La prima puntata dell'inchiesta di Maurizio Stefanini

Santità e violenza dei legionari di Cristo

Maurizio Stefanini

Il sant'Ignazio di Loyola del XX secolo, per molti. Marcial Maciel Degollado, il messicano fondatore della Legione di Cristo e del Regnum Christi, è stato riconosciuto colpevole di molestie sessuali reiterate a danno di seminaristi anche minorenni. Ad alcuni, secondo la corrusca versione di due nemici della Legione,  avrebbe spiegato di soffrire di accumuli di sperma.

    Il sant'Ignazio di Loyola del XX secolo, per molti. Marcial Maciel Degollado, il messicano fondatore della Legione di Cristo e del Regnum Christi, è stato riconosciuto colpevole di molestie sessuali reiterate a danno di seminaristi anche minorenni. Ad alcuni, secondo la corrusca versione di due nemici della Legione,  avrebbe spiegato di soffrire di accumuli di sperma per via di una prostata ingrossata, e di aver bisogno di aiuto per liberarsene con tanto di ricetta del medico e “dispensa speciale” di Papa Pio XII. A un seminarista prelevò liquido seminale mettendolo poi in una fiaschetta, dicendogli che con quel campione un famoso medico di Madrid avrebbe potuto approntare un ritrovato antionanismo per il fratello. Particolarmente grave, l'accusa di aver assolto in confessione alcuni degli abusati. Secondo il canone 977 del diritto canonico, infatti, “l'assoluzione del complice nel peccato contro il sesto comandamento è invalida”. Mentre per il canone 1378 “il sacerdote che agisce contro il disposto del canone 977, incorre nella scomunica latae sententiae”.

    Tutto ciò risulta in particolare dal materiale
    che Jason Berry e Gerald Renner, due giornalisti americani, cattolici praticanti ma avversari della gerarchia ecclesiale, iniziarono a raccogliere a partire dal 1997, fino a farne nel 2004 un pamphlet (in italiano da Fazi, 2006): “I Legionari di Cristo. Abusi di potere nel papato di Giovanni Paolo II”. Ma lo scorso primo maggio dopo una riunione  con i cinque vescovi incaricati della visita apostolica ai Legionari di Cristo, le accuse sono state fatte ufficialmente proprie anche dal Vaticano, con un durissimo comunicato. “I gravissimi e obiettivamente immorali comportamenti confermati da testimonianze incontrovertibili, si configurano talora in veri delitti e manifestano una vita priva di scrupoli e di autentico sentimento religioso”. E anche la Legione di Cristo ammette ormai i fatti. “Il repentino svelarsi di alcuni risvolti della vita del nostro fondatore che non corrispondevano per niente a quello che noi abbiamo vissuto al suo fianco, ci ha presi tutti assolutamente di sorpresa. Non eravamo preparati per questo. Tutti siamo dovuti passare per un processo di assimilazione graduale, in molti casi forzosamente lento”, ha detto il successore di Maciel alla testa della Legione, padre Álvaro Corcuera. 

    Maciel ebbe anche almeno una figlia illegittima: la sua esistenza è stata ufficialmente ammessa nel febbraio del 2009 dalla congregazione e la madre della ragazza, nata nel 1988, afferma di aver iniziato la relazione quando era minorenne. Un avvocato messicano ha rivelato l'esistenza di almeno altri quattro figli di Maciel: due messicani, figli di una donna con un altro figlio che lo stesso Maciel avrebbe adottato (e sia il figliastro che uno dei due figli sostengono di essere stati a loro volta abusati sessualmente da Maciel a sette anni). Maciel è morto in Florida il 30 gennaio del 2008. Il giornale spagnolo il Mundo ha scritto che al capezzale si erano presentate la figlia e la “compagna”, che il moribondo avrebbe cercato di rifiutare la confessione, e che i Legionari sarebbero allora ricorsi a un esorcista: una scena da film di Buñuel o Almodóvar, che la Legione ha smentito. Il Mundo ha pure rivelato che “Salterio de mis días”, quel libro di Maciel che aveva commosso per il suo intenso misticismo, era in realtà stato scopiazzato per almeno l'80 per cento da “El salterio de mis horas” di Luis Lucia Lucia: sfortunatissimo politico cattolico spagnolo, messo in galera prima dai repubblicani e poi dai franchisti. C'è anche un'accusa di aver stornato fondi, a favore della figlia e della di lei madre. E di aver ingannate entrambe le madri dei suoi figli sulla sua vera identità. “Forse non riusciremo mai a comprendere il perché di tante cose che sono venute alla luce né per quale motivo Dio abbia scelto uno strumento così per mettere in piedi la Legione di Cristo e Regnum Christi”, ha detto Corcuera.

