Diplomazie al lavoro

Né pace né guerra. Ma tra il Cav. e Fini ora la ricomposizione è vicina

Salvatore Merlo

Non è ancora pace fatta, ma nel Pdl si sono messi a lavorare per una ricomposizione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. La diplomazia è ripartita venerdì scorso anche per iniziativa berlusconiana, proprio dopo il bombardamento di Umberto Bossi che sembrava prefigurare una possibile crisi di governo. Gianni Letta è tornato in campo assieme ad Andrea Ronchi, per la parte finiana.

    Non è ancora pace fatta, ma nel Pdl si sono messi a lavorare per una ricomposizione tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. La diplomazia è ripartita venerdì scorso anche per iniziativa berlusconiana, proprio dopo il bombardamento di Umberto Bossi che sembrava prefigurare una possibile crisi di governo. Gianni Letta è tornato in campo assieme ad Andrea Ronchi, per la parte finiana. Ma la novità è che al gruppo dei tessitori si è aggiunto un terzo nome di primo piano che, solitamente associato all'ala dei falchi berlusconiani, ha invece aperto un contatto diretto con il presidente della Camera. E gli effetti cominciano a farsi vedere. Alla terza carica dello stato sono state chieste garanzie, quelle che Fini ha offerto pubblicamente domenica ospite di Lucia Annunziata e che ripeterà oggi intervistato a “Ballarò”. “Non è in discussione la nostra permanenza nel Pdl e nella maggioranza. Dobbiamo essere leali”, ha ripetuto l'ex leader di An ieri pomeriggio ai propri parlamentari riuniti alla Camera. “Il rispetto del programma sottoscritto dagli elettori deve essere un punto fermo”.

    Per adesso è quanto basta per ricucire,
    visto che a Palazzo Chigi sta prevalendo l'idea che la nascita della componente finiana, tutto sommato, non sia un dramma. D'altra parte ai propri parlamentari, Fini ha anche chiesto di evitare polemiche televisive in un momento “delicatissimo come questo”. Rende la misura degli umori Ignazio La Russa. Il coordinatore era preoccupato, dopo la direzione nazionale di giovedì, mentre adesso spiega: “Non c'è nessuna ragione per cui nel Pdl non si debba trovare un'intesa”. Le idee non sono ancora chiare, ma come ha detto anche il Cav. a chi lo ha rincontrato: “Stiamo lavorando a una soluzione”. Che, novità, non è la guerra. Se è indubbio che Berlusconi non abbia intenzione di farsi logorare da una fronda interna capace di ostacolare i lavori parlamentari, è pur vero che il premier non intende neppure – benché qualcuno glielo suggerisca – forzare la mano e complicarsi la vita attraverso epurazioni o percorrendo la strada dello scontro. Assecondato da una parte del suo entourage, il presidente del Consiglio risulta incline perlomeno a temporeggiare: la parola d'onore del presidente della Camera (“non ho intenzione di fare alcun sabotaggio”) è per il momento sufficiente.

    D'altra parte ieri il Cav. ha scherzato intorno al dissidio con Fini: “Sul segreto di una collaborazione proficua in politica non mi esprimo, del resto non ho un'esperienza particolarmente felice nei matrimoni. Comunque ho già detto di non aver litigato con nessuno, per litigare bisogna essere in due, per divorziare basta uno”. Frasi palindrome, che le colombe interpretano tuttavia come un gesto distensivo. Chissà. I due sembrano anche essersi ritrovati sulla stessa linea nelle dichiarazioni pubbliche intorno alle riforme e al metodo del dialogo, tanto che Fini, domenica, commentando l'intervento di Berlusconi per il 25 aprile ha detto: “E' stato un discorso alto e nobile”. Individuato come un interlocutore interessante, al presidente della Camera stanno arrivando sollecitazioni anche dal Pd veltroniano (Stefano Ceccanti) apparentemente più interessato al possibile rafforzamento del bipolarismo che a utilizzare Fini come grimaldello per forzare il vincolo che tiene insieme la maggioranza.

    Certo l'intervista a Repubblica con la quale il direttore scientifico di FareFuturo, Alessandro Campi, prefigurava scenari atomici (un governo tecnico) non è passata inosservata tra i berlusconiani. Tuttavia il quadro prefigurato dal professor Campi non sembra coincidere con i pensieri semiufficiali di Fini. Piuttosto si assiste a un gioco tattico di dichiarazioni pacifiste mescolate a minacce subliminali. Se i falchi insistono nel descrivere il premier arrabbiatissimo e pronto a mettere in atto una strategia di ritorsione sugli uomini di Fini, anche dalla parte finiana c'è chi sembra avere il compito di respingere l'assalto con delle controminacce. E' forse questo il lavoro del capacissimo Italo Bocchino, che oggi presenterà (provocatoriamente?) le proprie dimissioni da vicecapogruppo; ma anche di Carmelo Briguglio, che ieri alla Camera sospirava: “Il gruppo autonomo era un'idea migliore”. Le dimissioni di Bocchino, se accettate, porterebbero il Pdl a nuove elezioni anche per il capogruppo; un incarico per il quale si candiderebbe lo stesso Bocchino certificando così la consistenza numerica della minoranza finiana.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.