Ama il tuo nemico ma evita gli eufemismi se lui sgozza i tuoi
Da un po' di tempo noi laici più o meno devoti comprendiamo meno di una volta i comportamenti di alcune autorità ecclesiastiche, mentre tradizionali avversari del papato giovanpaolino e del successore, che da fedeli affettano grande indipendenza spirituale da forme minori di devozione, si trovano sempre più a loro agio con lo stile e le scelte di alcuni vescovi e della segreteria di stato.
Da un po' di tempo noi laici più o meno devoti comprendiamo meno di una volta i comportamenti di alcune autorità ecclesiastiche, mentre tradizionali avversari del papato giovanpaolino e del successore, che da fedeli affettano grande indipendenza spirituale da forme minori di devozione, si trovano sempre più a loro agio con lo stile e le scelte di alcuni vescovi e della segreteria di stato. Il notevole storico del cristianesimo Alberto Melloni, nel Corriere della Sera, scrivendo un paio di giorni fa delle circostanze di quella che si è preso a chiamare “la tragica morte di monsignor Padovese”, ha rivolto una dissimulata o discreta lezione a questo giornale e alle sue tesi identitarie e “crociate”, espresse in vari modi dopo quello che a noi sembra corretto chiamare “l'assassinio di monsignor Padovese per mano islamista”. Niente di male.
Le osservazioni procedevano da puro linguaggio evangelico, ed erano imperniate sul noto e venerabile concetto: ama il tuo nemico. Sì certo: nella preghiera, nell'intimità celeste del rapporto di fede con il Padre, alla cui perfezione secondo il Signore occorre rifarsi se si sia, appunto, cristiani fedeli di confessione pura. Ma che cosa fare della funzione cristiana nello spazio pubblico della storia umana? Forse vale la pena riflettere sulla necessità di conoscere il nemico, subito prima di amarlo evangelicamente. Monsignor Padovese studiava il nemico, lo comprendeva alla ratisbonese, e le sue cose le abbiamo pubblicate. Le ha lette, Melloni? Non c'è bisogno di scomodare la nozione ecclesiologica di chiesa militante e i suoi simboli, che pure fanno parte della tradizione cattolica nel suo riconoscimento di una milizia terrena in cui agiscono buoni e cattivi, e in cui opera dal medioevo crociato il miles christi, che non è più solo un martire o un asceta ma un combattente, ciò che peraltro abbiamo fatto con un magnifico pezzo del professor Roberto De Mattei. Queste cose un Franco Cardini le ha studiate, e poi dimenticate. Succede.
Ma si può andare per vie più brevi. La chiesa che con il magistero di Ratzinger rivendica la propria specifica razionalità laica e mite, e difende una radice dell'occidente dall'equivoca commistione di fede e violenza nata nell'islam; la chiesa che ha premuto il comunismo fuori di se stesso raccogliendosi intorno ai propri santuari mariani e sconfiggendo il silenzio persecutorio di una lunga storia di ateismo di stato; la chiesa che ha versato profeticamente il sangue di un Papa per mano di un attentatore turco (guarda chi si rivede!): bè, quella chiesa riveste un interesse speciale per noi laici estranei alla sua specifica obbedienza di fede, al vincolo di grazia e di carità. Ma questo conta poco. Conta il fatto che quella chiesa disincantata esiste, difficile abolirla con un tratto di irenismo incantato.
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