al pessimo Lippi manda a dire “esulterò quando segnerò nella finale dei Mondiali”, come soltanto Achille irato nella sua tenda avrebbe saputo dire, e certo con meno olimpico dono della sintesi. Insomma un talento del calcio e un principe selvaggio. E anche un po' figlio, figlio nero e (speriam di no) vermiglio. Vermiglio è il nostro cuore, che sanguina spaccato tra i due litiganti amori.
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Questo detto, perché andava detto, oltre al pathos ci vuole il logos. L'amore, qui al Foglio, persino quello per José Mourinho, non è quella blanda riverenza ai desideri, quel lasciarsi andare all'istinto e al vento dell'emozione e della curva che piace tanto adesso. L'amore è prima di tutto Verità e amor di verità. Siamo, lo si sarà intuito, per il primato del dogma sulla magagna della coscienza, per il primato della teologia sull'ancella psicologia. Per il primato petrino e parimenti per il primato in classifica.
Adesso che pure il professor Piattelli-Palmarini sta venendo dalla nostra parte, e ha fatto fuori in un sol colpo Darwin e tutti i darwinisti, siamo intenti alla demolizione di due secoli di falsa scienza e coscienza. Ristabiliremo il primato della creazione, a costo di fare fuori tutte le scimmie che Dio ha messo in terra. Senza indugio, senza fretta, come diceva il Poeta, ci siamo impegnati a demolire tutte le falsità moderne riportando le menti a un marmoreo tomismo antimoderno. Prossimamente, se Piattelli-Palmarini ci assiste, saremo in grado di dare la botta definitiva anche al sistema copernicano, in nome di un ritorno a un sano dottrinarismo tolemaico. Che il sole giri attorno alla terra, è verità che nemmeno un Odifreddi o un Italo Cucci potranno negare.
E insomma, per farla corta e quasi apodittica: che cazzo volete che ce ne importi, a noi, se nella circostanza accidentale e transeunte è José Mourinho che sta prendendo una topica?
Mourinho è forma e sostanza, è Auctoritas, è pensiero granitico e visione non relativistica. Ogni sua parola è un brocardo, la sua visione delle cose ha consistenza quasi dogmatica. Mario Balotelli, invece, quantomeno l'hanno tirato su dei giulivi salesiani, gente di ondivaga disciplina. Mourinho è il Pianeta. Balotelli, seppure sia così convinto di essere il nuovo Re Sole, si limiti fino a nuovo ordine o rivoluzione copernicana a girargli intorno. Con rispetto, circospezione e a distanza di sicurezza. Con obbedienza, silenzio, sofferenza. Abbassare la cresta, palla lunga e pedalare. E se aveva ragione, un giorno Iddio gliene renderà merito.
Questo lo diciamo, sia chiaro, per affetto. Un affetto pari a quello di Francesco Merlo, esternato in liquidi cristalli di saggezza sulla Rep. di ieri. Il quale Merlo, forse più voltairiano e meno tomista di noi, però in sintesi dice la stessa cosa: “Solo noi che vogliamo bene a Balotelli possiamo dirgli che ha torto. E a prescindere”. Anche a noi il merito della faccenda non importa. Può darsi addirittura che il Filosofo, alla stregua di un padre o di un monarca, abbia agito male. Uno scatto di nervi, anzi ira e superbia. Ira prima, e superbia ora, nel non voler ammettere di aver perso le staffe. Non importa. E' il giovane guerriero di fronte al re-padre-padrone che si di deve inchinare. Principio di autorità e legge della vita. Anche se ci fosse da ingoiare il torto.
Chiariamo un altro punto. La filosofia del gruppo ci fa schifo. Una pippa all'italiana per non aver mai avuto il coraggio di praticare la filosofia del calcio totale: ordine mistico e disciplina. Non è questo. E neanche se abbia ragione Eto'o, quando dice con una spavalderia da brivido nella schiena che il ragazzo “non ci mancherà”.
A noi interessano gli uomini, e per quel che è lecito, i destini degli uomini. Mourinho è una stella polare per chiunque voglia prendere il calcio per qualcosa di più lieve e più profondo di quel che appare. E' uno che alla melassa del calcio italiano e nello stagno melmoso del giornalismo sportivo è transitato come un'armata a cavallo. E detto per inciso, né il calcio né i suoi giornalisti hanno mai amato il ragazzo di nome Balotelli: quante gliene dicevano, dandogli di arrogante e montato e maleducato eccetera, difendendo persino i tifosi ululatori. Finché non gli è tornato comodo di usarlo, il ragazzo, contro Mou. E allora adesso va di moda Mario. A questo mondicciolo calcistico, ieri in conferenza stampa Mourinho ha detto, ma parlando in inglese a un canale inglese: “Non mi piace il calcio italiano e io non piaccio al calcio italiano”. Sappiamo già come andrà. Ciò non toglie che non è un pazzo, è un gran motivatore, e un grande professionista. Sa che importante è la squadra, scopo e missione affilati all'unisono. Nessuno può essere al di sopra della squadra, del suo scopo e della sua missione. E del capo, che è la sua sintesi. Nessuno critica il comandante in azione di guerra, la democrazia assembleare non è di questo mondo, e ancora meno del football.
Mario Balotelli sì è sottratto a questa regola. E “ha torto a prescindere”. E' questione tolemaica, no? A un altro padre, anzi nonno, come il Trap che gli consigliava un passo di umiltà ha risposto: “Se mi state chiedendo di mettere da parte l'orgoglio, potete dirlo anche a qualcun altro”. E' un'altra magnifica frase. Ma è una splendida tragedia, ubris su ubris. Noi intuiamo che la questione di Mario è quella di avere una idiosincrasia insanabile per il IV Comandamento – e per uscire un attimo dall'amenità, forse sta davvero qui la sua sofferenza di giovane uomo. E' un artista, un genio che deve trovarsela da sé, la sua strada. E in questo è vero: un educatore, un padrone, un padre né affettuoso né severo serve a poco. E tantomeno adirato nella sua ubris. Perché può anche spezzarlo, un figlio. Ma se non un orco, è meglio avere di fronte un muro. Non un'auctoritas, ma un sano principio di autorità. Un bene per Mario, dico.
(Ma poi, vivaddio, non sono né padre né figlio. Sono due professionisti strapagati. Facessero il loro gioco, che noi abbiamo pagato il biglietto).
Il Foglio sportivo - in corpore sano