Detto con molta autoironia, per noi foglianti il Papa è un poco fuori linea
Benedetto XVI – detto con molta autoironia – è fuori linea per noi foglianti. Nel nostro spirito, la questione dei peccati carnali del clero, nella forma odiosa degli abusi dei bambini, si risolve in un dualismo. Da un lato – è appena ovvio – gli abusi vanno puniti per legge, e la chiesa non può e non deve sottrarre ai rigori della legge, in un contesto garantito di regole che esclude la caccia alle streghe, i suoi figli consacrati. Se lo facesse, si renderebbe complice. Ove lo abbia fatto, fu complice. Di questa tendenza la chiesa deve emendarsi.
Benedetto XVI – detto con molta autoironia – è fuori linea per noi foglianti. Nel nostro spirito, la questione dei peccati carnali del clero, nella forma odiosa degli abusi dei bambini, si risolve in un dualismo. Da un lato – è appena ovvio – gli abusi vanno puniti per legge, e la chiesa non può e non deve sottrarre ai rigori della legge, in un contesto garantito di regole che esclude la caccia alle streghe, i suoi figli consacrati. Se lo facesse, si renderebbe complice. Ove lo abbia fatto, fu complice. Di questa tendenza la chiesa deve emendarsi. Sempre tenendo presente, e l'articolo controcorrente di Francesco Agnoli che pubblichiamo sul Foglio in edicola lo dimostra, che intorno alle questioni di pedofilia è sempre acceso un potenziale rogo inquisitorio.
Ma c'è un altro aspetto della faccenda: la libertà della chiesa di essere come è, come la sua legge canonica, la sua dottrina, il suo magistero e la sua tradizione storica l'hanno definita. La chiesa educa, è forse l'ultimo luogo in cui si educa. Forma coscienze, modi di intendere la vita. La chiesa adotta il principio di paternità, dal Padre in giù, a cascata. Non può rinunciare a questa specialissima paideia, a questa cultura e prassi del rapporto intenso, vero, in un certo senso erotico, d'amore e di carità, con i cuccioli dell'umanità. Questo aspetto della faccenda non è un'ubbìa conservatrice, non è corrività, è bensì il rispetto di un principio liberale, che vuole la chiesa davvero libera spiritualmente e culturalmente, in uno stato libero e politicamente e civilmente sovrano.
E' dal tempo dello scandalo americano, seconda metà dei Novanta, che su queste colonne mettiamo in guardia dall'assedio legale e culturale alla chiesa sulla questione dei comportamenti criminali di alcuni preti. E' da allora che diciamo: c'è un modo specifico, talvolta inefficace, talvolta riprovevole, talvolta comprensibile, sempre cattolico, di stabilire il confine tra il reato e il peccato. E di rispettare la differenza tra la persecuzione penale e la cura delle anime. Tra la giustizia civile distributiva e la giustizia che si invera nella riconciliazione, nella penitenza, nel pentimento. Tra il diritto eguale per ogni figura giurisdizionale eguale e il governo dei singoli casi, delle singole persone, che si realizza dentro il rapporto di paternità tra vescovi e preti, tra Papa e vescovi.
Quando il Papa dice (leggete il box nell'altra pagina dell'inserto in edicola) che il perdono non elimina la giustizia, quando dice che non bisogna fare del vittimismo e, al contrario, bisogna cercare la grazia e la penitenza e la conversione nell'attacco che viene dall'esterno, perché il peggio è quella corrosione e sofferenza causata alla chiesa dal peccato che si annida in essa, non dalle critiche del mondo: quando dice queste cose il Papa ha ovviamente ragioni da vendere. Non può mettere la chiesa in difesa e in imbarazzata tristizia, indurla a dare battaglia su un terreno che la vedrebbe forse perdente, chiusa a protezione di un suo modo di essere irriducibile a quella democrazia liberale che è diventata un totem, un modello di totalità secolare da esportare nella cattolicità.
Ma noi non abbiamo a che fare con il clero (e tanto meno con il clericalismo). Non abbiamo speciali doveri pastorali di cura del gregge, di governo delle anime, di penitenza e riconciliazione. Nulla sappiamo della spinta profetica che spinge un Papa, sulla soglia di un mistero mariano del secolo scorso, a farsi dignitosamente umile di fronte al mondo. Ci tocca quindi di ripetere che: la campagna sulla pedofilia dei preti puzza lontano un miglio di spirito circense mediatico-giudiziario, che la chiesa deve essere libera di emendare con l'aiuto del suo Dio i peccati dei suoi figli senza diventare un'agenzia secolare a viva forza.
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