Parsifal e pedofili

Alberto Arbasino

Alla Staatsoper viennese è di prammatica ogni anno, il Giovedì Santo, una rappresentazione – generalmente gigantesca e minimalista insieme – del Parsifal wagneriano.  Con quell'“Incantesimo del Venerdì Santo” che risulta spesso una magia misteriosa e mostruosa per i suoi garbugli fra l'Inestricabile e l'Inconfessabile. Tanto più stavolta, ora, nel 2010. Nella Cupola del Graal cantano wagnerianamente soavi fanciulli inspiegabili: donde vengono? chi li ha dati a quei cavalieri cristiani?

    Alla Staatsoper viennese è di prammatica ogni anno, il Giovedì Santo, una rappresentazione – generalmente gigantesca e minimalista insieme – del Parsifal wagneriano.  Con quell'“Incantesimo del Venerdì Santo” che risulta spesso una magia misteriosa e mostruosa per i suoi garbugli fra l'Inestricabile e l'Inconfessabile. Tanto più stavolta, ora, nel 2010. Nella Cupola del Graal cantano wagnerianamente soavi fanciulli inspiegabili: donde vengono? chi li ha dati a quei cavalieri cristiani? come vengono allevati, ancora con le voci bianche prima dell'acne e della muta?

    Poche ore prima, in Duomo, la Funzione di Penitenza
    officiata dal Cardinal Schönborn per il Mercoledì delle Ceneri ha solennemente chiesto scusa alle passate e presenti Vittime della Pedofilia Ecclesiastica. Circa seicento accertate finora. Ma indubbiamente assai di più: i quotidiani austriaci più austeri dedicano paginate all'istituzione di una commissione apposita, spesata dalla Chiesa ma indipendente, sotto la guida di ex-governatrici di Regioni e teologhe specialiste laiche con doppi nomi e doppi cognomi importanti. (Anche magari vedute discutibili contro il celibato ecclesiastico: una buona moglie come antidoto alla violenza sessuale sui maschietti. E forse un buon marito per le suore desideranti?).

    Effetti di fiaccolata nel buio, sia nella cattedrale sia all'opera. I “lumini”, una volta, caratterizzavano le tombe dei cari, al cimitero. Poi, hanno segnalato i ristoranti di sushi con camerieri in nero uso becchini. Ora, possono significare sia lutto sia grazie. (Come nella Parigi d'una volta: una manifestazione ogni domenica mattina. E i più: “Per cosa è la manif di stamattina?”).
    In St-Stephansdom, la cabina di regia è gotica e gli schermi multipli si appoggiano alle cappelle laterali. L'orchestra stabile è ottima, come nelle altre chiese attrezzate. (Pare che dai Minoriti sia meglio l'acustica). Ma la vocetta rauca e rotta dell'Arcivescovo raccoglie vivi applausi, tra gli effetti di luce. E in fondo, tra le masse e le famiglie, chi si è mai occupato di pedofilia? Si sa che c'è sempre stata, purtroppo, però finora mai nel nostro giardino.
    L'Arcivescovo riappare nel Duomo per le funzioni del Sabato Santo, con profusione di bianchi lini intorno al battesimo e cresima di sei anziane catecumene multinazionali, in un esimio Pontificale con trombe e organo e coro, ed effetti di luci.

    Invece, all'Opera, dove tutte le peripezie e disgrazie presso il Graal derivano dalla ferita insanabile nel fianco dell'infelice leader Amfortas - “die Wunde! die Wunde!”  - malgrado i tanti bagni cerimoniali e termali fra i paraventi, e nonostante i percorsi chilometrici dei coristi in fila per supplire alla staticità della musica, nessuno per anni e anni cambia mai la biancheria insanguinata e zozza a quel povero disgraziato. E neanche gli tolgono gli stivali quando è a letto, in bagno, o nelle cerimonie così solenni del Venerdì Santo. Sarà (come oggi tutto) una metafora? Forse l'opposto cavalleresco dei Carmelitani Scalzi? O un effetto di regìa, tipo Radames in blue jeans?

    Nell'opera wagneriana, si sa, il prolisso narratore Gurnemanz si dilunga su vicende istituzionali e marginali, ma non fa mai chiarezza su circostanze fondamentali: come mai  in un ordine così celibatario il reggente è figlio di un vecchio monarca, come in una Sassonia qualunque?  E dov'è la colpa, se si è comportato come il suo papà?
    Tranquilli, comunque? Parsifal (dopo una vecchia zimarra per i boschi) veste comunque abiti da grande magazzino come Faust nell'omonimo dramma di Goethe al Burgtheater, fra dei “come stai?” da sketch di presentatori dei cubi bianchi, e camerieri in nero da sushi minimalista. E lumini analoghi in Duomo, con aspersori abbonati a portata del Cardinal Schönborn.
    All'Opera, fra macchinismi spropositati e incessanti, si solleva tutto il palcoscenico indicando che “les voix d'enfants chantant dans la coupole” (secondo l'eccellente citazione di Verlaine) giungono in realtà da buie cantine. Ove si commettono abusi, secondo le teologhe cattedratiche delle commissioni arcivescovali. E certo, almeno per Bizet, “parlami della mia mamma” propone qualche alternativa al tenore sedotto dalla demoniaca Carmen…

    …Ma nel Parsifal, già sembra dubbio in origine
    che i tristi ricordi della povera mamma possano eccitare i sensi di un bambinone benché “puro folle” (ovvero, alla lettera del testo, “mero coglione”). Ora qui nel Giovedì Santo all'Opera, ecco uno zombie teleguidato da telemaghi in un'anticamera a divani da outlet fra veline tv in abiti rossi da sfilata dimessa. E neanche sono “trans”. Kundry, la peccatrice, oltre tutto è coetanea della povera mamma di Parsifal, e delle anziane catecumene in Duomo. Dunque si capisce poco. Soprattutto, dove prendono tutti quei ragazzini?