Germania-Ghana, fratelli contro
Zero rapporti. Non si parlano. Non hanno contatti. Neppure una telefonata da quando sono in Sudafrica, a pochi chilometri l'uno dall'altro. Quando due fratelli litigano rimettere le cose a posto è più difficile. E poi di mezzo c'è il calcio, che in questo caso non aiuta. Oggi si troveranno di fronte da avversari. Dentro o fuori: chi perde tra i due probabilmente andrà a casa. Germania-Ghana è anche la sfida tra due ragazzi che hanno lo stesso padre, lo stesso sangue, sono cresciuti insieme e insieme hanno cominciato a dare calci al pallone.
Johannesburg. Zero rapporti. Non si parlano. Non hanno contatti. Neppure una telefonata da quando sono in Sudafrica, a pochi chilometri l'uno dall'altro. Quando due fratelli litigano rimettere le cose a posto è più difficile. E poi di mezzo c'è il calcio, che in questo caso non aiuta. Oggi si troveranno di fronte da avversari. Dentro o fuori: chi perde tra i due probabilmente andrà a casa. Germania-Ghana è anche la sfida tra due ragazzi che hanno lo stesso padre, lo stesso sangue, sono cresciuti insieme e insieme hanno cominciato a dare calci al pallone. Poi uno, il più grande, ha preferito l'Africa, mentre il secondo ha scelto la terra adottiva tedesca. Per la verità, anche Kevin-Prince aveva cominciato a farsi notare nelle giovanili germaniche; poi siccome ha un caratteraccio, l'anno scorso ha deciso di mollare tutti e addio: meglio il Ghana. I due si chiamano Boateng e sono nati a Berlino. Jérôme, difensore e panchinaro tedesco, ha 21 anni e una mamma diversa dall'altro. Papà Prince ha abbandonato la madre di Kevin qualche mese dopo la sua nascita e si è messo con un'altra, una hostess.
I ragazzini fanno una vita diversa: il grande cresce in un quartiere popolare, Wedding, un terzo di immigrati, quindicimila crimini ogni anno; Jérôme invece a Wilmersdorf, a pochi passi dalle vetrine eleganti della città. Si ritrovano agli allenamenti dell'Hertha Berlino, nelle squadre giovanili. Non legano molto, ma si frequentano. Martina Boateng, che è la madre di Jérôme, sostiene che Kevin per il figlio era un idolo. Da un paio di mesi, però, hanno rotto di brutto. Succede che a maggio Kevin-Prince nella finale di Coppa d'Inghilterra (gioca col Portsmouth) rompe la caviglia al tedesco Michael Ballack del Chelsea, mettendolo fuori uso per il Sudafrica. “Avrebbero dovuto cacciarlo”, dice duro Jérôme. L'altro chiede scusa per il fallo ma non gradisce: “Con lui ho chiuso”. Meglio di una telenovela. Jérôme ci torna sopra alla vigilia dei Mondiali: “Per adesso non abbiamo nulla da dirci. Può succedere in tutte le famiglie”. Tra i due Kevin passa per quello cattivo.
Dice ancora Martina (a Der Spiegel): “A lui piace essere il grande protagonista, non accetta di avere un ruolo secondario; spesso va oltre le regole. Però lo ammiro per come è riuscito a venire fuori da Wedding”. I due caratteri riflettono anche uno stile di gioco differente. Jérôme è un terzino ordinato, disciplinato, senza fronzoli. Riflessivo. Il più grande è un centrocampista irruento, fisico, sembra che giochi sempre con l'arrabbiatura addosso. Da piccolo sembrava un fenomeno, vince un premio come miglior giocatore delle juniores. A 17 anni debutta nel campionato maggiore ma l'anno dopo viene quasi alle mani con l'allenatore dell'Hertha. Quando Kevin arriva in Inghilterra e comincia a guadagnare parecchio si compra tre macchine in pochi giorni, una Lamborghini, una Cadillac e una Hummer. C'è chi sostiene che le abbia acquistate tutte in un giorno. Ha 13 tatuaggi sulla pelle (il fratello quattro) di cui uno su tutto il braccio destro con un teschio e una scritta: “Il mondo ti appartiene”. Adora la musica rap di Bushido, che canta di sesso violento e prostitute. I giornali inglesi hanno spulciato nel suo armadio e hanno visto 160 paia di scarpe, orologi e braccialetti d'oro, 200 cappellini, soprannominandolo Ghetto Kid.
Ci sono altre famiglie ai Mondiali sudafricani. Gli americani hanno i Bradley, il padre allenatore e il figlio centrocampista. Poi ci sono i tre Palacios nella nazionale dell'Honduras, di cui uno ripescato all'ultimo minuto per l'infortunio di un compagno (un quarto Palacios giocava nelle nazionali minori, poi è stato rapito e ucciso perché la famiglia non ha pagato il riscatto). Mentre nella Costa d'Avorio ci sono altri fratelli, i due Touré, che sono unitissimi tanto che l'anno prossimo potrebbero giocare entrambi nel Manchester City. E anche la Slovacchia, prossimo avversario azzurro, ha il ct, Vladimir Weiss, che s'è portato dietro il giovanissimo pargolo che di nome fa sempre Vladimir, 20 anni, e un'eredità che viene da lontano. Infatti Vladimir senior era nella nazionale cecoslovacca ai Mondiali del '90 in Italia, mentre il nonno (sempre Vladi) vinse la medaglia d'argento nel calcio alle Olimpiadi del '64 a Tokyo con la Cecoslovacchia.
Ma la storia dei fratelli Boateng è diversa. Non ci sono dinastie. C'è un signore che dal Ghana arriva a Berlino senza niente in tasca e mette al mondo due ragazzi che hanno il calcio addosso. Si fanno strada con le unghie e con i denti. Fanno scelte diverse. “Io ho sempre voluto giocare con la Germania sin da piccolo – dice Jérôme – e non ho mai pensato al Ghana, sarebbe una cosa senza senso. Questa è la mia casa, il mio modo di vivere. Mi piace la gente e la mentalità”. Kevin-Prince se ne frega. “Adesso gioco col Ghana” dice quando l'Under 21 tedesca lo manda via per essere rientrato tardi durante il ritiro. L'Africa non l'ha mai vista in vita sua, però a maggio gli arriva il passaporto. Dice: “Sono orgoglioso di essere un africano”. L'avessero convocato i bianchi tedeschi, avrebbe usato le stesse parole. Fa in tempo ad azzoppare Ballack, che è il capitano di Jérôme. E ora sotto col fratello buono.
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