Cav. Il Sung
Immaginare Berlusconi alle prese con la democrazia di partito? Proviamoci
Difficile dare consigli a Berlusconi. Complicato anche dargli lezioni di politica. Facendo a modo suo, sebbene non tutto e non sempre da solo, è diventato molto ricco, molto potente, molto influente nella storia di questo paese. Perché cambiare? Perché ascoltare suggerimenti da gente molto più povera e meno esperta nell'arte seduttiva del successo? Non è più gratificante la lode, il sostegno adulante? La chiave psicologica e tecnica dei successi del Cav., e della sua famosa megalomania alla Kim Il Sung, è la sua stessa anomalia.
Leggi Contrordine, ora sono i colonnelli a spingere Fini alla porta del Pdl di Salvatore Merlo
Difficile dare consigli a Berlusconi. Complicato anche dargli lezioni di politica. Facendo a modo suo, sebbene non tutto e non sempre da solo, è diventato molto ricco, molto potente, molto influente nella storia di questo paese. Perché cambiare? Perché ascoltare suggerimenti da gente molto più povera e meno esperta nell'arte seduttiva del successo? Non è più gratificante la lode, il sostegno adulante? La chiave psicologica e tecnica dei successi del Cav., e della sua famosa megalomania alla Kim Il Sung, è la sua stessa anomalia. Non è un politico di professione e non ha alcuna voglia di diventarlo; non fonda partiti, ma cartelli calcistici vincenti o addirittura interi popoli; non fa congressi ma convention in cui dominano il suo show solitario e una impeccabile direzione del coro, tutti rigorosamente con il sole in tasca; riunisce gli organismi dirigenti a casa sua, preferibilmente a pranzo; segue le regole del marketing e così si conquista il consenso elettorale, la simpatia e la fiducia di una metà del paese (quella di maggioranza); si sente più a suo agio nel ruolo di capo della nazione, capo amato ben s'intenda, che in quello di capo partito.
Quando diventò primo ministro nel 1994 il nostro amico e collaboratore Richard Newbury ci ricordò la prima volta di Wellington capo del governo di Sua Maestà britannica, e il suo commento all'uscita della riunione del gabinetto: “Non capisco: ho dato un ordine, e tutti si sono messi a discutere”. Ecco, l'incubo di Berlusconi è che adesso nel suo Popolo della Libertà ci si metta a discutere le sue disposizioni, peraltro comunicate sempre con molta educazione, e magari a votare ordini del giorno, a dividersi su questo o quel tema, con maggioranze e minoranze, per quanto piccole, che lo obblighino a un mestiere di segretario generale per il quale il mero proprietario non è tagliato. Il dubbio che gli instillano i più arcigni nemici di Fini, cioè i suoi ex amici e sodali, è che sia ormai preferibile spingere il presidente della Camera a farsi un partitino tutto suo che vivacchi ai margini della coalizione, lasciando quella rappresentanza del trenta per cento, concordata all'atto della fondazione del Pdl, nelle mani operose dei colonnelli di An. A noi sembra che invece un piccolo esercizio di democrazia interna potrebbe non essere così dannoso per il Popolo della libertà. E' vero che una delle circostanze più irritanti, nella vita, è l'obbligo di tenere conto delle opinioni degli altri, ma il Cav. Il Sung sopravviverà a questo, e a molto altro.
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