Libertà di tono

Qualcuno a sinistra pensa, non importa essere d'accordo (ma è bello riconoscerlo)

Giuliano Ferrara

Tutto quello che riguarda Roberto Saviano fa struggere l'anima di noia profonda, abissale. Il ragazzo è d'oro, il romanziere docufictional è buonino (con un sospetto di Liala, direbbero i reduci del gruppo '63); il bersaglio delle minacce chiama ovvia solidarietà ed esige protezione, l'ospite televisivo è furbo, il poeta civile postpasoliniano è perfetto per la sinistra sentimentale, il poundiano va bene per la destra languida: per il resto non si era mai vista un'icona così male abborracciata.

    Tutto quello che riguarda Roberto Saviano fa struggere l'anima di noia profonda, abissale. Il ragazzo è d'oro, il romanziere docufictional è buonino (con un sospetto di Liala, direbbero i reduci del gruppo '63); il bersaglio delle minacce chiama ovvia solidarietà ed esige protezione, l'ospite televisivo è furbo, il poeta civile postpasoliniano è perfetto per la sinistra sentimentale, il poundiano va bene per la destra languida: per il resto non si era mai vista un'icona così male abborracciata, un'operazione stampa & tv così artificiale e insincera di sfruttamento politico a freddo della letteratura di massa, una spietata macchina schiacciasassi capace di avvilire le migliori intenzioni e i migliori risultati di un giovane di successo trasformato in celebrity petulante, in banale testimonial della legalità, in ricatto morale melodrammatico rivolto a chiunque non sia in immediato pericolo di vita, insomma in patologia da Nobel – la più grave malattia che possa contrarre, se gli venga comminato il premio, una persona seria.

    Con qualche ripensamento, molte esitazioni, ironia bonaria e poca voglia di ripetere il già biascicato, di infiltrarsi nella chiacchiera, noi queste cose più o meno le abbiamo osservate e riferite da tempo, ciò che in fondo è il mestieraccio di un quotidiano impertinente. Sembrava impossibile un seguito decente, irridente ma non sprezzante. Anzi, era partita anche a destra la lotta di egemonia per accaparrarsi il nulla, quel che resta di uno scrittore quando si sia tacitata con l'affabulazione la sua scrittura. E a sinistra il savianismo – giovane promessa e venerato maestro, senza neppure passare per il solito stronzo – era abito di rigore, protocollo cravatta nera senza eccezioni, pena l'esclusione dalla festa. Invece il seguito è arrivato da dove meno ce lo si sarebbe aspettato.

    Alessandro Dal Lago è un sociologo della cultura, il che sarebbe di per sé una funzione pubblica piuttosto disdicevole, ma per sua fortuna è una persona intelligente, ricca di quel bene inestimabile che è la libertà di tono. Il suo pamphlet sulla mediocrità della koynè dominante che ha imposto il savianismo coatto alla sinistra e alla destra è incantevole, bene argomentato, irrefutabile se non con cattivi argomenti ad hominem. Dal Lago parte da una pazzia, la necessità di attenersi a una sana lotta di classe; è un marxista corretto da Foucault e Barthes che scrive ancora “in ultima istanza”, come si faceva un tempo su Rassegna sovietica. Ma è perfetta la sua decrittazione del fenomeno Gomorra come diversivo “eroico” per clan politico-intellettuali in cerca di nuove identità. C'è in quelle pagine la nemesi dello snobismo povero e cosmopolita del Manifesto (l'editore del libello) che prende le misure al provincialismo opulento di Repubblica.

    C'è la sprezzatura di chi considera insieme invasivo,
    chiassoso e opportunista il percorso lirizzante del grido, della coscienza protetta dallo scudo omnibus della legalità, indifferente alle vere pene del mondo reale e alle gioie di quell'altro possibile. Di questo pamphlet un fascista di riporto e un venduto come me non può amare i richiami alla purezza della lotta sociale diffusa e dell'antagonismo politico, che del savianismo professionale oggi in voga sono la negazione militante, ma il tocco critico, il riconoscimento autentico di valore e disvalore, il gusto, la cosiddetta decostruzione, quello sì che mi piace e sinceramente mi eccita. A sinistra c'è gente (domani ne racconteremo un altro, di intellettuale libero) che pensa, che sa riconoscere la psicologia del noir da Krakauer a Sciascia, che sa distinguere in libertà i blockbuster dai grandi romanzi, Moccia e Saviano da Victor Hugo. E sa farlo con durezza e flessibilità mentale, con ragioni che sono relitti alla deriva, tuttavia libere nell'ordito e nell'intonazione. Bisogna riconoscere gente simile. Smack.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.