“Si prepara una spallata sullo sfondo della sentenza Dell'Utri”

Perché non reagiscono?

Salvatore Merlo

“Berlusconi considera la faccenda una tale follia che finisce soltanto con il sorriderne. Al massimo fa spallucce. Ma la questione se non ‘seria', è quantomeno ‘grave'. Insomma, si può impunemente sostenere che il presidente del Consiglio, leader del maggiore partito italiano, sia stato sostanzialmente colluso con la stagione delle stragi mafiose?”.

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    “Berlusconi considera la faccenda una tale follia che finisce soltanto con il sorriderne. Al massimo fa spallucce. Ma la questione se non ‘seria', è quantomeno ‘grave'. Insomma, si può impunemente sostenere che il presidente del Consiglio, leader del maggiore partito italiano, sia stato sostanzialmente colluso con la stagione delle stragi mafiose? E lo si può dire senza portare uno straccio di prova, e senza che tali affermazioni implichino poi nessun genere di conseguenza o di sanzione?”. Dice così al Foglio Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera, l'unico esponente del centrodestra, assieme al proprio collega ex di FI Gaetano Quagliariello, che abbia sollevato la questione (“poco avvertita nel nostro partito”) dopo le interviste di Repubblica al procuratore nazionale Antimafia Piero Grasso, seguite da quelle a Walter Veltroni, a Carlo Azeglio Ciampi, a Nicola Mancino.

    Il capo dell'Antimafia (Grasso), uno degli ex bracci destri di Achille Occhetto (Veltroni), assieme a quelli che ai tempi delle stragi furono rispettivamente ministro dell'Interno e presidente del Consiglio (Mancino e Ciampi), in questi giorni hanno in buona sostanza avallato le mezze ricostruzioni palermitane di Massimo Ciancimino, il figlio del sindaco mafioso di Palermo deceduto più di otto anni fa, che da circa un anno riferisce quanto il genitore gli avrebbe confessato intorno alla cosiddetta trattativa tra stato e mafia. Dice Quagliariello: “A sottovalutare questo crescendo rossiniano, cui Grasso ha dato la stura sui giornali, si fa un errore madornale. Nel Pdl manca ancora una reazione politica decisa, ma da parte mia farò tutto il possibile, proporrò anche una commissione d'inchiesta sul pentitismo se necessario. Quanto a Grasso, che pare essersi ravveduto oggi (ieri per chi legge) sulla Stampa, dico che ‘sbagliare è umano, perseverare è diabolico'”. Aggiunge Cicchitto: “Grasso ha corretto il tiro. Ha fatto un mezzo passo indietro, ma quelle accuse infamanti sono state riprese. E da chi poi? Da persone che negli anni di cui si parla ricoprivano fondamentali di governo.

    Ciampi e Mancino, ex primo ministro ed ex ministro dell'Interno, oggi si ricordano che nel '93 avevano paura di un golpe, e che fanno? Chiedono che sia Berlusconi a chiarire come andarono le cose. Ma chi credono di poter prendere in giro? Vogliono far passare l'idea che FI anziché nascere dal lavoro di Giuliano Urbani e Antonio Martino, dopo che Berlusconi aveva tentato di rilanciare Martinazzoli e Segni, sia invece stata concepita nella Sicilia profonda. Ma mi facciano il piacere!”.
    Anche uno come Fabio Granata, deputato finiano del Pdl, vicepresidente dell'Antimafia, amico di Grasso e della famiglia Borsellino, non crede alle ricostruzioni di Mancino e Ciampi: “Quanto a Mancino, proprio lui, farebbe meglio a tacere perché ricordiamo bene la sua opera”, dice. “Come usava dire Paolo Borsellino, Mancino ha perso per sempre il diritto a parlare. Vogliamo combattere la mafia? Ricostruire un periodo buio? D'accordo, ma non è con i ricordi postumi, con le ipotesi generiche o peggio con gli insulti che saremo in grado di dimostrare agli italiani, e ai familiari di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che lo stato fa sul serio”. C'è anche chi nel Pdl parla di una scandalosa strumentalizzazione politica che riguarda l'attesa sentenza a Palermo su Marcello Dell'Utri. Dice Quagliariello: “Si sta costruendo un clima propizio per dare una spallata al governo”. Aggiunge Cicchitto: “Se fosse tutta un'operazione mediatica per affondare il premier, sarebbe di una gravità inaudita”.

