Imprese epiche
Abbiamo appena finito di contare i serpentelli sulla testa di Uma Thurman (in “Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo”) che si presenta una Medusa rivale. Stessa acconciatura, stesso sguardo capace di pietrificare. Per staccarle la testa, allo scopo di usarla come arma invincibile contro un terribile mostro marino chiamato Kraken, bisogna avvicinarla camminando all'indietro, aiutandosi con uno scudo lucido che funge da retrovisore. Non stiamo ripassando “Mythology for Dummies”, volumetto della fortunata serie che insegna qualsiasi cosa ai negati, anche la mitologia greca. E' la trama del film “Scontro di titani”.
Abbiamo appena finito di contare i serpentelli sulla testa di Uma Thurman (in “Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo”) che si presenta una Medusa rivale. Stessa acconciatura, stesso sguardo capace di pietrificare. Per staccarle la testa, allo scopo di usarla come arma invincibile contro un terribile mostro marino chiamato Kraken, bisogna avvicinarla camminando all'indietro, aiutandosi con uno scudo lucido che funge da retrovisore. Non stiamo ripassando “Mythology for Dummies”, volumetto della fortunata serie che insegna qualsiasi cosa ai negati, anche la mitologia greca. E' la trama del film “Scontro di titani”, campione di incassi nel weekend pasquale: 61 milioni di dollari in quattromila sale americane, altri 44 milioni di dollari nei 15 paesi dove è uscito in contemporanea (in Italia lo hanno posticipato al 16 aprile). Il biglietto più costoso del solito aiuta, ormai non c'è blockbuster che non esca in 3D, ma non è stato decisivo per il record.
In “Middlesex” di Jeff Eugenides (Mondadori) i personaggi di origini greche immigrati a Detroit ritrovano negli Stati Uniti molti dettagli che placano la nostalgia. La Statua della libertà è agghindata come Minerva. Il tram elettrico si staglia contro il sole come il cocchio di Apollo. I colonnati delle banche e la Grand Trunk Station ricordano il Partenone. I parrucchieri hanno l'insegna “Vello d'oro”, “Hercules” è un negozietto di hot dog.
Il cinema hollywoodiano non era contemplato, ma sta recuperando. Come se qualcuno ai piani alti si fosse fatto due conti: perché dobbiamo pagare soldi alla Marvel per i film sui supereroi? Si potrebbe saccheggiare la mitologia greca, senza pagare diritti d'autore: i semidei non sono poi tanto diversi dagli umani dotati di superpoteri. Tale è Perseo, figlio di Zeus e Danae. In “Scontro di titani” – remake di un film del 1961 diretto da Desmond Davis, dove Zeus era Laurence Olivier e Afrodite era Ursula Andress – deve salvare la principessa Andromeda. Per questo serve la testa mozzata e velenosa di Medusa, che nel film precedente era affidata agli effetti speciali di Ray Harryhausen: stop motion contro animazione al computer. Dirige Louis Leterrier, raro caso di regista francese con bella carriera a Hollywood, arruolando come protagonista Sam Worthington, reduce dal pianeta Pandora.
La mitologia contagia anche i romanzieri. Daniel Mendelsohn recensisce sul New Yorker – titolo dell'articolo: “Sforzi epici” – tre libri appena usciti che trafficano con la Grecia antica. Ha i titoli per farlo: oltre ad aver scritto “Gli scomparsi” (uno dei migliori memoir recenti sull'Olocausto, da Neri Pozza) ha studiato lettere classiche. “The Infinities”, firmato dall'irlandese John Banville, spettegola su un'altra delle numerose scappatelle di Giove. L'australiano David Malouf rievoca in “Ransom” l'incontro tra Achille e Priamo. Zachary Mason va alla ricerca di “The Lost Book of The Odyssey”. Si chiede Daniel Mendelsohn: “Perché non facciamo altro che rimaneggiare i classici?”. “Perché anche i greci non facevano altro”, è la risposta. Noi non possiamo immaginare Anna Karenina che all'ultimo momento evita il treno e torna a casa per litigare con il marito. I greci potevano immaginare un Edipo che non si acceca. I miti resistevano a tutto. A patto che qualcuno continuasse a raccontarli.
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