Fumo di gogna, il Sarzanini style
Lo abbiamo chiamato Sarzanini style. Fiorenza Sarzanini è una valorosa collega del Corriere della Sera, e condivide questo brand con molti colleghi delle più diverse testate nazionali (solo nazionali). Scopre chi indaga su chi (pm, ros dei carabinieri, polizia, finanza eccetera), lo raggiunge in ufficio o lo incontra altrove, si fa dare le carte riservatamente, le esamina, le filtra come doveroso, scrive e pubblica. Sono articoli contro il potere. Coraggiosi, è ovvio. Militanti, è naturale.
Leggi Sarzanini style, come ti cucino una riunione con Gianni Letta
Lo abbiamo chiamato Sarzanini style. Fiorenza Sarzanini è una valorosa collega del Corriere della Sera, e condivide questo brand con molti colleghi delle più diverse testate nazionali (solo nazionali). Scopre chi indaga su chi (pm, ros dei carabinieri, polizia, finanza eccetera), lo raggiunge in ufficio o lo incontra altrove, si fa dare le carte riservatamente, le esamina, le filtra come doveroso, scrive e pubblica. Sono articoli contro il potere. Coraggiosi, è ovvio. Militanti, è naturale. Il pistarolo non si cura della legalità dei suoi comportamenti o di quelli delle sue fonti, né della privacy di alcuno, ma della legittimità politica e morale della sua battaglia. E' sempre coraggioso e militante. Il suo pregiudizio, l'ideologia del contropotere, è sempre al servizio del lettore.
Anche stavolta? Vediamo. Nel Corriere di mercoledì 16 giugno e di giovedì 17 giugno Sarzanini firma due testi con titoli suggestivi: si parla di “patto politico”, di riunioni “con Letta e Verdini”, di “intrecci della cricca con la banca”.
Con Denis Verdini (tra i partner di questo giornale, ndr) siamo da tempo al linciaggio, la sua notevole disinvoltura al telefono (“Son qui per risolvere problemi!”) rende facile il compito anticricca. Con Gianni Letta siamo ai prodromi. Il fumo diffamatorio si spande a poco a poco. Basta guardare i video della redazione di Repubblica, con il direttore che gusta tra le labbra il nome del sottosegretario e numero due del governo Berlusconi, la prossima preda. Basta ricordare il titolo repubblicano: “Appalti, la rete di Letta”, e poi il testo parlava solo di una telefonata con Bertolaso per una procedura di infrazione ambientale di Bruxelles sul G8 della Maddalena, routine di lavoro tra sottosegretari. Ma il Corriere può essere da meno? Testi e titoli danno l'idea di un patto criminale per appropriarsi della ciccia, escludendo chi non è amico del potere. Verità, sospetto come anticamera della verità o manipolazione con implicazioni indirettamente diffamatorie?
Sarzanini dice che a Palazzo Chigi il 12 maggio 2009, appena un mese dopo il terremoto dell'Aquila, si è tenuta una riunione con Letta (sottosegretario alla presidenza del Consiglio con ampie deleghe politiche e di coordinamento), Guido Bertolaso (capo del servizio di Protezione civile e sottosegretario), Verdini (deputato di Firenze, coordinatore del Pdl e grande amico e sponsor confesso della Btp, impresa di costruzioni di Riccardo Fusi) e una serie di imprese che volevano consorziarsi e partecipare alla ricostruzione in Abruzzo. Di che si tratta? E' un summit criminale? Il patto politico è una spartizione scorretta, penalmente sanzionabile, è una violazione delle regole? Tre giorni dopo la riunione, che secondo Palazzo Chigi si limita a dare l'impulso di coordinamento politico alla ricostruzione e per questo mette insieme imprese, politici e funzionari dell'amministrazione e della Protezione civile, si costituisce il consorzio Federico II tra alcune ditte. In luglio il consorzio si aggiudica alcuni appalti. Ergo, riferisce Sarzanini: si indaga se per caso non ci siano state imbeccate che hanno favorito, privilegiandole, aziende vicine a uomini di governo, penalizzando il mercato e la concorrenza, e turbando le condizioni di svolgimento delle gare pubbliche.