    Pare che Silvio Berlusconi, della sua presunta mafiosità, delle parole del pentito Spatuzza, delle ricostruzioni di Ciancimino, della sponda istituzionale offerta da Ciampi e da Mancino alla ricostruzione degli anni '92-'93 resa dai due pentiti, abbia fatto persino oggetto di battute e barzellette. “Non gliene importa nulla, ride molto di ricostruzioni che considera talmente assurde da non dover essere neanche prese un po' sul serio”, raccontano. L'attitudine del premier, che qualcuno dei suoi amici più veri definisce, con un sorriso di bonomia, “di una levità quasi irresponsabile”, è sostanzialmente condivisa dalla maggioranza del suo partito, il Pdl. Ovvero, chi volesse praticare un sondaggio tra i parlamentari della ex FI, scoprirebbe che sono pochi, se non pungolati, coloro i quali avvertono che ci sia qualcosa quantomeno di anomalo nella meccanica secondo cui sui quotidiani sia lecito scagliare accuse infamanti di connivenza con la strategia mafiosa delle stragi senza prove e senza che ciò desti alcun genere di reazione.

    Fosse vero, il premier dovrebbe dimettersi e forse lo si dovrebbe perseguire in tribunale. Ma se non è vero? E' possibile scagliare irresponsabilmente insinuazioni di una tale gravità senza poi sentire la necessità di spiegare, di precisare, di provare quanto detto? “Veltroni, Mancino e Ciampi dovrebbero spiegarci tutto quello che sanno e farlo anche subito. Altrimenti sono soltanto calunnie”, risponde Gaetano Quagliariello, che aggiunge: “Dal doppio stato all'anti-stato, per loro, c'è sempre uno strato più profondo responsabile del destino cinico e baro che porta la sinistra alla sconfitta”. Quanto alla ragione per la quale “le calunnie” non destano né sorpresa né alcun tipo di sanzione sociale, tra i tanti parlamentari del Pdl che il Foglio ha raggiunto, l'ex radicale Benedetto Della Vedova, deputato finiano, offre una risposta che fa riflettere: “Ci siamo abituati a tutto. L'opinione pubblica si è assuefatta a sentir dire qualsiasi cosa e nulla più genera meraviglia. Neanche le ricostruzioni più paradossali intorno a una pagina serissima della nostra storia recente”.
    “Dice un altro parlamentare finiano, Carmelo Briguglio, membro del Copasir, il comitato che vigila sui servizi segreti: “Al Copasir di queste cose non se n'è mai parlato, e la cosa dovrebbe dirla lunga sull'attendibilità di tutte queste inquietanti ricostruzioni. Forse non è un male sottovalutarle, potrebbe anche essere una reazione positiva di fronte a fantasie che non stanno né in cielo né in terra.

    In gioco c'è più di un governo o della figura del premier. Walter Veltroni, per esempio, dovrebbe stare attento a quello che dice, specie se si riferisce a un uomo, Berlusconi, con il quale lui stesso ha trattato a lungo, anche sul bipartitismo. Voglio dire che a gettare fango nel ventilatore si finisce col delegittimare tutta questa povera Repubblica. Tanto più se nelle storie che ci vengono raccontate, anche sui giornali, chiunque riconosce errori e inesattezze financo nelle date. Ho molto rispetto per Carlo Azeglio Ciampi, ma nella sua intervista confondeva Capaci e via d'Amelio con le bombe a Milano e Firenze. Sarebbe sulla base di queste vivide memorie ritrovate che dovremmo prendere tutto sul serio?”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.