Steve Jobs ha ragione, anzi no
Steve Jobs sta conquistando il mondo con la sua tavoletta iPad, ma attorno a lui continua il dibattito soprattutto sulle parole pronunciate due giorni fa contro i blogger, a favore delle notizie a pagamento e di critica a Google. Dopo avere dato la parola ad alcuni blogger italiani, il Foglio.it ha parlato con Daniele Bellasio, caporedattore del Sole 24 Ore on line e Luca Sofri, blogger e direttore del Post. Ecco che cosa ne è uscito.
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Steve Jobs sta conquistando il mondo con la sua tavoletta iPad, ma attorno a lui continua il dibattito soprattutto sulle parole pronunciate due giorni fa contro i blogger (“Non voglio che ci trasformiamo in una nazione di blogger”), a favore delle notizie a pagamento (“Credo che abbiamo bisogno di controllo editoriale oggi più che mai. Qualsiasi cosa possiamo fare per aiutare i giornali a trovare nuove forme di espressione che li aiuterà ad essere pagati, sono a favore”) e di critica a Google (Jobs ha ammesso che “le relazioni con il gruppo di Mountain View sono cambiate quando Google ''ha deciso di mettersi in concorrenza con noi'').
Il mondo di chi fa informazione in rete, intanto, si interroga sul futuro dell'informazione on line. Daniele Bellasio è il caporedattore del sole24ore.com, il sito del quotidiano di Confindustria che da poco ha fatto alle sue pagine on line un restyling importante. Spiega l'evoluzione del Web come la costruzione di una città: “Ci sono stati circa dieci anni di costruzione – dice al Foglio.it – Ora questa fase è finita e, chiusi i cantieri, finalmente entrano gli individui. Nella città ciascuno porta se stesso, i propri interessi, dalla voglia di news alla necessità di cazzeggiare al desiderio di seguire le proprie passioni”. Per questo, dice, “quello che siamo disposti a pagare nella vita reale saremo disposti a pagarlo anche in quella virtuale”. Ecco perché ha ragione Jobs: “Il problema non è il mezzo, ma il contenuto, su cui noi giornalisti dobbiamo scommettere”. Un ritorno alle origini per gli editori, in poche parole, che dovranno preoccuparsi di quali contenuti veicolare sui diversi mezzi che ormai la tecnologia mette a disposizione”. Le nuove tecnologie aiutano a fare meglio il proprio lavoro, insomma.
Ma questo è un momento di transizione, “e forse una ricetta giusta non c'è – prosegue Bellasio – Sta ai diversi giornali capire cosa i propri lettori saranno disposti a pagare e cosa no”. Bellasio ha anche un blog, Danton, e da parte in causa si dice convinto che “mentre la città era in costruzione i blogger erano l'avanguardia” i primi a entrare in un territorio inesplorato. “Ora sono superati: tutti sono in rete, tutti sono su almeno un social network dove possono dire la loro, ogni articolo su Internet è commentabile”. I blogger devono capire che cosa vogliono diventare da grandi: “Quella di un blog non è vera e propria informazione, è più infotainment, ma credo sia un passaggio necessario per ogni giornalista della vecchia scuola che voglia aggiornarsi veramente”. Quale futuro per i blog: “In un mondo dell'informazione sempre più digitalizzato potrebbero diventare quello che le rubriche sono sui giornali: uno spazio in cui dire la propria idea, e tenere i contatti con i lettori. Non è un caso che i grandi giornali si stiano ‘comprando' i blogger migliori in circolazione”. Quindi Jobs ha ragione? “Se vince la sua visione – conclude Bellasio – noi sul Web nemmeno ci andremo più: con le giuste applicazioni faremo tutto quello che ci serve e leggeremo tutto quello che ci piace”.
Luca Sofri è tra i primi che in Italia hanno aperto un blog, Wittgenstein. Da qualche mese dirige il Post, caso quasi unico nel nostro paese di giornale on line. Sofri è molto critico con Steve Jobs: “Trovo sciocco generalizzare, parlare di ‘blogger' senza specificare. Non significa niente. Capisco la preoccupazione di Jobs, che appartiene a quel mondo di persone che, come lo stesso Obama, pensano che Internet serva a googleare il proprio nome per vedere cosa dicono di loro. E quindi si arrabbiano quando trovano delle critiche”. Sofri ribalta la domanda tanto in voga: “Non ci si dovrebbe chiedere perché Internet è così, ma perché la gente è così. Chi li ha educati? Internet, i blog, sono un mezzo. Se non frequenti i blog non trovi le cose che non ti piacciono”. Però ci si può finire per caso, e trovare spiacevoli sorprese. “Anche a me capita di salire sul tram con mia figlia e sentire dei ragazzi dire volgarità che sarebbe meglio che mia figlia non sentisse”. E certo la colpa non può essere data al tram.
“Credo che l'altissimo tasso di disabitudine a frequentare il mondo della rete faccia nascere certe critiche che sentiamo spesso. Se applicassimo la stessa asticella che certi vorrebbero applicare a ciò che si può vedere o no sul Web a tutto il resto dovremmo chiudere la tv”. E' un problema di scelta, insomma: “Tranne lo spam che ci ritroviamo nelle e-mail, tutto il resto su Internet si può scegliere”. Sul futuro a pagamento della Rete, Sofri non si sbilancia: “Non sono capace di immaginare cosa succederà. Negli ultimi cinque anni abbaimo avuto YouTube, Facebook, Twitter, Obama… chissà cosa succede da qui a cinque anni”. Intanto il Post è gratis: “Credo nel mercato e nella sua validità: adesso andiamo avanti free e con le pubblicità. Finché funziona”. Poi? “Sono pronto anche a cambiare, se serve”.
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