Trovati i resti di una nuova specie di ominide tra l'australopiteco e l'homo habilis, ma è davvero l'anello mancante?

Perché Darwin non è un mostro ma nemmeno un santo

Marco Burini

Fiorenzo Facchini, classe 1929, è un paleoantropologo di fama ma anche un prete. O viceversa. Ha un curriculum accademico lungo così (cattedra di Antropologia all'Università di Bologna per trent'anni, centinaia di pubblicazioni scientifiche , ricerche sul campo in mezzo mondo) ma non disdegna la divulgazione. Da anni sulle colonne di Avvenire e dell'Osservatore Romano racconta gli sviluppi della sua disciplina e, più in generale, prova a spiegare perché evoluzione e fede sono compatibili e Darwin non è un mostro ma nemmeno un santo.

Leggi Perché Darwin non ha le ali - Leggi Ciao Darwin. Perché la selezione naturale non spiega nemmeno l'evoluzione

    Fiorenzo Facchini, classe 1929, è un paleoantropologo di fama ma anche un prete. O viceversa. Ha un curriculum accademico lungo così (cattedra di Antropologia all'Università di Bologna per trent'anni, centinaia di pubblicazioni scientifiche , ricerche sul campo in mezzo mondo) ma non disdegna la divulgazione. Da anni sulle colonne di Avvenire e dell'Osservatore Romano racconta gli sviluppi della sua disciplina e, più in generale, prova a spiegare perché evoluzione e fede sono compatibili e Darwin non è un mostro ma nemmeno un santo.

    La recente intervista di Repubblica
    a Massimo Piattelli-Palmarini, in cui lo scienziato italiano anticipa i contenuti critici del saggio sugli “errori di Darwin”, scritto con il filosofo americano Jerry Fodor, lo ha messo di buonumore. “Non conosco il libro se non per qualche articolo di rivista o giornale, ma mi trovo pienamente d'accordo su vari punti. Anzitutto perché esce dalla polemica con il creazionismo, riportando il dibattito sul piano propriamente scientifico, e poi perché si distacca dal dogmatismo di molti che considerano intoccabile il modello neodarwinista. Ho scritto varie volte che non ritengo sufficiente la spiegazione darwiniana per l'evoluzione nel suo insieme, pur riconoscendone la validità a livello microevolutivo. I nuovi studi sulla biologia evolutiva e dello sviluppo lasciano intendere che occorrono delle integrazioni alla teoria che vede nella selezione il grande artefice dell'evoluzione. Del resto, anche un darwinista doc come Francisco Ayala, che attribuisce alla selezione un ruolo guida (come Monod e Jacob), ammette che il darwinismo debba essere integrato. L'evoluzione deve essere avvenuta con delle restrizioni non solo ambientali, dovute alla selezione naturale, ma anche genetiche. Questa è la maggiore novità, per cui la casualità viene a ridursi notevolmente”.

    Insomma, sui meccanismi evolutivi c'è ancora molto da scoprire, la selezione naturale non è un passepartout. “Nella concezione darwiniana la selezione opera sulle novità genetiche che si formano. Ma come e perché si formano?  – osserva Facchini – Perché strutture molto simili, l'occhio ad esempio, si ritrovano a distanza di tempo in serie molto distanti anche dal punto di vista biologico? E perché certe caratteristiche si ripetono, in gruppi lontani geograficamente e nel tempo, come viene messo in luce dalle convergenze evolutive? Ci sono dei vincoli a livello genetico,  che si aggiungono a quelli di ordine ambientale, per cui alcuni parlano di evoluzione canalizzata, anche senza che si debba pensare a interventi dall'esterno”.

    Facchini ritiene comunque
    che identificare evoluzionismo e darwinismo “non sia corretto né dal punto di vista scientifico né da quello filosofico. L'evoluzione riguarda la formazione delle specie sulla terra: si può sostenere la loro derivazione da forme più semplici, a partire da cellule ancestrali; è una teoria su cui convergono le conclusioni tratte in vari campi della scienza. Il darwinismo, invece, è una spiegazione – non l'unica – dell'evoluzione dei viventi e può essere riveduta come qualunque teoria scientifica. Se poi per darwinismo si intende una certa visione di tutta la realtà che esclude la creazione, allora è filosofia”. In realtà Piattelli-Palmarini non si addentra in questo campo e dice di essere “ateo, integralmente ateo”, ma benedice il ritorno delle scienze sociali estromesse dal determinismo genetico dei neodarwinisti.

    Tra i fervidi discepoli di Darwin
    qualcuno ha intravisto delle tonache. In effetti la polemica su Teilhard de Chardin non si è mai chiusa del tutto, e c'è chi critica duramente un certo “darwinismo ecclesiastico”. Facchini respinge le accuse: “In campo cattolico non constato un eccessivo ottimismo sul tema della evoluzione. Anzi, ci sono state molte difficoltà che perdurano per una mancata distinzione fra ambito scientifico e religioso. Molti non capiscono che tra evoluzione e creazione non possono esservi contrasti perché appartengono a due diversi ordini di conoscenza. Lo ammetteva anche lo scienziato Stephen Jay Gould, che non era credente. Teilhard ha avuto il grande merito di aprire la religione alla scienza, di cercare un dialogo, anche se alla fine non ha pienamente soddisfatto teologi e scienziati. La sua visione unitaria e dinamica del cosmo, della vita, dell'uomo e della società danno attualità al suo pensiero”. Perciò, secondo monsignor Facchini, chi parla di darwinismo ecclesiastico “lo fa polemicamente, quasi per mettere in guardia dalle necessarie aperture che ogni credente dovrebbe avere. Ma attardarsi su posizioni antievoluzioniste, rivendicando la creazione in senso biblico-letterale, è insostenibile sul piano scientifico ed è un cattivo servizio alla religione”.

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