Alfano: "Quello dei magistrati è uno sciopero politico"

Fini gioca a scacchi per imporre un negoziato vero al Cav., ma alla Camera gli scappano i finiani

Salvatore Merlo

Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, a Lussemburgo per il consiglio giustizia, ha detto: "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, pero' mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perché su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto''.

    Il ministro della Giustizia Angelino Alfano, a Lussemburgo per il consiglio giustizia, ha detto: "Lo sciopero dei magistrati è uno sciopero politico, il governo chiede ai magistrati un sacrificio così come lo chiede alle altre componenti del Paese, pero' mi batterò e mi impegnerò a fianco dei giovani magistrati perché su questo aspetto si chiede un costo individuale troppo alto''.

    Almeno sulle intercettazioni, com'era nell'aria da giorni, tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini l'accordo sembra chiuso. Complice non poco la sponda istituzionale del capo dello stato, ieri, in un vertice al Senato, la maggioranza ha concordato nuovi emendamenti che corrispondono in parte sia ai rilievi di Fini, sia agli auspici manifestati dal Quirinale. Tra i cofondatori del Pdl non è certo pace, ma per il momento la tregua regge nonostante gli umori neri del Cav. stimolati da una serie di errori tattici dell'area finiana; sbavature che i mediatori di ambo le parti non hanno mancato di rilevare nelle ultime ore. Fini da alcune settimane gioca a scacchi, osservato attentamente da Gianni Letta, per imporre a un Berlusconi sfuggente un negoziato serio sull'organizzazione del Pdl.

    In molti della ex FI, al netto dei colonnelli e forse dello stesso premier, ritengono sia necessario trattare e persino concedere: “Fini vuole un riconoscimento e un pezzo del partito? Glielo si può anche dare, purché avvenga un chiarimento duraturo”. L'appunto che i diplomatici berlusconiani (Letta, Denis Verdini, Fabrizio Cicchitto) rivolgono all'ex leader di An riguarda le manovre “scomposte e irritanti”, in particolare negli ultimi due giorni, dei finiani alla Camera: prima la richiesta di un governo Berlusconi bis apparsa sul sito finiano di Generazione Italia, poi le polemiche troppo puntute su legalità e segreto di stato precipitate proprio quando si cercava un accordo delicatissimo da rifinire con flemma certosina. Suggerimento: “Fini deve stare attento agli emuli di Leoluca Orlando e giocare con costanza la sua partita”. Si tratta di osservazioni condivise anche all'interno del variegato arcipelago dell'ex leader di An, per esempio tra i finiani del Senato e forse anche dal ministro Andrea Ronchi, da tempo impegnato a cucire una trama di pace. Lo stesso Fini, che ieri ha visto dopo pranzo Andrea Augello e Italo Bocchino, pare abbia suggerito più cautela.

    Mercoledì sera, a Palazzo Grazioli, di fronte allo stato maggiore del Pdl, Berlusconi, un po' innervosito dai movimenti finiani a Montecitorio, è tornato a suggerire l'idea di un futuribile allargamento della maggioranza a Pier Ferdinando Casini: ottenuto il voto dell'Udc sulla manovra – ammesso che i centristi siano davvero interessati – qualcuno nel Pdl potrebbe poi affermare, il giorno dopo, che “di fatto esiste una nuova maggioranza”. Si tratta di un ragionamento già noto, l'unica novità è che il Cav., in questo più assecondato dagli ex An che dagli ex FI, è tornato a proporlo in chiave antifiniana dopo che, al contrario, il progetto era stato riconvertito a una strategia di allargamento da accompagnare anche alla pace con Fini e dunque al ricompattamento del Pdl.

    E' però difficile distinguere gli umori del momento dalle reali intenzioni del premier. E' sicuro, tuttavia, che circa tre settimane fa il Cav. avesse autorizzato Gianni Letta a condurre, sebbene in assoluta autonomia (“fate voi, non ne voglio sapere nulla”), un primo negoziato interlocutorio con Fini; una trattativa arrivata a buon punto ma che in pochi giorni, questa settimana, per effetto delle tensioni sulle intercettazioni e di una campagna di comunicazione finiana non ben orchestrata, ha parzialmente vanificato i risultati. Attorno al premier ci sono infatti due tipi di consiglieri, quelli della pace e quelli che, al contrario, fanno spirare venti di guerra perché da un accordo che ridefinisse percentuali e organigrammi nel Pdl avrebbero da perdere molto. Questo secondo tipo di suggeritori ha gioco facile quando, come in questi ultimi giorni, i manipoli finiani recitano il copione sbagliato al momento sbagliato alimentando così sospetti e retropensieri. Il banco di prova più immediato restano le intercettazioni, i berlusconiani interpretano una linea chiara che discende direttamente da Palazzo Grazioli: “Le modifiche le abbiamo fatte e siamo disponibili a discutere, come voleva anche Napolitano. Ora la palla torna nel campo di Fini. Vedremo se è sincero”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.