Perché il nuovo gioiellino della Apple fa un po' borbottare gli amanti della Apple

Claudio Cerasa

Le prime reazioni alla comparsa dell'immagine dell'iPad sullo schermo volante appeso dietro le spalle di Steve Jobs sono state di delirio assoluto. Nelle prime sei ore in cui la Apple ha messo a disposizione dei propri clienti la possibilità di prenotare la tavoletta magica con cui Jobs ha promesso di cambiare ancora una volta le regole del gioco nel mercato delle nuove diavolerie tecnologiche sono arrivate in un lampo 90 mila richieste di prenotazione. Oggi gli store della Apple metteranno in vendita circa 300 mila esemplari di Pad e la grande domanda che tormenta le teste degli amanti delle intuizioni di Steve Jobs è se questa volta l'ultima trovata del genio di Cupertino sia davvero una genialata.

    Le prime reazioni alla comparsa dell'immagine dell'iPad sullo schermo volante appeso dietro le spalle di Steve Jobs sono state di delirio assoluto. Nelle prime sei ore in cui la Apple ha messo a disposizione dei propri clienti la possibilità di prenotare la tavoletta magica, con cui Jobs ha promesso di cambiare ancora una volta le regole del gioco nel mercato delle nuove diavolerie tecnologiche, sono arrivate in un lampo 90 mila richieste di prenotazione. Oggi gli store della Apple metteranno in vendita circa 300 mila esemplari di Pad, ma mentre gli smanettoni della Mela aspettano che la tavoletta arrivi anche in Italia (a fine aprile sarà anche qui), la grande domanda che tormenta le teste degli amanti sinceri delle intuizioni di Steve Jobs è se questa volta l'ultima trovata del genio di Cupertino sia davvero una genialata. A differenza di quanto successo nei mesi che hanno accompagnato il lancio dell'iPod o dell'iPhone, ovvero quando era molto difficile trovare in giro qualcuno che non fosse consapevole della strabilianti novità di cui erano portatori sani i due gioielli della Mela, oggi l'iPad sembra essere sotto strettissimo esame. I primi bisbigli sono stati origliati quando il 17 gennaio del 2010 Steve Jobs ha spiegato con queste parole il senso della sua nuova invenzione. “It's so much more intimate than a laptop and so much more capable than a smartphone”. Dunque una via di mezzo perfetta tra un computer portatile e un cellulare di ultima generazione. Utile oppure no? A rispondere sono stati molti in questi giorni. Le critiche più sensate sono queste. Primo punto. L'iPad, almeno per il momento, non ha una camera e non ha un telefono e dunque è un po' meno computer di un Mac e un po' molto meno di un iPhone. Secondo alcuni la navigazione su Internet lascia un pochino a desiderare (usare Internet senza Flash, si dice, è come usare Internet con un occhio bendato: ma in realtà la navigazione è ottima come ottima lo è sull'iPhone). Anche nell'altro mercato in cui l'iPad dovrebbe essere competitivo (quello degli e-book, in cui per ora il dominus incontrastato, con il 60 per cento del mercato, è il Kindle di Amazon) rischia di entrare con parecchi punti interrogativi. “Quando leggi un libro – ha suggerito poche settimane fa il New York Times  – tu non vuoi nessuno che ti rompa le scatole e che ti distragga con un bip di una mail, un cinguettio di Twitter o un aggiornamento di Espn”. Anche per quanto riguarda le speranze che l'iPad ha acceso nel settore dell'editoria non sembrano particolarmente fondate. E' vero che con l'arrivo della tavoletta i lettori verranno stimolati a leggere i giornali anche (se non solo su) nuovi supporti tecnologici, ma alla fine – almeno così dicono questi dati – è difficile che sia l'iPad a salvare i giornali che non se la passano bene. E' anche vero però che nessuno si sarebbe mai aspettato che un oggetto come l'iPod sarebbe riuscito a vendere in pochi anni qualcosa come 40 milioni di esemplari. Ma questa volta l'impressione è che per la prima volta Jobs stia partorendo un gioiellino bellissimo da guardare ma a prima vista non proprio così rivoluzionario come ci si aspettava.

    Guarda Arriva l'iPad (e la sua parodia)

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.