Sudafrica sotto scorta

Ai Mondiali schierati più militari che in Afghanistan

Fausto Biloslavo

Più che un campionato di calcio sembra una guerra, almeno sulla carta. Dalle minacce di al Qaida, ai complotti dei talebani somali, le forze di sicurezza sudafricane si sono preparate a tutto: attacchi nucleari, biologici e chimici. Se non bastasse la minaccia esterna esiste il timore che l'ala dura degli ultimi boeri colga l'occasione dei Mondiali per un attentato in ricordo dell'apartheid. Per non parlare della criminalità: il Sudafrica è il paese non in guerra più violento al mondo dopo la Colombia.

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    Più che un campionato di calcio sembra una guerra, almeno sulla carta. Dalle minacce di al Qaida, ai complotti dei talebani somali, le forze di sicurezza sudafricane si sono preparate a tutto: attacchi nucleari, biologici e chimici. Se non bastasse la minaccia esterna esiste il timore che l'ala dura degli ultimi boeri colga l'occasione dei Mondiali per un attentato in ricordo dell'apartheid. Per non parlare della criminalità: il Sudafrica è il paese non in guerra più violento al mondo dopo la Colombia. Gli scenari del piano sicurezza per i Mondiali sono da incubo, ma il capo della polizia locale, Bheki Cele, è convinto che tutto filerà liscio. “Nelle nove città che ospitano i Mondiali verranno dispiegati 46mila uomini” ha annunciato il generale. Diecimila militari controlleranno i punti d'ingresso: porti, aeroporti e 54 valichi di frontiera terrestri. Un contingente superiore a quello dei soldati della Nato in Afghanistan.

    I primi sintomi risalgono ad aprile, quando un sito jihadista annunciava sfracelli contro alcune nazionali, tra cui citava espressamente quella italiana. “Che sorpresa sarà quando in un incontro tra Stati Uniti e Inghilterra si sentirà in uno stadio pieno di spettatori il rumore di un'esplosione. E sul terreno ci saranno decine o centinaia di cadaveri”, avevano scritto. La partita d'esordio del girone C si giocherà proprio fra la nazionale Usa e quella inglese. Secondo gli adepti di al Qaida “tutte le macchine a raggi X che gli Stati Uniti manderanno dopo aver letto queste parole non serviranno a scoprire il modo con cui gli esplosivi entreranno negli stadi”.

    Le minacce del terrorismo islamico sono soprattutto propaganda, ma il pericolo non va preso sotto gamba. Il 17 maggio l'antiterrorismo iracheno ha annunciato di aver strappato una confessione ad Abdullah Azzam Saleh al Qahtani, ex ufficiale saudita diventato uno dei capi militari di al Qaida in Iraq. Il terrorista aveva pianificato un attentato alle nazionali danesi e olandesi in Sudafrica. La Danimarca è nel mirino fin dai tempi delle vignette su Maometto e in Olanda il partito anti Islam di Geert Wilders stava accumulando successi elettorali. Peccato che al Qaida non sia più quella dell'11 settembre. Poche ore dopo l'annuncio della confessione i terroristi si sono scatenati sul web per smentire il colpo grosso ai Mondiali. Lo stesso Qahtani, intervistato in carcere, ammetterà che il piano era pronto, ma non aveva ancora ottenuto il via libera del leader al Zawahiri.

    Una tempesta in un bicchier d'acqua? Non proprio. Carlo Biffani, direttore del Security consulting group, sostiene che “le minacce di al Qaida, anche se sbandierate ai quattro venti, non vanno sottovalutate. I Mondiali sono un enorme palcoscenico, come le Olimpiadi. Basta pensare alla presa di ostaggi israeliani di Monaco”. I segnali d'allarme concreti non sono mancati. Lo scorso settembre tutti gli uffici diplomatici americani in Sudafrica hanno chiuso per due giorni. I servizi segreti avevano intercettato delle telefonate fra una cellula dormiente a Città del Capo ed esponenti di spicco degli Shabab, costola somala di al Qaida. Le intercettazioni rivelavano che terroristi legati ad al Qaida si sarebbero mossi dal vicino Mozambico “per attaccare interessi americani in Sud Africa” nel 2010, per vendicare il leader Saleh Ali Saleh Nabhan, ucciso lo scorso anno in un blitz dei corpi speciali americani.

    Se ne parla poco, ma i servizi segreti temono di più il terrorismo interno. L'allarme rappresaglia si è aggravato il 3 aprile, quando due contadini di colore hanno assassinato Terre'blanche, il vetusto capo del Movimento di resistenza Afrikaner. Ai suoi funerali migliaia di bianchi, molti dei quali in mimetica, promettevano vendetta. L'ala dura dei boeri è una piccola minoranza, ma il “Boermag”, un nucleo militare e terroristico di estrema destra, non è mai stato completamente debellato. Dalle bombe di Soweto del 2002 i separatisti bianchi hanno sempre pianificato attacchi multipli, non sempre riusciti, grazie a un arsenale da migliaia di chili di esplosivo, molti dei quali ancora in giro. Durante i Mondiali un'azione dimostrativa, a favore dei compagni dietro le sbarre, fa parte degli scenari previsti.

    Se non bastasse il terrorismo, la media di omicidi in Sudafrica è di una cinquantina al giorno. Il rischio di venir assassinati è 12 volte più elevato che in America e 50 volte più alto che in Europa. Anche se la polizia sudafricana ha annunciato che in vista dei Mondiali rapine, furti e aggressioni sono diminuiti del 30 per cento.
    Chi ha già acquistato un biglietto per il paese arcobaleno deve stare attento soprattutto sulla strada che parte dall'aeroporto di Johannesburg, tragitto prediletto per le imboscate dei rapinatori. Non sarà un caso che la G4S, una delle società inglesi di sicurezza più famose al mondo, ha declinato l'offerta per i Mondiali di calcio.

    Non è un caso se i sudafricani hanno creato un'unità speciale di 200 uomini, super addestrati, per intervenire in caso di presa di ostaggi o attacco kamikaze. Ogni paese delle 31 squadre ospiti invierà otto esperti della sicurezza, che collaboreranno con le autorità locali. Oltre a scorte ravvicinate per le nazionali più a rischio. Negli ultimi cinque anni il Sud Africa ha aumentato i suoi uomini a 192 mila unità, con l'obiettivo di impiegarne un quarto nei Mondiali. Lo scambio di intelligence sul possibile arrivo di ospiti indesiderati –ultrà, attivisti di vario genere o sospetti terroristi – permetterà ai sudafricani di individuarli alle frontiere. I militari controlleranno le infrastrutture sensibili e i porti, per evitare sbarchi dal mare, come avvenne a Mumbai.

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