“Ma quale pallone, i portieri parino meglio”. Parla Grobbelaar il clown
E' il mondiale delle papere, ma il pallone non c'entra. “Non diciamo sciocchezze, i portieri hanno tutto il tempo per allenarsi e poi il problema rimane lo stesso, fermarlo, in un modo o nell'altro. Il lavoro è quello”. Bruce Grobbelaar non è cambiato molto da quel clown un po' spaccone che ipnotizzò Conti e Graziani nella finale di Coppa dei campioni del 1984.
E' il mondiale delle papere, ma il pallone non c'entra. “Non diciamo sciocchezze, i portieri hanno tutto il tempo per allenarsi e poi il problema rimane lo stesso, fermarlo, in un modo o nell'altro. Il lavoro è quello”. Bruce Grobbelaar non è cambiato molto da quel clown un po' spaccone che ipnotizzò Conti e Graziani nella finale di Coppa dei campioni del 1984. Spaghetti legs, così gli inglesi chiamarono quella danza improvvisata. “Con tante squadre – dice – gli errori aumentano. E' normale. Perché vi stupite? Non è qui che va cercata la qualità”. Per il povero Robert Green, crocifisso dalla stampa britannica, prova solidarietà di categoria ma non è indulgente: “Io ne ho combinate di tutti i colori, ma certo una cosa così non me la ricordo proprio. Come fai a superarla?”.
Orecchino al lobo sinistro, jeans, stivali e un faccione da eterno ragazzo, Grobbelaar adesso fa il commentatore per la televisione norvegese perché dopo i trionfi di Liverpool, una bancarotta per una storia controversa di partite truccate, qualche comparsata in televisione (anche in un reality per cuochi), ha bisogno di soldi per tirare a campare (“i giudici mi hanno tolto tutto”). Si proclama innocente. Però lo spirito rimane quello, da provocatore. Non ha dubbi su quello che succederà nei prossimi giorni al Mondiale. “Il Sudafrica sarà aiutato dalla Fifa come già è successo con la Corea del sud nel 2002. Serve a Blatter e io non mi scandalizzo per niente, anzi direi che fa parte del gioco. La passione popolare va stimolata, e i Bafana Bafana che vanno avanti nel torneo è importante per tutti, per la crescita del calcio da queste parti”. Eppure un tempo Grobbelaar difendeva armi in pugno il governo bianco di Ian Smith in Rhodesia contro la guerriglia “nera” di liberazione.
Nato a Durban, ma di nazionalità rhodesiana perché i genitori lì lo portarono dopo due mesi, sostiene di essere stato quasi costretto ad arruolarsi, alla metà degli anni Settanta, per colpa di una madre convinta che fosse la cosa giusta da fare contro quelli che volevano strapparti la terra. “Mi convinse ad andare al distretto militare – racconta – per vedere se avevano bisogno di me. Dissero che sarei stato chiamato l'anno successivo. Io volevo andare in Sudafrica per giocare, ma il sergente suggerì a mia madre che c'era un battaglione in partenza per la mattina dopo. Lei mi prese per un braccio e mi consegnò ai soldati”. Un anno a sparare, uccidere anche, nascondersi e combattere, con in testa sempre il calcio. “Dicevo ai compagni che avrei fatto il portiere in Europa e loro mi rispondevano: sogna, sogna che poi magari stasera ti staccano la testa con una granata”. Quando arrivò lo Zimbabwe e lui era già il mito Grobbelaar, quello dei sei campionati e svariate coppe vinte coi Reds, in un libro definì “terroristi” i guerriglieri e il nuovo governo gli ritirò il passaporto.
Minacciò di giocare per la Nazionale sudafricana e finì addirittura per allenarlo, lo Zimbabwe degli ex nemici. “Solo per cinque partite, poi ho litigato con Mugabe che naturalmente controlla anche il calcio coi suoi parenti. I soldi che arrivano dall'estero per i giovani se li intasca direttamente il governo”. Il problema in Africa, sostiene, non sono gli aiuti internazionali, ma la corruzione di chi governa i paesi, anche se combatte lo scetticismo sulle capacità organizzative del Sudafrica: “Alla fine molti si vergogneranno. La sicurezza è garantita, certo c'è qualche casino con i trasporti, ma dove non esiste questo problema?”. Le vuvuzelas non gli piacciono (“adoro i cori dei tifosi”), ma “ormai è tardi per vietarle, la gente si diverte”. Dopo il Mondiale il clown vorrebbe riprendere ad allenare, anche se finora è sempre finita male, soprattutto coi presidenti. Al posto di Capello cosa farebbe col portiere? “Il migliore degli inglesi è James, metterei lui”. Ma come, Calamity James, il principe delle papere d'oltremanica? “Sì, nel passato. Ora è migliorato”. Parola di Grobbelaar.
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