Perché Internet ha le sue regole
Molto rumore per nulla, scrive il giudice Oscar Magi, motivando la condanna dei tre dirigenti Google a sei mesi di carcere per non aver impedito la pubblicazione di un video. Eppure, dal giorno della sentenza, qualcosa è cambiato. La questione cruciale della libertà della rete, ideale o sostanziale, è stata messa al centro del dibattito sia in Italia che all'estero. In estrema sintesi, secondo il giudice del Tribunale di Milano Oscar Magi, se un bambino autistico viene dileggiato e fisicamente oltraggiato da alcuni compagni di scuola che pubblicano la registrazione su Google Video, i gestori del provider sono colpevoli.
Molto rumore per nulla, scrive il giudice Oscar Magi, motivando la condanna dei tre dirigenti Google a sei mesi di carcere per non aver impedito la pubblicazione di un video. Eppure, dal giorno della sentenza, qualcosa è cambiato. La questione cruciale della libertà della rete, ideale o sostanziale, e di cui il Foglio si è occupato spesso (ad esempio qui e qui), è stata messa al centro del dibattito sia in Italia che all'estero. In estrema sintesi, secondo il giudice del Tribunale di Milano Oscar Magi, se un bambino autistico viene dileggiato e fisicamente oltraggiato da alcuni compagni di scuola che pubblicano la registrazione su Google Video, dove rimane per due mesi, prima che venga rimossa in seguito all'intervento della polizia postale, i gestori del provider e della piattaforma abilitante sono colpevoli di diffamazione aggravata e violazione della privacy. In sostanza, i tre dirigenti di Google Italia, si comportano giuridicamente come degli editori.
E le 111 pagine di motivazione del giudice milanese, come prevedibile, hanno scatenato le ire dei fautori di una utopica autarchia mediatica, rispondente solo alle regole che essa stessa si da. La sentenza, prima nel suo genere, ha attirati insulti dall'America e dall'Italia, più o meno gravi, nei confronti del magistrato della IV sezione penale di Milano. Anche Francesco Pizzetti, presidente, dell'Autorità garante della privacy, è intervenuto contro la decisione del 24 febbraio scorso, asserendo che "Il giudice basa la sentenza sull'articolo 13 del Codice, il quale però contiene obblighi diversi da quelli che, secondo la sentenza, Google avrebbe violato". In esclusiva per il Foglio, Oscar Magi ha scritto il suo pensiero sulla vicenda Google video, sulla libertà di Internet, sull'uso che se ne fa, sul perché e come le norme italiane sulla privacy vadano rispettate anche sul web.
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