Troppi libri diversamente utili

Comprare Borges, giusto per toglierlo dallo scaffale di Federica Bosco

Stefano Di Michele

Che i libri siano troppi (da barrito sulla prima pagina del Foglio di lunedì), si capisce da come sono diventate grandi le librerie: empori che andrebbero bene per una mostra di cucine, locali per l'esposizione dei trattori, vani per una cantata di Apicella. E siccome tra quei cento e cento scaffali non possono essere tutti capolavori, non possono essere tutti necessari, se ne deduce che una (larga) parte siano inutili. Diverse categorie sociali collaborano a questo stratosferico ammasso. I giornalisti, per cominciare.

Leggi Consiglio per la festa del libro: leggere e scrivere meno, ma meglio di Giuliano Ferrara - Che cosa ne pensate? Dite la vostra su Hyde Park Corner

    Che i libri siano troppi (da barrito sulla prima pagina del Foglio di lunedì), si capisce da come sono diventate grandi le librerie: empori che andrebbero bene per una mostra di cucine, locali per l'esposizione dei trattori, vani per una cantata di Apicella. E siccome tra quei cento e cento scaffali non possono essere tutti capolavori, non possono essere tutti necessari, se ne deduce che una (larga) parte siano inutili. Diverse categorie sociali collaborano a questo stratosferico ammasso. I giornalisti, per cominciare. A noi tutti un'opera definitiva (poi si comincia, e definitiva non è mai) freme tra le dita, il quotidiano deprime, il tomo arrapa. Definitiva, e se possibile un minimo remunerativa: si vorrebbe essere dei Dostoevskij, ma col miraggio di un Bruno Vespa. Chissà se un giorno arriveranno mai ad approvare questa benedetta separazione delle carriere: inquirente da una parte, giudicante dall'altra; giornalista da una parte, scrittore dall'altra.
    Poi ci sono i comici: ogni pernacchietta televisiva finisce in volume, e anzi, da quando si è diffusa la piaga del cofanetto con volume più dvd, in cofanetto finisce.

    Poi ci sono i magistrati, i preti vaganti, i calciatori narranti, i cantanti vocianti, i credenti incontinenti… Una piaga non di poco conto è rappresentata dalla produzione libraria dei politici – si era partiti con Einaudi e Gramsci, adesso basta un'occhiata atterrita sui banconi del settore “varia”, dove magari il ministro sta fianco a fianco, per dire, copertina a copertina, con Rosanna Lambertucci e il suo “Il viaggio dimagrante”, cronometrato in “6 settimane + 1”. Nel settore giornalisti (per tornare all'inizio, e per non tornarci mai più), esistono poi varie correnti di pensiero: quello che si occupa di mafia che scrive libri sulla mafia, quello che si occupa di casta che scrive sulla casta (intesa pure cricca), quello che si occupa di cazzate raduna le sue cazzate, quello che si occupa di politica le sue osservazioni (e spesso i due ultimi settori s'incrociano). Poi, i colleghi sorprendenti, che inaspettatamente ti mollano una biografia su un padre della chiesa, o incroci una pubblicazione di Francesco Giorgino che più che di Saxa Rubra si fa evocativa di Sant'Agostino, persino aggrovigliate storie d'amore. Per parafrasare Woody Allen, non si pubblica niente d'inutile, ma certo con qualche libro ci si va molto vicino.

    Un vero giornalista verifica sul campo, quindi ispezione presso una libreria Feltrinelli del centro di Roma. Fatta la tara di tutti i travaglismi che, tanta la dimensione e tanta la produzione, da soli fanno provincia a sé (e tanta deve essere la voglia dei lettori, la brama persino, che quando, nei rarissimi casi, manca un manufatto dell'artefice principale, si accontentano dei succedanei, come fanno certi con le uova di lompo quando non trovano il caviale), non c'è che il gusto della scelta. A parte un istruttivo manuale di un'americana (figurarsi), “Il mio corpo. Ragazze vere, corpi veri, problemi veri, risposte vere”, dove si possono trovare le agognate soluzioni a questioni quali “mi lavo tutti i giorni ma puzzo lo stesso”, oppure più nel dettaglio “mi puzza la vagina”, o anche “ho roba schifosa sotto le unghie”, c'è addirittura un libro con 449 luoghi comuni al contrario, genere “tanto piovve che tuonò” (mah), e ben tre volumi, al momento, della tata Lucia Rizzi, “regole e consigli della tata più famosa d'Italia”, quella che su La 7 arriva in casa di corsa se hai il moccioso che piscia sul divano o la pupetta che sputa la pastina in faccia al babbo.

    C'è una singolare categoria di libri che hanno, invece del titolo, inquietanti avvertimenti in copertina. “Tuo marito non vuole che tu legga questo libro”, opera di Gary Neuman – e perché mai? “Le ragioni scientifiche del tradimento” – insomma, c'ha paura delle corna, il vile. C'è il “Piccolo manuale delle decisioni strategiche”, che così si presenta: “Se sai con certezza di volere questo libro, significa che non fa per te” – e anche se non hai la certezza assoluta, proprio indispensabile non pare. Volendo, si può portare a casa “Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”, pensa te che novità, nientemeno “il libro sui rapporti di coppia più venduto nel mondo”. Le venusiane appena richiamate, del resto, non stanno a guardare. Per quelle che intendono passare dalla teoria ai fatti, ecco pronto “Falli soffrire”, visto che “gli uomini preferiscono le stronze”, di una certa Sherry Argov. Sulla copertina, bocca rosso fuoco spalancata su un allusivo lecca lecca: stronza, la tipa, chissà, come si fa a dirlo, certo parecchio evocativa di altre peculiarità… Fa soffrire? Dipende.

    Se poi si deve transitare dall'eros al soldo, senza scivolare troppo, editorialmente parlando, dalla stronza in questione a Keynes, c'è sempre un pirotecnico volume di due (americani?), Steven D. Levitt e Stephen S. Dubner, che ha questo titolo: “SuperFreakonomics”, e ha in copertina questa rapida sintesi: “L'importanza di essere un trans, la polizza vita dei kamikaze, l'egoismo dell'altruismo, la verità svelata dai numeri” – deve trattarsi, pare d'intendere, di una filiazione, “il seguito esplosivo di ‘Freakomics'” (e tutta questa roba sta in copertina: chissà dentro...). Che poi, esiste un preciso comparto di certi generi di libri. E infatti, lì a fianco si trova “Testa di capo” (che se è allusivo, come titolo, lo è giustamente), pure questo con sottotitolo (il target di lettori di questo genere di produzione libraria pare aver bisogno di ampie rassicurazioni prima di avventurarsi nell'acquisto: poi, curiosamente, lo fanno pure): “Come essere migliore imparando dai peggiori”. L'autore è un tale Robert I. Sutton, che, viene assicurato, è anche “autore del ‘Metodo Antistronzi'” – accreditato quindi come un'assoluta autorità in materia. Magari si pubblica troppo – ma soprattutto non si sa come spartire lo stupore tra il prodotto e il compratore. La vera ingiustizia è però l'alfabeto. Così nello stesso scaffale, per colpa della B, Borges finisce vicino a Federica Bosco, e “L'Aleph” se ne sta, rassegnato e inerme, accanto a “Cercasi amore disperatamente”. Bisogna comprarlo e salvarlo.

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