La fede cristiana martoriata è un segreto vincente o una resa alla storia?

Giuliano Ferrara

Caro Ippolito, la sua lettera mette a fuoco con sensibile intelligenza un grande problema, forse il grande problema, per chi come me, provvisoriamente escluso dalla dimensione di grazia e soprannaturale della fede, ha tuttavia considerazione, rispetto e amore per la fede degli altri. E ritiene impensabile un mondo occidentale, e forse in generale il mondo, senza il cristianesimo e senza la confessione cattolica e la sua chiesa.

Leggi l'editoriale di Giuliano Ferrara La chiesa dica che quel vescovo non è morto per accidente

    Al direttore - Ho letto il suo editoriale di oggi. Fermo restando che anch'io penso come lei che probabilmente monsignor Padovese sia stato ammazzato per motivi politici e non solo privati, e che è vero che vi è una campagna articolata e potente contro il cristianesimo cattolico in occidente e oltre, la quale include l'attacco concreto al sacerdozio e la tirannia secolarista; credo, tuttavia, che l'atteggiamento cristiano non possa seguire mai una logica puramente geopolitica, ancorata magari a una sacrosanta identità occidentale. Quando è avvenuto in passato, la Chiesa ha scelto male e ha pagato un duro prezzo per questo.
    Il Papa sta mostrando, viceversa, di considerare il soprannaturale qualcosa di reale, ossia di politicamente valido, soprattutto per leggere gli avvenimenti del mondo e per comprendere il male che subisce e che trova nella Chiesa. La questione non è se vinciamo o perdiamo contro l'Islam, ma se riusciamo o non riusciamo a essere ancora cristiani nel III millennio, vale a dire nella nostra vita. Benedetto XVI sta dicendo che si può. I musulmani si accolgono, infatti, non per pietà o per reciprocità. E tanto meno si ama e si perdona se stessi, prima ancora degli altri, per convenienza o interesse. E' la fede cristiana stessa che, in definitiva, impone interiormente e pubblicamente di accettare, perdonare e agire virtuosamente, anche quando non vi è nessuna motivata ragione umana e sentimentale per farlo. Il segreto di Ratzinger è la fedeltà e l'autenticità della sua fede, eroica, razionale e trionfante, anche quando non è politicamente in grado d'imporsi, ed è costretta all'umiliazione. La convinzione ultima è che così la Chiesa vincerà alla fine non solo in Cielo, ma anche sulla Terra.

    Benedetto Ippolito

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    Caro Ippolito, la sua lettera mette a fuoco con sensibile intelligenza un grande problema, forse il grande problema, per chi come me, provvisoriamente escluso dalla dimensione di grazia e soprannaturale della fede, ha tuttavia considerazione, rispetto e amore per la fede degli altri. E ritiene impensabile un mondo occidentale, e forse in generale il mondo, senza il cristianesimo e senza la confessione cattolica e la sua chiesa. Se la mia polemica e paradossale affettazione di “devozione” ha tanto irritato i più o meno autentici libertini del nostro tempo, è perché intuiscono, sia quei laicisti che sono fuori sia quelli che sono dentro le mura ecclesiastiche, che amare la chiesa e il Papa senza essere in comunione sacramentale con il popolo di Dio è uno scandalo, una ipoteca politica da religione civile e da chiesa costantiniana, cioè imperiale.

    Infatti i bravi cristiani perbene e di sinistra, pacifisti e pauperisti, dicono di amare Cristo, di onorare la libera coscienza, di innalzarsi spiritualmente ad altezze celestiali ineguagliabili, ma diffidano parecchio della funzione pubblica e mondana della chiesa, disprezzano spesso la gerarchia e la sua missione storica, hanno in uggia la “papolatria”. La loro linea teopolitica, e parlo dei vecchi nemici di Giovanni Paolo II e del cardinale Ratzinger, ora tentati da un improvviso sentimento d'amicizia per Benedetto XVI, commendevole ma non esente da ambiguità, è questa: il Vangelo basta, la fede è privata o comunionale nel senso extraistituzionale della comunione di popolo in Dio, è un fattore esistenziale decisivo ma mai un fatto pubblico e politico e culturale; e la ragione sia sottomessa allo spirito che liberamente va e viene, nel profondo delle coscienze, mentre la razionalità illuminista radicale può trionfare come selezione naturale casuale o tecnica e soggettivismo creativo nella civiltà, dove la raison strumentale non è che un benefico segno dei tempi.

    L'ultimo improvvisato amico del Papa, Giancarlo Zizola, ha commentato su Repubblica il viaggio a Cipro, e la presente situazione dopo l'assassinio rituale islamico di un vescovo martire, rovesciando in modo puerile il paradigma di Ratisbona: il mondo deve difendersi da chi crede nell'alleanza di fede e ragione, e nella loro reciproca autolimitazione, non dai decapitatori islamisti; il problema è la violenza degli integralisti cattolici e dello spirito di crociata, non il jihad assassino che ha inaugurato il XXI secolo; viva Ratzinger se la butterà sul “soprannaturale”, se farà molti mea culpa, ma non quelli profetici del guerriero Giovanni Paolo II, quelli tristi di un successore di Pietro che si rassegni all'irrilevanza, allo stato di minorità, alla testimonianza fragile, intimista, espiatoria di una chiesa in ritirata. Non sono convinto che Ratzinger abbia abbracciato questa visione irenista, che è la negazione di tutta la sua storia; tuttavia mi sono poco chiare le ragioni di alcuni dei suoi ultimi accenti, e della sua difficoltà a dare voce, oltre alla dolcezza della resa cristiana alla storia, a una linea di resistenza alle prepotenze secolariste e ai totalitarismi ideologici laicisti: vedo comunque a occhio nudo, e la sua lettera mi aiuta a “vedere”, che questa visione gli viene sempre più spesso attribuita dai suoi più o meno “veri” e più o meno “nuovi” amici.

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    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.