“Spazio aperto” di Augello

Ha fatto una corrente berlusco-finiana, e ora vuole un happy ending

Salvatore Merlo

“Diciamo la verità, Fini e Berlusconi hanno il dovere di fare pace. Lo devono ai loro elettori e lo devono ai cittadini: non si può immaginare, con la crisi economica, che il governo vada in pezzi perché i due leader del Pdl non riescono a fare politica e mettere da parte i malumori. Sono molto d'accordo con Fedele Confalonieri che ieri sul Corriere della Sera ha detto: ‘Non devono amarsi; del resto neppure Forlani e De Mita si amavano; ma nessuno dei due metteva in discussione l'unità del partito”. A parlare con il Foglio è Andrea Augello, senatore del Pdl, uomo forte della ex An a Roma.

    Diciamo la verità, Fini e Berlusconi hanno il dovere di fare pace. Lo devono ai loro elettori e lo devono ai cittadini: non si può immaginare, con la crisi economica, che il governo vada in pezzi perché i due leader del Pdl non riescono a fare politica e mettere da parte i malumori. Sono molto d'accordo con Fedele Confalonieri che ieri sul Corriere della Sera ha detto: ‘Non devono amarsi; del resto neppure Forlani e De Mita si amavano; ma nessuno dei due metteva in discussione l'unità del partito”.

    A parlare con il Foglio è Andrea Augello, senatore del Pdl, uomo forte della ex An a Roma, finiano dallo spirito libero e regista di un'operazione diplomatica che in questi giorni ha amalgamato intorno a un'associazione che si chiama “Spazio aperto” gli uomini di Gianfranco Fini con alcuni dei più antichi e fedeli sostenitori di Silvio Berlusconi. Una sorta di zona grigia che Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo del Pdl in Senato, aveva stigmatizzato su queste colonne dicendo che “non è praticabile. Non si può fare un gruppo di quelli che stanno con Berlusconi, ma anche con Fini; per la semplice ragione che ci si iscriverebbero tutti. Me compreso”. Eppure Augello l'ha fatto e hanno aderito quaranta parlamentari di FI e An: “E' un segnale rivolto alla leadership – dice Augello – Bisogna fare politica, andare oltre il fermo immagine del dissidio alla direzione nazionale del Pdl. L'Italia ha bisogno di un partito di governo che dia dei segnali di vita. Fini e Berlusconi stanno insieme da vent'anni, condividono lo stesso destino, a loro tocca dare al paese un partito unico del centrodestra che possa sopravvivere a entrambi”. Se non ci riusciranno? “Dovremo aspettare qualcun altro. Ma chi?”.

    La capacità dei leader dev'essere quella di agitare il confronto senza che questo degeneri in una ordalia”, dice Andrea Augello. Ma su che basi si potrebbe siglare la pace tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini? “Entrambi devono entrare nell'ordine di idee che qualcosa la si deve pur concedere, questo è il fondamento della politica. Ricominciamo dalla direzione nazionale, che al di là delle scene di arrabbiatura, aveva prodotto due novità. Fini e Berlusconi erano d'accordo su due cose: una commissione interna al Pdl sul federalismo, che proponga una piattaforma di partito complementare o alternativa (si vedrà) a quella della Lega; e poi un congresso da tenersi da qui a un anno. Ricominciamo da queste cose e affrontiamo di petto la situazione contingente.

    Non si respira una bella aria: la crisi economica fa paura e forse non sarebbe sbagliato che il Pdl discutesse sulla possibilità di riadattare la politica economica alle novità emerse nell'ultimo anno. Non solo. Dalle indagini della magistratura, in queste ore, emerge una questione morale che ha bisogno di essere affrontata da un grande partito come il nostro. Esiste la magistratura politicizzata, ma gli eventi di questi giorni segnalano anche che ci sono fatti veri e circostanziati. Dunque fa bene il presidente Berlusconi quando lancia l'idea di un ‘predellino' contro la corruzione. I capi devono dimostrare di saper governare i fenomeni, devono saper reagire. I due fondatori inizino da queste cose. Il resto, la cittadinanza e l'immigrazione, lo sappiamo tutti, non sono un problema. Sono aspetti secondari”.

    Cosa deve concedere il Cav. e cosa Fini? “Berlusconi dovrebbe farsi promotore della dialettica, mentre Fini deve riconoscere, come ha fatto recentemente in tv, che su certe cose il dibattito è tracimato ed è stato equivocato: scissioni, gruppi autonomi e così via. Sono sciocchezze, così come è pittoresca l'idea delle epurazioni. Ma si è mai visto qualcosa del genere in un partito occidentale?”. Il nuovo organigramma territoriale di Generazione Italia, l'associazione finiana, non è il salvagente di Fini, il partito del presidente della Camera? “I partiti non si fanno così. Non nel 2010. E poi Fini non ha bisogno di un partito o di una nomenclatura. E' un leader mediatico, come lo è Berlusconi”. Quando si incontreranno? “Bisogna far decantare le cose, in una decina di giorni il clima potrebbe anche tornare decente. Ma tutto dipende da loro, solo Berlusconi e Fini possono imprimere una svolta, le mediazioni servono fino a un certo punto. Io penso a un grande happy ending: Berlusconi al Quirinale e Fini a Palazzo Chigi. Ma non è la cosa più importante, il destino dei due uomini è secondario rispetto al futuro del centrodestra che loro dovrebbero impegnarsi a garantire”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.