Lanfranco Pace recensisce il Mondiale
Le punizioni in tribuna, l'intelligenza olandese e il colpo del Giappone
Deve essere vero che il melting pot ha perso il suo fascino: l'Olanda lascia a casa le colonie, il Suriname, le Antille, e si presenta in versione “potere bianco” con tanti Van dai capelli sfumati alti e ben sfoltiti dietro le orecchie. Sono quelli che l'hanno portata a scrivere la striscia positiva più lunga della sua storia, quattordici vittorie e cinque pareggi nelle ultime diciannove partite e ne hanno fatta una delle favorite del Mondiale.
GRUPPO E: Olanda-Danimarca: 2-0. Arbitro: Lannoy (Fra). Reti: nel st 1' Agger (autogol), 40' Kuyt.
Deve essere vero che il melting pot ha perso il suo fascino: l'Olanda lascia a casa le colonie, il Suriname, le Antille, e si presenta in versione “potere bianco” con tanti Van dai capelli sfumati alti e ben sfoltiti dietro le orecchie. Sono quelli che l'hanno portata a scrivere la striscia positiva più lunga della sua storia, quattordici vittorie e cinque pareggi nelle ultime diciannove partite e ne hanno fatta una delle favorite del Mondiale. Arjen Robben, la micidiale ala del Bayern che molte volte ha risolto da solo situazioni difficili, rientra dopo l'infortunio, ma precauzionalmente rimane in panchina. Per offendere ci sono tre che comunque non scherzano, Van Persie, grande campione ciclotimico e malinconico, reduce anche lui da un lungo infortunio, Van der Vaart e Kuyt, dietro Wesley Sneijder, intelligenza e essenzialità allo stato puro. Se non che per quarantacinque minuti non succede nulla, nulla di nulla, calma piatta e noia, sembra un film d'autore. Il possesso palla dell'Olanda è notevole ma inconcludente, non allargano mai sulle fasce intasando il corridoio centrale che i danesi presidiano senza apprensione. L'Olanda parte e riparte, sbatte contro il muro e ci sbatte di nuovo, colpita da improvvisa coazione a ripetere non si capisce se per pigrizia o perché abbagliata dal sole. Ma si sa che nel calcio c'è anche quel fattore C che Arrigo Sacchi chiamava arrossendo “busdecul”: al primo minuto della ripresa il danese Poulsen, il difensore, da non confondere con il centrocampista che fu bollato con una sputazza dal Totti di Porta Metronia, ripensa a come saltava di testa all'oratorio, la palla rimbalza sulla schiena di un compagno e schizza nella rete. Frittata fatta, partita chiusa: la Danimarca non saprebbe nemmeno con chi attaccare, figurarsi segnare. Un lancio verticale da trenta metri di Sneijder taglia come burro la difesa danese, il tiro rimpalla sul palo, entra Kuyt per uno di quei gol che non si possono sbagliare nemmeno nelle giornate storte.
GRUPPO E: Giappone-Camerun: 1-0. Arbitro: Benquerença (Por). Reti: nel pt al 39' Honda
I tanti esperti ingaggiati dalle televisioni danno per favoriti i Leoni africani e il loro gioiello della corona, Samuel Eto'o. Solo Zvonimir Boban dice che la partita è quanto mai aperta. Infatti vince il Giappone, il Camerun ha avuto le sue occasioni per pareggiare, ma è meno veloce e smagliante di qualche mese fa. E poi quando non va, non va. Tre punti anche per il Giappone che però con un solo gol all'attivo è per ora dietro l'Olanda. Classifica importante: l'avversario dell'Italia degli ottavi, quando comincerà la fase degli scontri a eliminazione diretta, uscirà da qui la prima o la seconda classificata di questo gruppo a seconda che noi si arrivi secondi o primi. Altri piazzamenti sono da escludere: chi pensa “non dire gatto se non l'hai nel sacco” lo tenga per sé, oggi come oggi sarebbe visto come gravemente antipatriottico.
GRUPPO D: Germania-Australia: 4-0. Arbitro: Rodriguez (Mex). Reti: nel pt 8' Podolski, 26' Klose; nel st 23' Mueller, 25' Cacau.
Prima di lasciarsi impressionare da una squadra tedesca ampiamente rinnovata, con giovani dall'agile garretto e da un vero talento, Mesut Özil, che guarda un po' è di origine turca, prima di inquietarsi per pretendenti storici e sempre minacciosi che se la cavano con una sgambata, è bene riflettere sulla pochezza dell'avversario. L'Australia ha giocato alla pari per i primi dieci minuti, poi ha opposto solo orgoglio e buona volontà, il divario si è rivelato in tutta la sua crudele evidenza. Eppure in buona sostanza è la stessa Australia che incontrammo negli ottavi di finale nel 2006 e che ci fece tanto male, ci costrinse ai supplementari e cedette all'ultimo minuto grazie a un calcio di rigore inesistente, freddamente realizzato da Totti fra fischi e improperi della tifoseria avversa. Molti di quei giocatori hanno quattro anni di più e sono consapevoli della fine di un ciclo. Ma a fare davvero la differenza è la mano del coach, del mister che dir si voglia: Guus Hiddink, lo stesso che ci buttò fuori nel 2002 con la Corea del sud, è capace di fare belle squadre senza soldi e miracoli con pizza e fichi, sa di tattica come pochi, insomma per certi versi è il migliore al mondo. Ora il suo posto l'ha preso Verbeek e la differenza si vede. Non passa inosservata nemmeno la divisa tedesca, maglioncino blu a V a pelle con vista sul primo pelo e giacca in tono, deliziosamente da coatti.
GRUPPO C: Inghilterra-Stati Uniti: 1-1. Arbitro: Carlos Simon (Bra). Reti: 4' Gerrard (I), 40' Dempsey (Usa).
Che non raccontino palle, questo pallone sterza, schizza e rimbalza come gli piace e pare. Non abbiamo mai visto le traiettorie delle punizioni battute di prima finire in tribuna e non abbassarsi nemmeno se calciate da molto lontano, né avevamo visto tanti passaggi sballati e così tanti controlli facili mancati. E tanti errori elementari da parte dei portieri. Quello dell'inglese Robert Green ha permesso agli Stati Uniti di uscire imbattuti dalla sfida con la Nazionale di Capello: don Fabio ha difeso il suo portiere e ha fatto bene, non è bene uccidere il solo giocatore che non ha mai il diritto di sbagliare. Tra l'altro Green si è riscattato subito dopo con una parata pazzesca.
Gli Stati Uniti si confermano squadra che non segna ma fa segnare gli altri nella propria porta, proprio come con l'Italia nel 2006. Se l'american way of soccer è questa, non c'è da stupirsi che non abbia ancora sfondato in patria.
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