Karsh: "La pace è uno stato d'animo"
Un professore ci spiega perché la guerra arabo-ebraica è una guerra senza fine
“Il conflitto arabo-israeliano è stato reso inevitabile dagli stessi arabi, fin dall'inizio”, dice al Foglio il professor Efraim Karsh, direttore del Middle East and Mediterranean Studies Program presso il King's College di Londra. Autore di tredici libri, ha dedicato il suo ultimo saggio – Palestine Betrayed (Yale University Press) – alle relazioni arabo-ebraiche durante il mandato britannico (1920-1948). Perché è lì che si rintracciano le origini di una guerra senza fine.
“Il conflitto arabo-israeliano è stato reso inevitabile dagli stessi arabi, fin dall'inizio”, dice al Foglio il professor Efraim Karsh, direttore del Middle East and Mediterranean Studies Program presso il King's College di Londra. Autore di tredici libri, ha dedicato il suo ultimo saggio – Palestine Betrayed (Yale University Press) – alle relazioni arabo-ebraiche durante il mandato britannico (1920-1948). Perché è lì che si rintracciano le origini di una guerra senza fine: “Nel 1936 il Gran Mufti di Gerusalemme, Hajj Amin Hussein, diceva che ‘non c'è posto in Palestina per due razze' – nota Karsh – mentre un anno dopo l'ebreo Ben-Gurion spiegava che ‘non vogliamo e non abbiamo bisogno di cacciare via gli arabi e prendere il loro posto'”. Dichiarazioni che testimoniano un approccio opposto tra le due dirigenze: “La gente mi accusa di essere anti-palestinese, ma non è così – si lamenta Karsh – ho grande solidarietà per il palestinesi. Dico soltanto che avrebbero avuto un futuro migliore se i loro leader, i loro fratelli arabi e gli occupanti inglesi avessero veramente preso a cuore la loro situazione. Naturalmente c'erano molti arabi palestinesi pronti a collaborare e coesistere pacificamente con gli ebrei, ma i loro leader si rifiutarono di farlo”.
Per Karsh oggi sta accadendo la stessa cosa, a danno del processo di pace: “Persino nel giugno 2009, quando Netanyahu ha accettato di lavorare in prospettiva della nascita di uno stato palestinese arabo, inimicandosi il suo partito, il mondo arabo ha reagito con un'esplosione di rabbia”.
Un gioco a cui spesso si prestano stati terzi, come nel caso dell'espulsione dal Regno Unito di un diplomatico israeliano che avrebbe procurato i falsi passaporti britannici usati nell'assassinio del leader di Hamas Mahmoud al-Mahbouh, a Dubai. Una mossa ipocrita, dice Karsh, perché “per i servizi segreti, anche per quelli inglesi, è cosa comune falsificare passaporti”. Un caso che, ironia della sorte, aveva visto su posizioni anti-israeliane l'allora ministro Milliband, “che non soltanto è ebreo ma ha persino dei familiari residenti in Israele”.
Le pressioni diplomatiche, dice Karsh, dimenticano che il punto essenziale è che gli arabi non hanno accettato l'ipotesi di una convivenza pacifica con Israele: “Obama e la comunità internazionale oggi hanno costantemente sulla bocca la parola ‘insediamenti'. Vorrei ricordare che quando ha fatto la pace con l'Egitto, Israele si è ritirato dai territori occupati, smantellando gli insediamenti persino a Gaza. Ma se c'è la pace, perché gli ebrei non possono vivere in Palestina così come arabi possono vivere in Israele?”.
I negoziati indiretti tra Netanyahu e Abu Mazen erano terminati pochi giorni prima del drammatico epilogo del viaggio della flottiglia pacifista. C'erano stati dei segnali di distensione, tra cui la riapertura parziale ai palestinesi della route 443, l'autostrada che collega Gerusalemme a Tel Aviv. Il premier israeliano stava per visitare Washington, seguito a pochi giorni di distanza dal presidente palestinese Abu Mazen, e si aspettavano annunci positivi. Ora la diplomazia dell'Amministrazione Obama, che sembrava aver maturato un successo, si trova nuovamente in bilico. La soluzione sembra più che mai lontana, ma Karsh, con il suo saggio, ricorda che una via d'uscita è possibile: “Se gli arabi e gli ebrei fossero pronti ad accettare i reciproci diritti alla coesistenza pacifica, ci si potrebbe riuscire.
Gli ebrei, così come la maggior parte dei palestinesi, hanno realmente accettato quest'idea, ma i leader palestinesi, e anche molti altri leader arabi, invece no. Questo ha causato per troppo tempo enormi danni al proprio popolo e la strada per la pace si è fatta più ardua”. Citando Spinoza, Karsh ricorda che “la pace non è semplicemente l'assenza della guerra, ma piuttosto uno stato d'animo: una disposizione alla benevolenza, alla fiducia e alla giustizia”. E aggiunge, sospirando: “Questo è completamente mancato nei leader arabi e palestinesi. Abbiamo bisogno è un ‘Ben-Gurion palestinese', un uomo che abbia realmente a cuore il benessere del proprio popolo”.
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