Dopo lo schiaffo di Vienna

Silenzio sulla lettera del Papa a Schönborn. Parla il vescovo Küng

Paolo Rodari

Dopo lo “schiaffo di Vienna” le cronache parlano di una lettera privata del Papa inviata al cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo della capitale austriaca. Una lettera che in Vaticano alcuni reputano “inverosimile”, in attesa di smentite ufficiali che non arrivano. La lettera sarebbe un segnale dell'attenzione che il Papa riserva alla chiesa d'Austria in un momento difficile.

    Dopo lo “schiaffo di Vienna” le cronache parlano di una lettera privata del Papa inviata al cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo della capitale austriaca. Una lettera che in Vaticano alcuni reputano “inverosimile”, in attesa di smentite ufficiali che non arrivano. La lettera sarebbe un segnale dell'attenzione che il Papa riserva alla chiesa d'Austria in un momento difficile. Non tutti i vescovi si muovono in linea con Roma. Parte dell'episcopato chiede a Roma riforme e ripensamenti su temi delicati come l'obbligo del celibato sacerdotale, il governo della chiesa, i temi bioetici.

    Non così Klaus Küng, vescovo di Sankt Pölten,
    membro dell'Opus Dei, responsabile di famiglia e bioetica per la conferenza episcopale austriaca. E' Küng a dire al Foglio che “non è la prima volta, e non sarà l'ultima, che nella storia della chiesa capita che vi sia chi crede che l'unica soluzione della crisi sia il cambiamento della struttura, l'abolizione del celibato e richieste di questo tenore. Certo, sono richieste che hanno motivazioni molto umane: il celibato, ad esempio, sembra un obbligo troppo esigente per il ‘mondo moderno'. C'è, inoltre, una forte mancanza di preti. Per cui molti si chiedono: perché non abbassare il ‘livello di accesso' al sacerdozio? Ma occorre subito domandarsi: in questo modo i problemi finiscono? Credo di no. Ho appena terminato di rileggere il capitolo sulla storia della mia diocesi che tratta della ‘Controriforma': circa nel 1560, il 60 per cento delle parrocchie era senza sacerdote, la maggioranza dei preti viveva in concubinato più o meno accettato dall'autorità ecclesiale, i monasteri chiudevano le proprie porte uno dopo l'altro, i 4/5 della popolazione e il 100 per cento dell'aristocrazia era diventato protestante… sembrava la fine della chiesa cattolica nella regione”.

    E come ha reagito la chiesa?
    “Con l'abolizione delle strutture e con l'accettazione del ‘non-celibato'? No. Semplicemente formando dei nuovi preti ardenti nel celibato in un piccolo seminario di Vienna. Riconquistando il terreno parrocchia per parrocchia. Questi preti attiravano i fedeli per la loro disponibilità al Signore, e la cosa la percepivano anche i fedeli. La chiesa reagì anche creando centri attraenti di spiritualità: i grandi monasteri della regione si ripopolavano. A poco a poco l'Austria è ritornata a essere il paese cattolico che ancora è. In qualche modo mi sembra una possibilità ancora oggi percorribile. Penso che il celibato come condizione per il sacerdozio sarà sempre un forte segno di contraddizione. Un segno importantissimo anche per il nostro tempo”.

    Quanto alla collegialità?
    “Sono contento che in questi tempi molto insicuri, scossi da media sempre più aggressivi verso la chiesa in vari paesi e anche da incertezze per il sorgere di problemi nuovi, l'episcopato mondiale abbia un vero ‘Pietro', una roccia sulla quale appoggiarsi, appunto il nostro Benedetto XVI. Se c'è una cosa che ci ha insegnato il ‘Kulturkampf' in Germania, è che i vescovi e anche le conferenze episcopali sono sotto una forte pressione da parte dello stato e dei media. Ma per fortuna abbiamo un punto di riferimento forte a Roma”.

    Küng, come ogni vescovo del suo paese,
    ha seguito le ultime polemiche tra Schönborn e Sodano in merito al “caso Groër”. La linea di Schönborn è la stessa di Ratzinger in merito? “Sono domande difficili. Non posso dire se il Papa e il cardinale Schönborn hanno la stessa linea in merito. Nemmeno è facile riuscire a trovare una soluzione definitiva su una materia così complessa. Ma sarebbe importante arrivare a una conclusione. Il caso Groër è stato tragico e credo che non serva soffermarvisi oltre. Forse in questo caso sarebbe stato più opportuno pubblicare i risultati della visita canonica fatta dopo le accuse a Groër al monastero di Göttweig – Groër fu monaco di Göttweig e quasi tutte le accuse provenivano da lì, ndr - ma non ho abbastanza elementi per giudicare su questo”.

    Schönborn ha recentemente annunciato una commissione che si occupa dei divorziati risposati. Perché questa commissione? Risponde Küng: “Il tema dei divorziati risposati interessa molti fedeli in Austria. Anche a me è stato chiesto di far parte di questa commissione. Già anni fa abbiamo fatto un lungo studio in merito e i risultati sono stati sottoposti alla Congregazione per la dottrina della fede. Perché oggi questa nuova iniziativa? Da una parte l'insegnamento della chiesa in questo settore è molto chiaro e non possiamo cambiare la dottrina. Né possiamo cambiare la prassi della chiesa universale, ma forse possiamo migliorare la formazione di quelli che lavorano in questo campo e dare nuovi orientamenti per aiutare i fedeli in situazioni irregolari”. Un'altra commissione è stata istituita con l'incarico di seguire le vittime della pedofilia nel clero ed è stata affidata alle donne. “Prima la diocesi voleva chiedere a un uomo, un giudice di grande prestigio, ma lui non ha accettato per motivi di salute. Poi abbiamo domandato a Waltraud Klasnic, una ex-politica cattolica che conosco personalmente. E' possibile che le vittime, essendo state abusate da un prete, non vogliano parlare di questi temi con un sacerdote, o con qualcuno ‘vicino alla chiesa'. Penso quindi che questa commissione sia utile”. Recentemente Schönborn ha pregato in chiesa con al suo fianco i leader austriaci del movimento Noi siamo chiesa. Reputa questo gesto giusto? “Ero preoccupato per l'opportunità di questa iniziativa. Non ero sicuro che fosse opportuna. Ma poi secondo quanto hanno raccontato diversi testimoni la liturgia è stata degna e commovente. I commenti dei media poi sono stati molto positivi”.

    L'episcopato austriaco sembra poco in linea con l'attuale Pontificato… “Non mi sembra giusto dire questo. E' vero, ci sono alcune difficoltà: specialmente a riguardo dell'Humanae Vitae. Fino a oggi non siamo riusciti a esporre il tema con la necessaria chiarezza. In Austria abbiamo alcuni problemi circa la prassi sacramentale (diminuzione della confessione, abusi liturgici, in alcuni posti prediche di laici, benedizione di coppie di divorziati risposati), e anche riguardo alla catechesi. Sono i problemi dell'Europa centrale. I vescovi austriaci vogliono essere fedeli alla dottrina, ma non è facile risolvere la situazione, e nelle ultime settimane, sotto una pressione crescente, alcuni hanno fatto qualche accenno problematico”.