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Ecco come si comporta il Pd di fronte alle scissioni del Pdl

Alessandra Sardoni

“L'ultima cosa che deve accadere è che da una situazione in cui si è spaccato il Pdl esca spaccato il Pd”, dice al Foglio il palermitano Sergio D'Antoni, ex segretario della Cisl e attualmente deputato del Partito democratico. Si riferisce ai tormenti e alle lacerazioni del centrosinistra siciliano, tentato dall'appoggio alla giunta regionale di Raffaele Lombardo. Ma è significativo che, sparse nell'aria rarefatta del Transatlantico, le sue parole vengano immediatamente spostate dal piano locale a quello nazionale: “State litigando su Fini, eh?”.

    “L'ultima cosa che deve accadere è che da una situazione in cui si è spaccato il Pdl esca spaccato il Pd”, dice al Foglio il palermitano Sergio D'Antoni, ex segretario della Cisl e attualmente deputato del Partito democratico. Si riferisce ai tormenti e alle lacerazioni del centrosinistra siciliano, tentato dall'appoggio alla giunta regionale di Raffaele Lombardo. Ma è significativo che, sparse nell'aria rarefatta del Transatlantico, le sue parole vengano immediatamente spostate dal piano locale a quello nazionale: “State litigando su Fini, eh?”. La storia con plot intricatissimo del Pd siciliano è sintomatica di un rischio che D'Antoni riassume e che nello stesso tempo dichiara, per ora, scongiurato: trasformare un'opportunità politica, governare la regione dopo anni in cui “non si è toccato palla”, come dicono i dirigenti locali, in una ragione di divisione.

    Un epilogo apparentemente evitato grazie a un sostanziale rinvio, alla direzione regionale del Pd di lunedì sera, finita con un mandato quasi unanime (un solo contrario, due astenuti) al segretario regionale Giuseppe Lupo: potrà votare il bilancio regionale di Lombardo solo se sarà accompagnato da alcune riforme tipo l'abolizione del ticket sanitario per i non abbienti e quella dell'addizionale Irpef (per cassintegrati e lavoratori in mobilità) e ancora il no alla privatizzazione dell'acqua e l'apertura delle scuole il pomeriggio. La decisione sull'opportunità di un appoggio strutturale alla giunta verrà presa attraverso una consultazione allargata, un referendum che chiami in causa il popolo delle primarie. La direzione di lunedì, intanto, ha solo congelato le divergenze che dunque restano tutte, complicate da un quadro che non rispecchia neppure la mappa delle correnti nazionali, come ha dovuto constatare l'inviato speciale di Bersani, Maurizio Migliavacca. Un quadro in cui esiste una consistente fetta di democratici affascinata da un'idea rilanciata in questi giorni sul fronte nazionale da Massimo D'Alema (quella di promuovere la nascita di un terzo polo che riesca a intercettare “la crisi sistemica del bipolarismo”) e criticata invece da diversi esponenti del Pd che considerano un grave errore – come ci spiega il senatore del Pd Giorgio Tonini – “lavorare, come vuole fare D'Alema, per indebolire il bipolarismo: e questo vale sia con Raffaele Lombardo sia con Gianfranco Fini”.

    La settimana scorsa, Migliavacca ha tentato di metter ordine frenando il Pd sull'alleanza con Lombardo, ma non troppo perché nel gruppo Pd all'Ars i lombardisti erano arrivati a venti su ventisette. Come spiega ancora D'Antoni, se le vicende giudiziarie di Lombardo saranno chiarite “l'appoggio deve diventare strutturale”. Il “deve” è sottolineato con una forza corrispondente alla voglia di tornare a incidere sulla politica siciliana. Dirigenti che non vogliono essere citati spiegano che in realtà il Pd è già entrato in giunta: quattro assessori, Mario Centorrino (uomo di fiducia dell'ex sindaco di Messina Francantonio Genovese), Pier Carmelo Russo (assessore alla Sanità), Marco Venturi (fedelissimo dell'ex presidente dell'Antimafia Giuseppe Lumia) e Massimo Russo (ex pm dell'Anm siciliana) sono degli indipendenti, ma nella realtà “sono riconducibili all'area Pd”. Un abbozzo di alleanza, un test sul quale entro giugno il partito dovrà decidere. Con la complicazione che, in Sicilia, scegliere Lombardo significa anche contrastare l'Udc: storicamente campione di voti. Sul no al dialogo con Lombardo, peraltro, è stato eletto il segretario regionale Giuseppe Lupo, franceschiniano. Arrivato al ballottaggio contro il bersaniano Lumia ha vinto grazie a un accordo con il bindiano Bernardo Mattarella. Su questa linea Mattarella ha rianimato un'area che comprende anche Rita Borsellino ed Enzo Bianco.

    Ma il fronte dialoghista è ben rappresentato: lo stesso Lumia e soprattutto il capogruppo all'Ars Antonello Cracolici (ex dalemiano vicino alle posizioni degli ex margheritini Salvatore Cardinale e Francantonio Genovese, oggi uniti in una subcorrente tentata dal Partito del sud). “Se saranno chiarite le vicende giudiziarie, l'accordo con Lombardo si deve fare”, dichiara D'Antoni. Se ci sarà il rinvio a giudizio, invece, il Pd è compatto: “Nessun dialogo”. Mettere ordine in una querelle che si nutre delle insidie dipietriste, ma anche degli scenari nazionali, richiederà altre missioni di Migliavacca: con la differenza che rispetto al caso Puglia nelle vicende siciliane i leader nazionali preferiscono guardarle da lontano.