Le mamme perfette non esistono (ma i padri sì)
Quando scrisse sul New York Times che amava più suo marito dei suoi figli, le arrivarono lettere in cui le auguravano che le venissero strappati i bambini e che suo marito, lo scrittore Michael Chabon, la lasciasse per un'altra (in questi casi, l'altra è quasi sempre la mitomane autrice delle missive). Ayelet Waldman, scrittrice quarantenne del New Jersey con tutte le fortune: marito belloccio, famoso, padre amorevole, ottimista e contento di dividere con lei i lavori domestici a Berkeley, in California (città dove si mangiano quintali di baguette in bar pseudo francesi).
Quando scrisse sul New York Times che amava più suo marito dei suoi figli, le arrivarono lettere in cui le auguravano che le venissero strappati i bambini e che suo marito, lo scrittore Michael Chabon, la lasciasse per un'altra (in questi casi, l'altra è quasi sempre la mitomane autrice delle missive). Ayelet Waldman, scrittrice quarantenne del New Jersey con tutte le fortune: marito belloccio, famoso, padre amorevole, ottimista e contento di dividere con lei i lavori domestici a Berkeley, in California (città dove si mangiano quintali di baguette in bar pseudo francesi), aveva osato attentare alla dittatura dell'incommensurabile amore filiale e chiamare i propri bambini “satelliti”.
Orde di madri furiose decisero che avrebbe potuto espiare una così grave colpa solo con un rogo pubblico, più o meno. Lei invece cominciò un blog, intitolato Cattiva Madre, e poi un libro, non ancora tradotto in Italia, che sarebbe invece di utile guida per tutte le fondamentaliste coltivatrici del senso di colpa (non sono una buona madre perché ho permesso al piccolo di bere Coca-Cola invece di spremergli frutti appena colti, non sono una buona madre perché gli ho impedito di esprimere la sua vena artistica lanciando vernice sui muri).
“Cattiva Madre, cronaca di crimini materni, calamità minori e occasionali momenti di grazia” spiega qual è l'inarrivabile idea di mamma perfetta: “Una Buona Madre si ricorda di servire frutta a colazione, è sempre sorridente e non urla mai, riesce a non rovesciare sui figli le proprie nevrosi e inadeguatezze, è un'attiva e apprezzata volontaria nella comunità, ricorda di sistemare i vestiti dei bambini e di organizzare i pomeriggi di divertimento, fa progetti d'arte con loro e si diverte a ogni loro gioco. E non è mai troppo stanca per il sesso”. Fortunatamente, nessun essere umano corrisponde a questo modello (tranne alcune madri bioniche che si muovono insieme, a piccoli gruppi minacciosi, disgustate dall'asciugamano scolastico della figlia di madre imperfetta, sul quale non è stato ancora ricamato il nome a piccolo punto).
Quest'autobiografia, che racconta anche molte cose realmente dolorose, è di grande consolazione, hanno detto sollevate tutte le cattive madri d'America. Nessuna però ha per marito Michael Chabon, che oltre a lavorare da casa (schiena contro schiena con la moglie, “sento dal rumore dei tasti se sta scrivendo o soltanto navigando in rete”, quindi la controlla) pubblica libri per dire quanto lei sia una buona madre. I quattro figli però farebbero bene ad andarsene presto, visto che ogni frase, ogni canna, ogni brutto voto e ogni assorbente interno prima o poi finisce in un romanzo.
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