Money League/10

Soltanto lo sciopero della Liga può fermare Messi

Francesco Caremani

Il mercato di gennaio più povero dal 2003 a oggi non aveva destato particolari reazioni. Invece gli 8 milioni di euro spesi dalla Liga hanno rappresentato l'ultimo gradino di una discesa lenta e continua che è esplosa in tutta la sua economica drammaticità. Già in estate alcune società avevano rischiato di non iscriversi al campionato, indice di un livello di guardia abbondantemente superato, ma la minaccia di sciopero dell'Afe, l'assocalciatori spagnola, per la trentatreesima giornata, quella per intendersi di Espanyol-Barcellona e Real Madrid-Valencia, apre scenari inimmaginabili.

    Il mercato di gennaio più povero dal 2003 a oggi non aveva destato particolari reazioni. Invece gli 8 milioni di euro spesi dalla Liga hanno rappresentato l'ultimo gradino di una discesa lenta e continua che è esplosa in tutta la sua economica drammaticità. Solo nella stagione 2002-03 le squadre spagnole spesero di meno: appena 7 milioni. L'Atletico Madrid ha acquistato l'attaccante argentino Eduardo Salvio dal Lanus e il Valladolid ha preso il difensore portoghese Sereno, per un totale di 8.250.000 euro.

    Già in estate alcune società avevano rischiato di non iscriversi al campionato, indice di un livello di guardia abbondantemente superato, ma la minaccia di sciopero dell'Afe, l'assocalciatori spagnola, per la trentatreesima giornata, quella per intendersi di Espanyol-Barcellona e Real Madrid-Valencia, apre scenari inimmaginabili. La Liga, presa spesso ad esempio anche contro la nostra serie A, ha fatto crack: soltanto il 15 per cento delle società è in regola col pagamento degli stipendi, i debiti accumulati, compresa anche la Segunda Division, ammontano a 3.300 milioni di euro e ben 12 club sono sull'orlo della Ley Concursal, l'avvio del procedimento fallimentare.

    In questi giorni si farà di tutto per scongiurare lo sciopero dei calciatori, si parla anche di un accordo tra Lega e Federcalcio spagnola per costringere le società a saldare gli stipendi, ma la scossa di terremoto più forte deve ancora arrivare.
    Xerez e Maiorca sono le due squadre messe peggio e per loro l'avvio del procedimento fallimentare pare cosa fatta. Lunedì 29 marzo 13 società, di prima e seconda divisione, si sono riunite per minacciare la rinuncia ai diritti televisivi se le grandi non accetteranno la negoziazione collettiva. Infine, sembra saltata l'ipotesi di concedere soltanto il pagamento della metà dei debiti contratti da parte dei club, la Lega spagnola, infatti, ha annunciato di non poter garantire alcuna copertura economica.

    L'indebitamento dei club europei, come abbiamo avuto modo più volte di sottolineare, è in continua crescita, nonostante modelli di business diversi, anche perché a vincere sono sempre in pochi e alla fine solo i grandi riescono a mantenere il passo riuscendo a generare un movimento economico che, per il momento, li tiene lontani da eventuali scivoloni finanziari. Gli stessi, però, fanno anche i prezzi di mercato, soprattutto dei calciatori, e questo, insieme a tutto il resto, allarga a dismisura la forbice con le società medio piccole che fanno sempre più fatica. Un po' quello che sta accadendo in Spagna, dove Barcellona e Real Madrid catalizzano tutta l'attenzione e i soldi, lasciando le briciole alle altre. Non a caso le due squadre vicine al fallimento sono il Maiorca, addirittura in posizione Champions, e lo Xerez ultimo in classifica, un range ampio che terrorizza l'intero movimento. Questo nonostante la fiscalità complessiva, tanto celebrata dai dirigenti calcistici italiani, sia rimasta contenuta con 7,38 milioni di euro d'imposta sui ricavi societari.

    José Maria Gay de Liébana, titolare della cattedra di Economia finanziaria e contabilità presso l'Università di Barcellona, nonché consigliere economico dell'Uefa, è stato spesso considerato la cassandra del calcio europeo e i suoi avvertimenti non sono stati presi nella dovuta considerazione, fino ad ora. "Abbiamo preso a modello Real Madrid e Barcellona – ha detto il professore – due club eccezionali, ma la mancanza di reale concorrenza con le altre società provocherà la morte della Liga, entro due, tre anni al massimo". Il fatturato del Real Madrid, tanto per fare un esempio, è sessanta, settanta volte superiore quello dell'ultima in classifica. Così, mentre le Merengues, grazie ai potenti azionisti alle spalle, sopravvivranno e continueranno a indebitarsi per acquistare gli assi della pedata, le altre, pian piano, spariranno. In questo preciso momento il calcio spagnolo è sull'orlo del baratro, ha raggiunto il punto di non ritorno, e se Espanyol-Barcellona salterà per lo sciopero dei calciatori tutto il mondo lo saprà.

    Un monito per il football europeo, in attesa che entrino in vigore le regole del fair play finanziario volute da Platini e con le quali pochissimi club, oggi, sarebbero in regola, visto l'indebitamento imperante. José Maria Gay de Liébana adesso va dicendo che il modello economico di riferimento per il futuro è quello del Barcellona che ha un patrimonio netto di soli 20 milioni di euro (contro i 196 del Real Madrid), ma che in questi anni ha messo in atto una politica per azzerare i debiti fondata sulla forza del proprio settore giovanile. E' lo stesso che diceva che il Real era più forte sul mercato mondiale col merchandising e che il Barça conduceva una politica stoltamente nazionalista. Conti alla mano s'è ricreduto pure lui? Chissà, ma una cosa è certa: la Liga rischia di diventare il primo campionato europeo a fermarsi per i debiti e dopo niente sarà più come prima.