    Il percorso di Marcial Maciel Degollado
    ebbe inizio nello stato messicano del Michoacán, a Cotija de la Paz: una cittadina famosa per un formaggio simile alla feta greca, salvo che è piccante. Di Cotija era originario Cantinflas: il comico che a Hollywood interpretò Passepartout nel “Giro del mondo in ottanta giorni”. Ma, soprattutto, Cotija è detta “la città delle tonache”.
    Il gran parallelepido del Tempio Parrocchiale di Nuestra Señora del Pueblo, che con la sua cupola gialla e il suo campanile bianco giganteggia tra i tetti rossi sullo sfondo di un pendio verde, simboleggia questa anima devota del luogo, che è disseminato di statue dei tanti figli illustri di Cotija che hanno dedicato alla chiesa i loro talenti. Il più illustre è Rafael Guízar y Valencia, beatificato nel 1995 da Giovanni Paolo II e canonizzato nel 2006 da Benedetto XVI: primo vescovo ibero-americano a essere proclamato santo. Ma c'è stato anche Antonio Guízar y Valencia, suo fratello. E Francisco González Arias, che accoglierà la fondazione dei futuri Legionari di Cristo nella sua diocesi di Cuernavaca. Jesús Sahagún de la Parra, la cui nipote Marta Sahagún fu “primera dama” del Messico come moglie del presidente Vicente Fox. Luis Guízar y Barragán, che fu al Concilio Vaticano II. E anche José María González y Valencia, negli anni Cinquanta decano dell'episcopato messicano.

    A Cotija era nato anche Jesús Degollado Guízar: non un prete, ma un farmacista che nel 1926 a 35 anni si arruolò nell'Ejercito Libertador Cristero, diventandone generale. Era l'epoca della cristiada. La cristiada era la rivolta cattolica contro la Costituzione del 1917 che non solo sanciva il matrimonio civile e dichiarava di non riconoscere “personalità alcuna ai gruppi religiosi donominati chiese”. Dava anche agli stati la possibilità di fissare un tetto massimo al numero di sacerdoti; impediva di fare il prete in Messico a chi non fosse “messicano di nascita”; vietava ai sacerdoti non solo di criticare le leggi, ma perfino di votare alle elezioni; imponeva a ogni tempio un “incaricato” del governo statale; toglieva il valore legale ai titoli di studio conferiti da scuole religiose; vietava ogni riferimento confessionale nei nomi di associazioni politiche; impediva ogni cerimonia religiosa fuori degli edifici di culto; inibiva alle chiese ogni tipo di proprietà.
    La furia anticlericale è lo sfondo che dà un senso all'avventura dei legionari e al formidabile ma controverso carisma di un Maciel. Uno stereotipo laicista ha spesso giustificato queste vessazioni col ruolo della chiesa cattolica al fianco del regime di Porfirio Díaz. Ma semmai l'episcopato si era compromesso mezzo secolo prima, quando si era schierato al fianco di Massimiliano d'Asburgo contro Benito Juárez. Ex generale di Juárez, Díaz nella sua lunga dittatura si era richiamato ideologicamente al positivismo. Né bisogna dimenticare i molti cattolici che si erano uniti alla lotta contro di lui: lo stesso Emiliano Zapata faceva marciare le sue truppe dietro le insegne della Vergine di Guadalupe. Piuttosto, la Costituzione del 1917 era frutto di un anticlericalismo ideologico e astratto, che gli stessi presidenti Adolfo de la Huerta e Álvaro Obregón avevano ritenuto opportuno non applicare. Ma Plutarco Elías Calles, eletto nel 1924, decise invece nel 1926 di redigerne i regolamenti di attuazione. I militari inviati dal suo successore Cárdenas per spedirlo in esilio, il 9 aprile del 1936, lo avrebbero trovato a letto mentre leggeva il “Mein Kampf” di Adolf Hitler. E lo storico statunitense Howard Cline spiegò in effetti che “l'anticlericalismo si rivelò un sistema utile per stornare l'attenzione dalle difficoltà economiche del paese e rinsaldare l'unità della famiglia rivoluzionaria. In certo modo esso fu per il Messico ciò che l'antisemitismo doveva essere per la Germania degli anni Venti e Trenta”.

