Manovre inclusive
La Lega scatta verso le riforme ma prima deve pacificare Fini e il Cav.
La Lega vittoriosa alle ultime regionali è capace di azzardare iniziative autonome per poi subito assumere un atteggiamento inclusivo e di stabilizzazione negli equilibri della maggioranza. Almeno in questa fase, mentre il centrodestra si prepara a formulare una proposta sulle riforme istituzionali. Basta l'immagine di Roberto Calderoli che, impugnata d'impeto mercoledì la staffetta delle riforme e presentantosi a sorpresa dal capo dello stato con un testo già pronto, ieri ha passato cavallerescamente lo scettro a Gianfranco Fini – incontrato a Montecitorio – e ha richiamato i leader del Pdl all'unità.
La Lega vittoriosa alle ultime regionali è capace di azzardare iniziative autonome per poi subito assumere un atteggiamento inclusivo e di stabilizzazione negli equilibri della maggioranza. Almeno in questa fase, mentre il centrodestra si prepara a formulare una proposta sulle riforme istituzionali. Basta l'immagine di Roberto Calderoli che, impugnata d'impeto mercoledì la staffetta delle riforme e presentantosi a sorpresa dal capo dello stato con un testo già pronto, ieri ha passato cavallerescamente lo scettro a Gianfranco Fini – incontrato a Montecitorio – e ha richiamato i leader del Pdl all'unità: “I tre leader sono Berlusconi, Bossi e Fini, quindi la prima intesa rispetto alla riforma va trovata tra loro tre. Il testo finale non sarà certamente quello che ho proposto io”.
Fonti interne al Palazzo descrivono il solito rapporto ancipite tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Un rapporto increspato da piccoli sospetti alimentati dai rispettivi entourage ma anche nutrito dal realismo politico che spira dalle parti dell'alleato padano. Berlusconi forse non dismetterà del tutto la ritrosia umorale nei confronti di Fini (né tantomeno lo farà il presidente della Camera), ma a chi lo ha incontrato nelle ultime ore il premier è sembrato pure convinto della necessità di coabitare con il cofondatore del Pdl e chiudere con lui un patto di ferro. E' d'altra parte quello che suggerisce anche Bossi, come ha spiegato Calderoli: “Non esiste un asse tra Bossi e Berlusconi contro Fini. Discuteranno tutti e tre. Insieme prenderanno una decisione”. Che i rapporti all'interno del centrodestra siano più asimmetrici e imprevedibili di quanto possano apparire lo dimostra anche l'apertura di Fini nei confronti di una ipotesi di riforma della legge elettorale da abbinare al nuovo sistema istituzionale. Si tratta di un'idea che non piace ad ambienti del Pdl molto vicini a Berlusconi, ma che al contrario non è affatto mal vista da Bossi e dai colonnelli padani: rappresenta difatti un possibile piano di apertura al dialogo nei confronti del Partito democratico. Come ha ripetuto Roberto Maroni: “Il dialogo con l'opposizione e il contributo in particolare del Pd è indispensabile”.
Il presidente della Camera ha officiato ieri un convegno della propria fondazione, FareFuturo, dedicato alla Quinta Repubblica francese individuata come possibile modello da importare anche in Italia. Il cofondatore del Pdl, in sostanza, ha avvertito il premier spiegando che semipresidenzialismo significa anche rafforzamento dei poteri del Parlamento e non soltanto del capo dello stato. “Il raffronto tra la nostra realtà e quella francese è proficuo solo se condotto in modo scientifico, rigoroso e corretto”, ha detto Fini. “Occorre quindi considerare non solo i poteri e il sistema d'elezione del presidente della Repubblica – ha concluso – ma anche contestualmente il riordino del Parlamento”.
Si tratta di una precisazione molto meno polemica di quanto non possa apparire a uno sguardo pigro, anche perché l'idea di una armonizzazione nell'equilibrio dei poteri che rafforzi l'esecutivo ma attribuisca contemporaneamente anche maggiori poteri di controllo alle Camere è condivisa dalla Lega non meno di quanto non lo sia dal Cav. per ragioni tattiche.
Sempre nello staff berlusconiano si osserva che il presidente del Consiglio avverte la necessità di interpretare lui, adesso, quel ruolo inclusivo e diplomatico che altrimenti rischierebbe di essere interamente appannaggio della Lega. Tanto più che Bossi e compagni, dopo la prima avventurosa uscita pubblica con la quale Roberto Maroni rivendicava “la regia delle riforme” per la Lega, sembrano intenzionati a fare marcia indietro pur di ottenere dei risultati. Anzi, di più. Spiegano dal quartier generale di via Bellerio a Milano: “La Lega ha solo da guadagnare se Berlusconi si accorda con Fini sulle riforme”. Il messaggio pare essere stato recepito, almeno da alcuni ambienti dell'universo berlusconiano: “L'occasione – ammettono – è ottima anche per chiudere il capitolo giustizia. Senza troppi strepiti”. Si vedrà. L'atteso incontro tra Fini e Berlusconi è previsto per la prossima settimana, ma una data precisa non c'è. Nel frattempo i gruppi parlamentari del Pdl si sono attivati, un vertice tra i responsabili di Camera e Senato ieri mattina ha segnato in agenda la “messa a punto tecnica” sui tempi parlamentari delle riforme.
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