La deificazione di Mara, che ha chiesto scusa per gli stessi pregiudizi di cui è stata vittima
La deificazione di Mara Carfagna, la gentilezza con cui ora vengono descritte le sue camicette e gli elogi di Michele Serra sulla Repubblica di ieri (“Grazie a Carfagna e Concia per averci concesso il lusso di scrivere, per una volta, un articolo benevolo”) passano attraverso, oltre il lavoro serio di ministro, le pubbliche scuse.
La deificazione di Mara Carfagna, la gentilezza con cui ora vengono descritte le sue camicette e gli elogi di Michele Serra sulla Repubblica di ieri (“Grazie a Carfagna e Concia per averci concesso il lusso di scrivere, per una volta, un articolo benevolo”) passano attraverso, oltre il lavoro serio di ministro, le pubbliche scuse. Lei che, davanti al presidente della Repubblica, si dispiace di essere stata diffidente verso le associazioni omosessuali, ringrazia Paola Concia, parlamentare del Pd, per averla aiutata a capire. Aveva dei pregiudizi e li ha superati. Per questo la si può applaudire, come fece un anno fa (con una premessa: “Dirò una cosa su cui prenderò degli insulti”) Dario Franceschini: “Parla a braccio, dice cose approfondite, è preparata”.
Un anno fa Mara Carfagna era ancora completamente sommersa dai pregiudizi, identici a quelli per cui lei si è scusata davanti a tutti. Come disse allora Franceschini, “gli uomini italiani hanno mostrato tutto il loro razzismo inconsapevole, il loro tardo-maschilismo”. Insultando, ironizzando, ridacchiando, alludendo, scrivendo di “una trentaduenne ex pin-up la cui principale qualifica è chiaramente l'attrazione sessuale del premier nei suoi confronti”, come venne tradotto Alexander Stille sulla Repubblica (a proposito di pregiudizi internazionali, il Nouvel Observateur , con leggerezza e savoir-vivre molto francese, diede per scontata l'esistenza di intercettazioni pseudo porno).
Concita De Gregorio, direttore dell'Unità e sempre pronta alla lotta contro i pregiudizi e le discriminazioni sulle donne, si è chiesta con sdegno se, nella battaglia contro la prostituzione, il ministro “parlava forse di un suo calendario” e in tivù ha fatto capire che non poteva nemmeno abbassarsi a dare un giudizio, Lidia Ravera l'ha trattata come una delle “amanti dei potenti”, Natalia Aspesi, parlando del valore delle donne ridotto alla sola bellezza, si è chiesta se allora “la carriera politica delle signore Carfagna e delle altre terminerà con le loro prime rughe o i chili in più”, Marco Travaglio (non è una donna) ha detto che non si è mai capito a cosa serva la Carfagna, anche se qualcuno qualche idea se l'è fatta, “vedendo certi suoi calendari”.
Tutti si sono tuffati, con entusiasmo e un'ironia improvvisa, nello stesso orrido pregiudizio. Molte appassionate di corpo delle donne, violenza sulle donne, importanza delle donne, differenza delle donne, fatica delle donne, hanno trattato una giovane donna diventata ministro con ferocia non femminile. Lei ha chiesto scusa per i suoi pregiudizi, nessuno (tranne, dopo piazza Navona, l'ex direttore di Liberazione Piero Sansonetti) ha chiesto mai scusa a lei.
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