    Jean Meyer, massimo storico della cristiada, aggiunge che “l'anticlericalismo della minoranza al governo era insieme espressione dell'odio e del disprezzo che sentivano per il vecchio Messico. Credevano di disprezzare il clero, ma in realtà disprezzavano i contadini cristiani”. Preti e suore che si facevano vedere per strada in abito religioso iniziarono a venire multati. Scuole cattoliche, seminari, giornali vennero chiusi. Duecento religiosi stranieri vennero espulsi. Alcuni governatori fissarono il numero massimo di sacerdoti ammessi nei loro stati in tre o cinque. Tomás Garrido Canabal nel Tabasco arrivò a imporre ai “ministri del culto” di sposarsi.

    I cattolici, dopo aver organizzato il 9 marzo 1925 una Lega nazionale per la difesa della libertà religiosa, risposero in principio con una petizione di protesta, che raccolse due milioni di firme. Poi venne l'obiezione fiscale. Dal primo agosto 1926 iniziò lo sciopero della messa, ma a quel punto il percorso della resistenza cattolica iniziò a dividersi. San Rafael Guízar y Valencia si travestì infatti da rigattiere, per fondare un seminario clandestino. “Un vescovo può svolgere la sua opera senza mitra e pastorale, e perfino senza una cattedrale, ma non può stare senza un seminario”, spiegava. “Il futuro della sua diocesi dipende dal seminario”. Insomma, una resistenza non violenta attraverso una testimonianza catacombale, come ai tempi dei primi cristiani. E' il contesto in cui si svolge anche “Il potere e la gloria”: romanzo di Graham Greene, su un prete che cerca di svolgere il proprio apostolato clandestino in quello stato del Tabasco dove il governatore ha imposto ai sacerdoti di sposarsi.
    Jesús Degollado Guízar rappresentò invece l'altro percorso: la resistenza armata. Al grido di “¡Viva Cristo Rey!”, da cui la denominazione di cristeros, i guerriglieri assalirono gli edifici pubblici. Nell'aprile del 1927 un attentato alla dinamite al treno Città del Messico-Guadalajara provocò oltre un centinaio di morti. Il governo rispose inviando generali che allinearono file di impiccati lungo le linee ferroviarie. La chiesa declinò ogni responsabilità, spiegando che i sacerdoti accompagnavano le bande unicamente a titolo personale. Calles rispose deportando sei vescovi in Texas. Il generale Ferreira, comandante della piazza di Guadalajara, ordinò di fare terra bruciata in un'area di quasi diecimila chilometri quadrati dello stato di Jalisco, chiudendo 60 mila contadini in campi di concentramento. Invece di domare la rivolta questi metodi la attizzarono, e molti storici ritengono che i generali formatisi nella Rivoluzione avessero voglia di protrarre il conflitto per accumulare nuove occasioni di carriera. D'altra parte l'occasione di menare le mani attrasse anche tra i cristeros un bel po' di reduci smaniosi. Enrique Gorostieta Velarde, assieme a Degollado il più importante generale cristero, aveva addirittura fama di massone. Ma i cristeros erano diventati catalizzatori di molte altre opposizioni: compresa quella contro la “banda di Sonora” che da Huerta a Obregón e Calles sembrava voler monopolizzare la presidenza.

    Nel 1927 i cristeros erano in grado di mettere in campo dodicimila uomini. Nel 1928 un cattolico uccise Obregón, che in spregio a quella bandiera del non rielezionismo sui cui era stata fatta la Rivoluzione Messicana pretendeva di ricandidarsi. Nel 1929 i cristeros erano arrivati a ventimila combattenti. Fu a quel punto che con la mediazione di due vescovi esiliati e dell'ambasciatore americano Dwight Whitney Morrow si raggiunse la tregua che, dopo 250 mila morti, il 29 giugno del 1929 portò alla fine dello sciopero delle messe. I capi dei cristeros deposero le armi, pur protestando per essere stati abbandonati dalla gerarchia ecclesiastica. E in effetti tra il 1929 e il 1935 almeno cinquemila ex cristeros saranno assassinati. Tra 1934 e 1937 una seconda cristiada si accende, per un emendamento costituzionale che impone nelle scuole un'educazione socialista. Nel 1938 si arriva alla pace definitiva.

