Che ve ne sembra della rissa?/ 6

Vivono la politica con due orologi diversi e ipotecano il tempo l'uno dell'altro. Così non va, servono soluzioni comuni

Sergio Soave

Gianfranco Fini è convinto di rappresentare e quasi incarnare “il futuro”, mentre Silvio Berlusconi coniuga al presente, un presente che dura da molti anni e potrebbe non finire così presto come vorrebbe il suo antagonista, la sua azione politica. Fini punta, peraltro con ragione, su un partito che definisca obiettivi e programmi che travalichino la scadenza della legislatura, Berlusconi punta pragmaticamente a usare il tempo che ha, ovviamente con l'intenzione di lasciare un segno riformatore che resti anche nel futuro.

    Il sesto intervento della serie "Che ve ne sembra della rissa?"

    Gianfranco Fini è convinto di rappresentare
    e quasi incarnare “il futuro”, mentre Silvio Berlusconi coniuga al presente, un presente che dura da molti anni e potrebbe non finire così presto come vorrebbe il suo antagonista, la sua azione politica. Fini punta, peraltro con ragione, su un partito che definisca obiettivi e programmi che travalichino la scadenza della legislatura, Berlusconi punta pragmaticamente a usare il tempo che ha, ovviamente con l'intenzione di lasciare un segno riformatore che resti anche nel futuro. Vivono la battaglia politica con orologi diversi, quindi non sono destinati a capirsi davvero mai. Potrebbero convivere, anche felicemente, se ognuno non pretendesse di ipotecare il tempo dell'altro.

    Se Berlusconi non intralciasse la prospettiva
    legittima di successione alla guida del Popolo della libertà accarezzata da Fini, se Fini non anticipasse il confronto sulle prospettive rivendicando un peso predefinito, non si sa se culturale o burocratico, sulle scelte politiche del giorno per giorno. Conta poi la distanza dei ruoli istituzionali, che postula una dialettica tra esecutivo e legislativo che se tradotta all'interno di un partito diventa lacerante anziché fisiologica. Quando stava nel governo, Fini discuteva con Umberto Bossi sull'immigrazione, ma alla fine trovava una soluzione comune con una legge che porta il nome di entrambi. Dall'alto del seggio di Montecitorio, invece, non ha l'onere della ricerca dell'accordo quotidiano e si spinge invece nella visione del mondo futuro. Una funzione anch'essa necessaria a un grande partito, che diventa però un ostacolo se viene brandita contro le intese possibili.