Due libri da non perdere prima di spaparanzarsi a guardare i Mondiali
"Non seguo il calcio, guardo solo i Mondiali”. Ogni quattro anni orde di donne e appassionati di altri sport, che ancora cercano di capire come funziona il fuorigioco o sbadigliano appena fidanzati o amici davanti a una birra intavolano discussioni a rischio rissa sul gol annullato al 93' per una trattenuta ininfluente sul difensore, entrano loro malgrado in quella grande macchina che è il Mondiale di calcio. Improvvisamente si è molto patriottici, si simpatizza per quell'antipatico di Lippi.
"Non seguo il calcio, guardo solo i Mondiali”. Ogni quattro anni orde di donne e appassionati di altri sport, che ancora cercano di capire come funziona il fuorigioco o sbadigliano appena fidanzati o amici davanti a una birra intavolano discussioni a rischio rissa sul gol annullato al 93' per una trattenuta ininfluente sul difensore, entrano loro malgrado in quella grande macchina che è il Mondiale di calcio. Improvvisamente si è molto patriottici, si simpatizza per quell'antipatico di Lippi, si dice scaramanticamente cha “tanto il Paraguay ci batterà”, che “se segna quel gobbo di Camoranesi io non esulto” e se poi per caso si vince ci si tuffa nella fontana in piazza in preda a folle ebbrezza di gioia. Tutti nella loro vita hanno guardato i Mondiali. Magari non ci si ricorda chi c'era al governo nel 1994 (be', questo è facile) ma tutti si ricordano il rigore di Baggio calciato in curva. Se è vero che poche cose assomigliano a una religione come il calcio, la Coppa del mondo è la sua Messa solenne: una liturgia fatta di parole e oggetti che abbiamo recitato mille volte ma che ogni volta è come se fosse la prima.
Ecco perché non si possono affrontare i Mondiali in Sudafrica senza leggere due libri appena usciti: il primo è stato scritto da Gino Cervi e Antonio Gurrado, è edito da Bolis e si intitola “Mondiali dal 1930 a oggi. La Coppa del Mondo e i suoi oggetti di culto”. L'introduzione è di Beppe Bergomi, che sull'argomento qualcosa da dire ce l'ha. E' un viaggio appassionato tra epoche oggi lontane, lontanissime tra loro: nelle scarpette di José Nasazzi del 1930 e quelle di Marco Materazzi del 2006 c'è tutto. Si sorride, sfogliando il volume, nel vedere le schede telefoniche dedicate agli Azzurri di Italia 90 o nel notare quanto fosse piccola la Coppa Rimet, antesignana della Coppa del mondo, ci si emoziona vedendo il biglietto della semifinale del 1970 in Messico (Italia-Germania 4-3), si piange guardando lo scatto che immortala il rigore decisivo di Maradona a Napoli, la palla a sinistra e Zenga a destra. Cervi e Gurrado raccontano tutte le edizioni dei Mondiali accompagnando il lettore con istantanee di pruriginose magliette di cotone e lana, biglietti introvabili spiegazzati, manifesti ormai divenuti culto, gagliardetti, palloni firmati, vignette e pubblicità dell'epoca. Ogni immagine è un ricordo, ogni ricordo è la scusa per parlare di quella partita, quel gol, quella volta che. La maglia nera (fascista) di Meazza nel 1938, la scarpa con cui Zidane il 12 luglio 1998 diede l'assalto alla Bastiglia brasiliana, l'annullo postale dei Mondiali giocati in Svezia nel 1958. Poche cose come il calcio raccontano la storia.
L'altro libro che non potete non leggere è “Il secolo azzurro” di Carlo Chiesa e Lamberto Bertozzi, edito da Minerva. Questo è impossibile da leggere tutto prima di oggi pomeriggio (quando Sudafrica-Messico darà il via al torneo), ma può essere un utile riempitivo in attesa delle prossima partita: in 440 paginone ben rilegate c'è tutto quello che dovete sapere sulla Nazionale di calcio che proprio nel 2010 compie cento anni (questo lo sapevate?). Un lavoro incredibile, quello degli autori. All'inizio del pesante volume ci sono i tabellini di tutte le partite giocate dagli Azzurri, da Italia-Francia 6-2 del 15 maggio 1910 a Italia-Camerun 0-0 del 3 marzo di quest'anno. Raccontato con parole e grandi foto, il cammino della Nazionale è poi sviscerato come in un'enciclpedia: dalla A di Abate (un frate che secondo la leggenda sedeva sulla panchina della Svizzera in un 2-2 contro l'Italia negli anni Venti) alla Z di Dino Zoff, Gianfranco Zola e Enea Zuffi (attaccante con 2 presenze negli anni Dieci).
Ci sono tutti, anche chi, come Antonino Asta o Damiano Zenoni, ha giocato solo un tempo in un'amichevole. Quasi una città intera da conoscere, con schede tecniche ricche di aneddotiche anche i più esperti faticheranno a ricordare. Tantissime curiosità, come il boicottaggio dei giocatori di Genoa e Bologna che causò una sconfitta per 7-1 contro l'Ungheria o l'esordio “in incognito” di Enzo Bearzot sulla panchina azzurra. Non ci sono soltanto i giocatori: attorno alla Nazionale da sempre gira un mondo di allenatori, dirigenti, radio e telecronisti. Non ne manca nemmeno uno. Si potrebbe stare a consultare questo volume per ore, giorni, forse anni.
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