    Le norme più vessatorie su tetti di sacerdoti e preti sposati
    sono infine rimosse, e l'insegnamento religioso è consentito nelle parrocchie. Scuole, giornali e partiti cattolici sono ammessi, a patto di utilizzare etichette laiche. E da 305 nel 1935 il numero dei sacerdoti può risalire a diecimila a metà degli anni Settanta. Ma solo nel 1972 viene autorizzata l'apertura di seminari: per 35 anni, la gran parte dei sacerdoti messicani si deve formare a Montezuma, nel New Mexico, in un istituto di gesuiti che i vescovi statunitensi hanno aperto nel 1937 proprio per aiutare i correligionari perseguitati. E la riforma costituzionale che darà ai religiosi il diritto di votare e di andarsene per strada in abito talare non arriva che nel 1992. Quando dunque il 26 gennaio del 1979 Giovanni Paolo II scende dall'aereo e bacia la terra in quello che è il suo primo viaggio pontificale, tecnicamente il suo abbigliamento lo rende fuorilegge. “Chiederò alla Vergine di Guadalupe di pregare per la popolazione del Messico, che ha molto sofferto, proprio come quella polacca”, ha anticipato durante il volo. In realtà, si sa perfettamente che quando è stato eletto il suo primo desiderio è stato di tornare in Polonia, ma la mossa è sembrata ai suoi consiglieri troppo personale. Bisogna prima fare almeno un altro viaggio. Qualcuno spiega al Pontefice che c'è un altro paese cattolico, che ha una legislazione perfino più anticlericale dei paesi comunisti. E lui, entusiasta, accetta.

    José López Portillo, il presidente messicano, è cattolico e fa celebrare messa in una cappella privata collocata all'interno della residenza presidenziale: il celebrante è un sacerdote che si chiama Carlos Mora Reyes, l'assistente spirituale di sua madre e delle sue sorelle. Il suo Partito rivoluzionario istituzionale continua però a manifestare un anticlericalismo ideologico di cui il segretario di governo è un custode ringhioso, malgrado si chiami Gesù: Jesús Reyes Heroles. Per non far arrabbiare il ministro, dispone dunque che il Papa debba chiedere un visto turistico e non riceva un invito da capo di stato. Per far contenta la mamma, paga però di tasca propria la multa per l'abito talare fuorilegge del Pontefice, e si reca a omaggiarlo all'aeroporto. “Benvenuto nella nostra casa”, gli dice con un largo sorriso. Un milione di persone lo accompagnano. E' quel viaggio l'inizio della leggenda mediatica di Giovanni Paolo II. Quando poi andrà in Polonia, iniziando il lavorio che in un decennio appena porterà al crollo dell'impero comunista, sarà con gli slogan in spagnolo dei messicani che i suoi connazionali lo accolgono. Innamorato da allora del Messico, ci tornerà altre cinque volte, non disdegnando di farsi fotografare in sombrero.

    Ma c'è un uomo che ha avuto un ruolo centrale nell'organizzazione di quel primo viaggio. Un suo zio, fratello di sua madre, è il generale farmacista cristero, Jesús Degollado Guízar. Da lui ha appreso che la fede si deve difendere, se necessario, anche con l'organizzazione militante. Un altro suo zio è però il vescovo Rafael Guízar y Valencia: quello che insegnava come sono i seminari per la chiesa la cosa più importante. Sul loro esempio ha fondato una congregazione i cui cardini sono appunto una disciplina quasi militare e la centralità della formazione, e che si chiama Legionari di Cristo. Un Legionario di Cristo è Carlos Mora Reyes. Il fondatore è nato anche lui a Cotija. In una casa dal portone di legno che è stata oggi allargata e trasformata in centro di ritiro per le “donne consacrate” dei Legionari: che fanno promessa di povertà, castità e obbedienza, anche se non costituiscono, formalmente, un ordine di suore. Il suo nome diventerà celebre, anche tristemente, ma la sua storia non è banale: Marcial Maciel Degollado.