C'è un procuratore generale che denuncerà Google in trenta stati
Richard Blumenthal, procuratore generale del Connecticut, ha annunciato ieri sul suo sito l'intenzione di condurre un'indagine contro Google che coinvolgerebbe almeno trenta stati americani. L'accusa non è una novità: le automobili utilizzate per realizzare la funzionalità “Street View” – che permette di visualizzare le mappe come se si stesse camminando per strada – avrebbero registrato più dati del dovuto, a scapito della privacy.
Richard Blumenthal, procuratore generale del Connecticut, ha annunciato ieri sul suo sito l'intenzione di condurre un'indagine contro Google che coinvolgerebbe almeno trenta stati americani. L'accusa non è una novità: le automobili utilizzate per realizzare la funzionalità “Street View” – che permette di visualizzare le mappe come se si stesse camminando per strada – avrebbero registrato più dati del dovuto, a scapito della privacy. La novità è che quella che sembrava una battaglia di combattuta che solo gli stati europei avevano intenzione di combattere seriamente sta attecchendo felicemente anche negli Stati Uniti.
Le automobili di Google, armate di sensori e telecamere, avrebbero dovuto limitarsi ad accumulare fotografie scattate a livello del terreno e a registrare i nomi delle postazioni wi-fi intercettate, per integrare le mappe che il portale mette a disposizione dei propri utenti. Il problema è che la pesca a strascico avrebbe raccolto svariati dati sensibili dalle reti wireless non protette.
L'azienda californiana si è scusata, spiegando che è stata tutta colpa di una svista: una parte dell'applicazione, sviluppata da una sperimentazione del 2006, è stata dimenticata nel programma con cui erano attrezzate le auto. Le scuse per la registrazione dei dati delle reti, che Google ha definito “accidentale”, non sono bastate a molti paesi. E se Irlanda e Regno Unito si sono sostanzialmente limitati a ordinare la cancellazione dei dati raccolti, Francia, Germania, Spagna e Italia se li sono fatti consegnare per procedere con le indagini del caso.
La commissione parigina Cnil, finora la più bellicosa, ha lasciato trapelare dettagli preoccupanti, accusando Google di aver registrato le password di accesso ai servizi di email e perfino estratti di messaggi. Finora le collaudate pratiche di lobbying messe in atto da Google l'avevano tenuta al riparo da attacchi almeno sul suolo americano, dove ci si era limitati ad allestire una commissione parlamentare sul caso. Ma l'indagine di Blumenthal è il segnale che si stanno preparando conseguenze più gravi del previsto.
L'azienda californiana sta minimizzando l'entità dei dati “rubati”, facendo notare che le proprie auto, pur procedendo a una velocità moderata, hanno registrato in media 200 millisecondi per rete wireless. Tra i frammenti sottratti ci potrebbero essere anche informazioni criptate – quelle dei servizi bancari online, a esempio – a cui è improbabile che Google abbia cercato di accedere. L'effetto è più o meno quello che si otterrebbe registrando con un microfono le voci dei passanti: parole spezzate, frasi abbozzate, informazioni di poco conto. A preoccupare, però, è l'uso che potrebbe esserne fatto qualora finissero nelle mani di persone con intenzioni non proprio filantropiche. È difficile definire cosa si possa davvero fare con schegge di dati raccolti qua e là, ma l'avvertimento per gli utenti abituali non è difficile da decifrare: mettete una password alla vostra rete wireless, prima che qualcuno sottragga a Google la vendemmia e si metta a distillare in proprio i fatti vostri.
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