Il caso siciliano spiega che cosa c'è dopo il Partito democratico (vi dice qualcosa la Quercia?)

Claudio Cerasa

Le interessantissime elezioni siciliane, trascurate va detto in modo indegno dalla grande stampa italiana, presentano un interessantissimo spunto di riflessione che forse chiarisce una volta per tutto il delizioso stato di salute del maggior partito dell'opposizione. In Sicilia, ve ne sarete accorti, il Pd negli ultimi mesi non ha trovato meglio da fare che frantumarsi in varie e allegre fazioni l'una in conflitto con l'altra.

    Le interessantissime elezioni siciliane, trascurate va detto in modo indegno dalla grande stampa italiana, presentano un interessantissimo spunto di riflessione che forse chiarisce una volta per tutto il delizioso stato di salute del maggior partito dell'opposizione. In Sicilia, ve ne sarete accorti, il Pd negli ultimi mesi non ha trovato meglio da fare che frantumarsi in varie e allegre fazioni l'una in conflitto con l'altra (c'è chi appoggia Lombardo, chi si sente più vicino all'Udc, chi non capisce come non si possa essere alleati dei finiani e chi sta così bene da solo da non avere alcuna esigenza di doversi avvicinare a qualcun altro) ed è da tempo che si discute in modo appassionato se il Pd siciliano debba allearsi in modo definitivo con Lombardo (e con i finiani) per spaccare in due il Pdl e garantirsi qualche annetto di non totale irrilevanza, oppure (non sia mai) costruire all'opposizione le condizioni per poter creare una valida alternativa al governo regionale.

    Qualcuno si è persino spinto a dire che la Sicilia potrebbe essere un laboratorio utile a definire i futuri equilibri del centrosinistra ma a giudicare da quello che è successo in uno dei comuni chiamati al voto nell'ultimo weekend questo futuro non sembra essere troppo incoraggiante. Prendete il caso di Gela, per esempio. Qui, per capirci, le primarie convocate dal Pd per scegliere il suo candidato alle elezioni hanno visto trionfare Angelo Fasulo, che per soli 27 voti ha battuto il suo rivale Lillo Speziale. Imbufalito per la sconfitta di misura, Speziale ha fatto ricorso immediato alla Commissione provinciale di garanzia del Partito democratico da lui stesso presieduta e dopo una breve consultazione con gli organi della commissione si è auto assegnato la vittoria alle primarie. Vittoria che poi sarà contestata da Fasulo che ricorrerà agli organi di garanzia regionale e si vedrà assegnare la vittoria.

    Risultato? Speziale decide ugualmente di candidarsi
    alle elezioni contro Fasulo (quest'ultimo appoggiato nella sua campagna elettorale dal Pd e dall'Mpa) e si fa candidare in una lista civica sostenuta dall'Udc e da una parte del Pd. Alla fine, i due andranno al ballottaggio ma la cosa fantastica è che quella parte del Pd ribelle che ha deciso di sostenere il ribelle Speziale presentandosi alle elezioni ha tirato fuori un simbolo che in Italia non si vedeva dai tempi di Occhetto. Un simbolo che forse potrebbe piacere anche alla simpatica Debora Serracchiani, che ieri sul Post di Luca Sofri chiedeva che il Pd adottasse un nuovo simbolo. Chissà, magari anche la Debora pensava a una vecchia Quercia come questa.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.