A immagine e somiglianza
E l'uomo creò la vita: così il titolo in copertina dell'Economist, che non è proprio un foglietto scandalistico. Polemiche prevedibili, scontate, hanno accolto la notizia che un Dna sequenziato e ricomposto al computer è stato trasferito in un batterio svuotato dei suoi geni, e che la creaturina è in grado di riprodursi partendo da questo fondamento parzialmente artificiale (il Dna non è il tutto di una creatura, ma ne costituisce pur sempre l'identità).
E l'uomo creò la vita: così il titolo in copertina dell'Economist, che non è proprio un foglietto scandalistico. Polemiche prevedibili, scontate, hanno accolto la notizia che un Dna sequenziato e ricomposto al computer è stato trasferito in un batterio svuotato dei suoi geni, e che la creaturina è in grado di riprodursi partendo da questo fondamento parzialmente artificiale (il Dna non è il tutto di una creatura, ma ne costituisce pur sempre l'identità).
E' interessante la prudenza di Barack Obama: il presidente americano vuole vederci chiaro nelle ricerche di J. Craig Venter e nel suo ultimo approdo “sintetico” in fatto di ingegneria genetica, e ha ordinato una indagine di sei mesi e un rapporto alla commissione bioetica della Casa Bianca. E' curioso quanto siano cauti i grandi e più autorevoli giornali americani, forse un riflesso della forte caratterizzazione commerciale e competitiva delle costose e riservatissime ricerche di questo controverso biologist and businessman. In fondo è più spericolata e ambiziosa l'intuizione di un cardinale italiano, il capo della Conferenza episcopale Angelo Bagnasco, che ha alluso senza tanti indugi alla grande intelligenza della specie umana indicata da simili conquiste tecno-scientifiche.
A voler essere paradossali, ma nemmeno tanto, si deve infatti osservare che la strada sulla quale si muovono gli ingegneri della genetica è quella creativa. Si può concedere, con qualche riserva, che per adesso la loro vera attività sia solo di “copiare”, “sequenziare”, “manipolare” la vita, dalla clonazione all'esperimento di Venter. Ma la tendenza, per dirla con un termine che dovrebbe giustamente far impazzire i dogmatici rigorosi del neodarwinismo, è quella “creazionista”. Al culmine dell'evoluzione, senza che questo abbia alcun rapporto spiegabile con la selezione naturale, la specie nobile dell'homo sapiens si mette in testa, e trova le risorse per farlo, di trattare la vita in modo “creativo”, arrivando nell'ultimo caso a inserire in un grumo di materia inerte, un batterio svuotato, una identità genetica programmata al computer e poi, come dice Edoardo Boncinelli, direttamente trasferita nella sua nuova casa, dove è destinata a riprodursi.
Lasciamo stare il Golem e altri dettagli mitici. Qui c'è un problema logico che riguarda la vulgata neodarwiniana, l'idea che l'uomo sia una particella casuale della natura evoluta per selezione adattativa. Ma se manipolando e copiando, alla fine una forma di vita, una nuova specie, fosse davvero creata da un uomo, che ne direbbero i neodarwiniani dottrinali? Non è sorprendente che il faustismo, che Goethe ne sapesse di più di Darwin quanto ai patti per l'immortalità, quanto alla libertà e necessità che escludono il caso e affidano le sorti dell'umanità alla volontà intelligente? Non sarà che un essere umano creatore di nuove specie è fatto a immagine e somiglianza di Dio, metafora biblica scientificamente più pregnante della discendenza dalla scimmia?
Il Foglio sportivo - in corpore sano