Dichiarazione di guerra di un italofono militante

Vietando le insegne in lingua straniera la Lega difende l'unità d'Italia

Camillo Langone

Mi fa piacere che la cultura nazionale stia a cuore alla Lega, mi fa meno piacere che stia a cuore soltanto alla Lega. La nazione ovviamente è la lingua, gli altri collanti presenti sul mercato sono meno che sputo. La storia non incolla, è una collezione di disastri e divide anziché unire: io mai e poi mai festeggerò il 25 aprile o il primo maggio, patetiche giornate che trascorro, come milioni di cattolici, leghisti, fascisti, sovranisti, imprenditori, agricoltori, lavoratori in proprio, standomene ben lontano dalle piazze.

    Mi fa piacere che la cultura nazionale stia a cuore alla Lega, mi fa meno piacere che stia a cuore soltanto alla Lega. La nazione ovviamente è la lingua, gli altri collanti presenti sul mercato sono meno che sputo. La storia non incolla, è una collezione di disastri e divide anziché unire: io mai e poi mai festeggerò il 25 aprile o il primo maggio, patetiche giornate che trascorro, come milioni di cattolici, leghisti, fascisti, sovranisti, imprenditori, agricoltori, lavoratori in proprio, standomene ben lontano dalle piazze (bisognerebbe anche aggiungere gli ancor più numerosi italiani apatici che nelle due date vedono solo ghiotte occasioni per ponti e vacanzine). Le istituzioni non incollano, al contrario fomentano disgusto. Lo sport non incolla, se non il giorno in cui vince la nazionale di calcio. La costituzione non incolla, è scaduta. L'inno non incolla, da quanto è brutto. La bandiera non incolla, non è nemmeno italiana, è un sottoprodotto d'importazione: come potrebbe incollare?

    Mi fa piacere che la deputata leghista di Soncino (uno dei borghi più belli d'Italia! il paese delle gustose radici amare!), insomma Silvana Comaroli, abbia presentato un emendamento per esigere la conoscenza dell'italiano ai commercianti stranieri e un altro per limitare le insegne in lingue aliene. La notizia allarga il cuore di ogni italofono ma si può fare di più. Primo: approvare gli emendamenti, sconfiggendo i nemici della patria che si annidano in parlamento. Secondo: estendere all'inglese il concetto di lingua non grata. E' scorretto giustificarne l'onnipresenza bottegaia col suo statuto di lingua comunitaria. L'inglese è in parte lingua comunitaria (in Inghilterra) ma è soprattutto lingua extra-comunitaria (il grosso dei suoi parlanti non è europeo) e ancor più lingua anti-comunitaria. La parlata di una comunità viene smentita e alla lunga minata da vetrine che parlano sistematicamente un altro idioma. Le insegne incomprensibili acuiscono l'angosciosa sensazione di essere stranieri in casa propria. Generano spaesamento e perciò insicurezza.

    Non hai paura di essere accoltellato ma hai paura di essere derubato dei codici senza i quali non capisci e non ti fai capire. Le pareti prostituite a Mammona delle città italiane fanno venire l'Alzheimer, inducono amnesia e afasia. Non ti ricordi dove sei, potrebbe essere un qualunque posto del mondo, e cominciano le difficoltà di pronuncia. L'altro giorno mia madre era turbata per colpa delle grandi scritte compattamente in inglese che coprivano per intero il nuovo Coin di via Mazzini a Parma: “Next opening store” o consimile diarrea. “Ma com'è possibile?” diceva. Già, com'è possibile? Che senso ha restaurare gli storici palazzi del centro se poi fino a tre metri di altezza li si lascia imbrattare da frasi che non hanno alcuna relazione col luogo? Che senso ha parlare di prodotti tipici quando si calpesta il prodotto più tipico che ci sia, la lingua, formatasi lentissimamente, nei millenni, proprio qui e non altrove?

    Poi c'è lo sradicamento operato dai comuni e pagato con denaro pubblico, denaro di autoctoni che le radici hanno interesse a innaffiare, non a strappare. Il terzo emendamento che l'ottima Comaroli dovrà presentare al più presto riguarda l'italianità degli stradari. Io ho un piano A per la toponomastica urbana che prevede il ritorno alla funzione e al contesto ma so bene che cancellare le denominazioni più seriali e nonluoghistiche, Cavour Garibaldi Mazzini, solleverebbe lo sdegno dei patrioti da anniversario. Allora ho pronto un piano B, più tranquillo: espellere dalle mappe solo gli allogeni, personaggi che fra l'altro sono spesso opinabili se non platealmente criminali: via le vie Tito (noto infoibatore di italiani), le vie Che Guevara (assassino di ragazzini e persecutore di omosessuali), le vie Kennedy (bombardatore del Vietnam eletto coi voti della mafia)… Ma perché di queste cose, attinenti alla cultura nazionale parlante e pulsante, si può parlare solo con la Lega? Possibile che a sud del Po la lingua di Dante non interessi a nessuno?

    • Camillo Langone
    • Vive tra Parma e Trani. Scrive sui giornali e pubblica libri: l'ultimo è "La ragazza immortale" (La nave di Teseo).