Atti osceni e illiberali

Giuliano Ferrara

I giornali e i cidierre e la bella gente che fa “resistenza civile” non si rendono  nemmeno più conto dei loro atti osceni in luogo pubblico contro la libertà della vita privata. La campagna contro il bavaglio ha toni surreali e si dirige sicura contro la libertà individuale. E' il trionfo dello spirito tabloid, del fantozzismo guardone, della commedia all'italiana nella sua versione più scurrile. I siti dei giornaloni ripubblicano per l'ennesima volta la materia dello scandalo, gli origliamenti selvaggi.

    I giornali e i cidierre e la bella gente che fa “resistenza civile” non si rendono nemmeno più conto dei loro atti osceni in luogo pubblico contro la libertà della vita privata. La campagna contro il bavaglio ha toni surreali e si dirige sicura contro la libertà individuale. E' il trionfo dello spirito tabloid, del fantozzismo guardone, della commedia all'italiana nella sua versione più scurrile. I siti dei giornaloni ripubblicano per l'ennesima volta la materia dello scandalo, gli origliamenti selvaggi che dovrebbero essere regolamentati dalla nuova legge approvata dal Senato, e dunque scommettono sui garbugli dei loro supponenti giuristi, nuovi chierici traditori della nostra epoca illiberale e parecchio infelice, su un governatore centrale che dice “passa da dietro” a un ospite, su un presidente del Consiglio che sussurra “ciao, ti chiamo domani, ho avuto una giornata pazzesca” a una ragazza con la quale ha trascorso la notte, su un capo della sinistra che scherza “abbiamo una banca!” con il compagno cooperatore, sui pettegolezzi telefonici del clan Ricucci, con il famoso “stamo a fa' i froci cor culo dell'artri” . Ecco: lo slogan della campagna antibavaglio di Repubblica, depurato del romanesco che fa poco libertario, quello dovrebbe essere: facciamo i froci con le vite degli altri.

    Il fatto poi davvero impressionante e una punta grottesco
    è che si tratta di un gioco conformista al quale nessuno si sottrae, né la sinistra né la destra. La tesi di Repubblica, subita e avallata dai confratelli, suggerita e portata in palmo di mano da certi ceffi di mozzorecchi, giudici destrorsi trasformati in politici progressisti all'indomani delle loro inchieste e dei loro talk show fatti sulla pelle degli altri, giornalisti in fregola contrattuale che non trovano pace e fanno di mestiere le starlet della politica faziosa… questa tesi, dunque, è riassumibile così: il potere di Berlusconi attacca la libertà di indagine (sic!) e la libertà di stampa e di informazione. Ma da che parte stanno i giornali di Berlusconi e della destra combattente? Dalla parte di Repubblica, e della casta giornalistica con la quale condividono l'impianto della battaglia, almento sotto l'aspetto corporativo. E chi è immune dal vizio di trafficare in intercettazioni e pubblicare a tradimento? Non certo la famiglia Berlusconi, che per ritorsione fece avere al Giornale i nastri che davano parecchio fastidio ai Fassino, ai D'Alema e ad altri avversari. E davvero parliamo della libertà di informare sulla criminalità organizzata? No, perché la legge non riguarda mafia, 'ndrangheta e camorra.

    Quindi questa campagna, che è immotivata,
    che tende a far prevalere sul buonsenso e sulla civiltà liberale le ragioni di un quarto e quinto potere impazziti, e della giustizia d'assalto protetta dagli argomenti speciosi sul diritto di uno Zagrebelski perfino separato dalla cuginanza di Violante, è in realtà una campagna generalizzata contro un principio di profonda salute libertaria, la tutela della vita privata da assalti e intrusioni statali indebite, che in ogni paese civile del mondo è un valore sacrale, e qui da noi è per tutti, tranne poche minoranze viziose come la nostra, un disvalore e un abuso e uno scandalo intollerabile. Non importa che un ex pm militante come Gherardo Colombo abbia spiegato a La7, alla Lilli Gruber, che le intercettazioni sono sintomo spesso di pigrizia investigativa, che è grave violare la riservatezza delle registrazioni quando non riguardano la materia dell'indagine, che i magistrati dovrebbero “imparare a sintetizzare i loro provvedimenti senza riportare pedissequamente i contenuti delle intercettazioni o quelli dei verbali di polizia”. Non importa la verità. Importa rovesciare la frittata, e impostare la controversia, che nasce dalla volontà di abuso e di potere delle fazioni in permanente lotta contro il verdetto delle urne, come una disputa costituzionale tra difensori delle libertà civili e censori di stato. Con effetti di bruttezza e di frode che veramente non fanno onore ai giornali (della tv è inutile parlare, quella, la Gabanelli a parte, in Italia è ormai materia inerte).

    Bruttezza. Ma vi rendete conto? Silenziato il dissenso liberale. Prevale l'unisono corporativo. I cronisti giudiziari, che fanno un onesto lavoro ma dovrebbero riconoscere la loro dipendenza dalle fonti, il rischio di essere usati, e avrebbero per primi interesse a regolamentazioni rigorose della materia, per non diventare character killers, infamatori e diffamatori, come troppo spesso è avvenuto in passato, sono promossi al rango di editorialisti e guidano con argomenti speciosi, pro domo loro, la battaglia. Giornali che diventano volantini ginnasiali, pagine bianche e varia chincaglieria editoriale. Ma non è bastata la fine ingloriosa della guerra delle dieci domande? Fin dove porterete l'incontro spurio tra la pretesa azionista e protestante di purità e la loscaggine tabloid dell'inquisizione personale?

    Frode. Ci dicono che la stampa internazionale è preoccupata per l'Italia, per la sorte ria di questo paese in mano al conflitto di interessi, al demoniaco populismo berlusconiano, all'autoritarismo incipiente. Affollano le loro pagine di dichiarazioni delle grandi testate mondiali che sprizzano preoccupazione e indignazione. Noi andiamo a verificare, come vedrete nel pezzo sotto, e apprendiamo che tutti i corrispondenti esteri confermano: nel nostro paese non si fa così, la pubblicazione di pagine e pagine di intercettazioni come elementi di un romanzo criminale capace di sputtanare la classe dirigente, insomma Sputtanopoli, non è la nostra materia. E il corrispondente del giornale cileno aggiunge che da loro non ci si comporta come in Italia perché pesa il ricordo di Pinochet.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.