Le conseguenze della crisi - procure permettendo

Timide mosse berlusconiane per riavvicinare Fini e Casini al Pdl

Salvatore Merlo

Tra gli uomini più vicini a Silvio Berlusconi, specialmente tra quelli che non simpatizzano particolarmente per il ministro Giulio Tremonti, c'è grande agitazione. Tutti suggeriscono al Cav. di lavorare per riequilibrare la bilancia del potere che troppo si sarebbe piegata verso l'asse Tremonti-Umberto Bossi. Raffaele Fitto, tra i più fedeli al premier e più preoccupati, ha raccontato ad alcuni amici che “almeno prima in Consiglio dei ministri qualcuno provava a contrastare Tremonti".

    Tra gli uomini più vicini a Silvio Berlusconi, specialmente tra quelli che non simpatizzano particolarmente per il ministro Giulio Tremonti, c'è grande agitazione. Tutti suggeriscono al Cav. di lavorare per riequilibrare la bilancia del potere che troppo si sarebbe piegata verso l'asse Tremonti-Umberto Bossi. Raffaele Fitto, tra i più fedeli al premier e più preoccupati, ha raccontato ad alcuni amici che “almeno prima in Consiglio dei ministri qualcuno provava a contrastare Tremonti. Non che ci si riuscisse, ma era almeno un segnale di vitalità. Ormai invece stiamo tutti zitti anche quando lui ci spiega che ‘in questo governo non esistono ministri con il portafoglio e ministri senza, perché siete tutti privi di portafoglio'”.

    I termini della questione pare siano chiari anche al premier, il quale non vive un contrasto personale con Tremonti, ma si è convinto dell'opportunità di recuperare Gianfranco Fini e contemporanemente di corteggiare Pier Ferdinando Casini. Per capirlo basterebbe fare due chiacchiere in questi giorni con Fabrizio Cicchitto o Gaetano Quagliariello (per non citare Gianni Letta). I due capigruppo della ex Forza Italia non fanno che lanciare cauti segnali di pace a Fini e gesti di cortesia all'Udc; appena ieri, alla Camera, tra Casini e Cicchitto si è assistito, per esempio, a uno scambio di amorosi sensi in Aula (seguito da una chiacchiarata serale in un corridioio laterale del Transatlantico).

    Ma le manovre sono lentissime, gli eserciti si stanno disponendo benché il clima non permetta – non ancora – uno scioglimento dell'impasse. La psicosi giudiziaria coinvolge tutti, dai parlamentari semplici ai dirigenti più in vista. E finché non sarà a tutti evidente che dai faldoni delle procure non usciranno nomi altisonanti, nulla è destinato a cambiare. In questo momento, negli equilibri interni al centrodestra, e al Pdl, sono in difficoltà quanti avevano immaginato la costruzione di una “correntona del presidente”. Molti dei nomi sono quelli di chi partecipò a gennaio, con Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri, alla grande convention pidiellina di Arezzo. Quel progetto è per il momento accantonato, e le vicende personali degli ex colonnelli non è detto seguano più quelle dei loro omologhi della ex Forza Italia. Ma chissà.

    Un piano c'è. Bisognerà, ovviamente, concedere qualcosa a Fini e mettere a proprio agio Casini. Al leader dell'Udc non è necessariamente chiesto di entrare al governo benché lui abbia manifestato la disponibilità a farlo, con Berlusconi premier, ma in cambio, sostanzialmente, di un rimpasto. Il punto di svolta è la manovra economica. Si lavora a ottenere il voto favorevole del partito centrista. Qualora arrivasse, qualcuno potrebbe anche cominciare a dire che “esiste di fatto una nuova maggioranza”. A ruota seguirebbe il “sì” al lodo Alfano costituzionale e persino – chi lo sa? – al federalismo fiscale (sino a ieri bocciato dai centristi). Contemporaneamente il Cav. pensa di riprendere in mano l'agenda di governo, sparigliare un po', prendere l'iniziativa politica (cappa giudiziaria permettendo). Chissà che non lo faccia davvero cominciando il 27 maggio prossimo all'assemblea annuale di Confindustria. Non pochi in Parlamento tifano perché il premier trattenga ancora l'interim allo Sviluppo economico.

    E Fini? Ieri Letta lo ha brevemente incontrato all'aeroporto di Ciampino. I due hanno parlato, amichevolmente, come sempre. La strategia è quella descritta ai suoi interlocutori dal gran tessitore Andrea Augello: “Prima bisogna far decantare le polemiche. Poi scende in campo la diplomazia e infine, quando è chiaro su quali punti c'è accordo, i due leader si incontrano. Se non si fa così c'è il rischio di un altro permale, come alla direzione nazionale del Pdl”. Le polemiche si sono fermate da diversi giorni e la diplomazia è tornata in campo benché anche sulla pace tra Fini e Berlusconi gravi l'attesa intorno alle inchieste giudiziarie.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.