Letta imbecca Bertolaso, Bertolaso imbecca i suoi, ed ecco che la scuola Carducci, i puntellamenti succulenti delle costruzioni aquilane, e la caserma Campomizzi finiscono nelle capaci fauci di una cricca di cui finalmente il Corriere ci svela i veri capi, provvisoriamente al governo e a piede libero. Brava Sarzanini. Che stile. Invece, parlandone tranquillamente con il prefetto Franco Gabrielli, numero due della Protezione civile, e con altri funzionari, viene fuori che i puntellamenti sono stati appaltati dal comune dell'Aquila, ed esulano dalle decisioni criccarole di Palazzo Chigi; che la caserma Campomizzi è competenza del Provveditore per le opere pubbliche dell'Aquila, e ancora una volta niente a che fare con la riunione della mafia costruttrice; e che l'appalto della scuola Carducci al consorzio Federico II è super-regolare, iper-regolare, regolarissimo. Fino a prova contraria, naturalmente. Prova che però non c'è, non fa nemmeno capolino nel testo suggestivo in Sarzanini style.
Gabrielli, allora prefetto dell'Aquila, valoroso poliziotto e già capo del Sisde, era presidente della gara, e lavorava con quattro funzionari. Hanno fatto il bando, pubblicato proprio nel Corriere della Sera (oltre che in Repubblica e Sole 24 Ore) il 12 luglio 2009. Bisognava sbrigarsi a rimandare a scuola 17 mila ragazzi. 59 scuole erano state consolidate, ma ne mancavano 32. Con il primo lotto di gara furono messe in palio 29 scuole. Ma nella prima gara vanno assegnati solo 17 Moduli uso scolastico provvisorio (Musp): “Il loro paradigma è che agisca un comitato d'affari di imprenditori e banchieri che vogliono i lavori per sé, si rivolgono a Letta, che li rassicura, e guarda caso gli appalti vanno a loro. Ma il diavolo fa le pentole, non i coperchi”, dice Gabrielli, messo sotto tiro dall'Espresso ancor prima di succedere a Bertolaso alla testa del servizio di Protezione civile. In realtà molte gare vanno deserte, e bisognerà ripeterle nonostante i presunti appetiti della cricca di amici della cattiva Protezione civile, perché i guadagni sono pochi e i rischi molti e le condizioni severe. Si tratta di gare con evidenza pubblica condotte secondo la procedura aperta di tipo comunitario, il bando è anche a Bruxelles, sulla Gazzetta Ufficiale, e gli organi di controllo, compreso quello finale della Corte dei conti, sono rigorosi.
Fatto sta che i commissari aprono le buste chiuse e verificano pubblicamente i requisiti delle imprese. Il lotto della Carducci è conteso da due imprese, la Federico II e la Rti Tosoni Lino Spa Saura Europe. Nella fase tecnica riservata, i commissari aprono la busta con i progetti e danno lo stesso punteggio, 24 voti su 55, alle due imprese. Avessero voluto favorirne una, bastava opinare, cosa legittima, che il consorzio Federico II, per esempio, meritava 50 punti, e il gioco era legalmente e legittimamente fatto. Ma è andata così. Stesso punteggio. Poi è stata aperta la terza busta sigillata, quella dell'offerta economica, e sulla base d'asta si sono esaminati i ribassi che decidono dell'aggiudicazione: la Tosoni Lino ha ribassato del 5 per cento, il consorzio del 7,23 per cento. Lotto succulento assegnato al consorzio, ma in un contesto in cui 7 milioni di euro fanno ridere a fronte delle molte decine di milioni, e centinaia, di opere realizzate. Ci sono mille modi per truccare una gara, questo è ovvio, ma qui i dati ignorati dal Corriere dicono che la gara è stata aperta, corretta e, ma guarda un po', forse perfino giusta. Fino a prova contraria. Non fino a chiacchiera velenosa contraria. Sono due cose diverse. Letta è una preda succulenta. In combutta con Bertolaso e Verdini sullo sfondo di Palazzo Chigi, dove riunioni di quel tipo se ne fanno a decine, vale il gioco delle tre carte. Ma è giusto rifilare al lettore una suggestione inquisitoria desunta da carte d'indagine, senza nemmeno preoccuparsi di verificare, filtrare e pubblicare la versione di chi doveva mandare a scuola 17 mila ragazzi, ed è riuscito a farlo?
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