Un incubo chiamato Svizzera e il Cile che vince quarantotto anni dopo
L'ottavo e ultimo gruppo del torneo si apre con la sfida tra due di quei paesi dove i club italiani meno ricchi vanno a far compere a prezzi stracciati rispetto a Brasile e Argentina. Con esiti diversi. Suazo, honduregno dal culo basso e dall'accelerazione micidiale, arrivò al Cagliari dove fece sfracelli, il Milan lo voleva e un momento credette addirittura di averlo comprato, il giocatore invece scelse l'Inter dove s'inabissò fino a scomparire nella folta concorrenza.
GRUPPO H: Honduras-Cile: 0-1. Arbitro: Maillet (Sey). Reti: 34' pt Beausejour
L'ottavo e ultimo gruppo del torneo si apre con la sfida tra due di quei paesi dove i club italiani meno ricchi vanno a far compere a prezzi stracciati rispetto a Brasile e Argentina. Con esiti diversi. Suazo, honduregno dal culo basso e dall'accelerazione micidiale, arrivò al Cagliari dove fece sfracelli, il Milan lo voleva e un momento credette addirittura di averlo comprato, il giocatore invece scelse l'Inter dove s'inabissò fino a scomparire nella folta concorrenza. In Nazionale è ancora titolare ma ora è infortunato e non sta neanche in panchina. Scende in campo invece Edgar Alvarez, che passò dalle parti della Roma e Totti chiamava “Arvaretto”. Nel Cile manca Pizarro: il metronomo del centrocampo romanista ha detto addio alla Nazionale dopo due sconfitte nel girone eliminatorio e per coerenza e rispetto nei confronti dei compagni non ha voluto tornare sui suoi passi dopo la qualificazione. E' in campo invece Alexis Sanchez, talentuoso diciannovenne, colpaccio della solita, astuta Udinese. L'ultima volta che il Cile ha vinto una partita in un campionato del Mondo era il 1962, giocava in casa, finale per il terzo e il quarto posto dell'edizione poi vinta dal Brasile che quella volta non aveva Pelé ma uno strano indio che faceva sempre la stessa finta e siccome aveva il volto impenetrabile i difensori andavano fuori di testa e lunghi per terra: aveva cominciato a calciare a piedi scalzi, si chiamava Garrincha, è entrato nella leggenda. Il Cile ha fame e si vede. C'è una sola squadra in campo. Non ha punte alte o buoni colpitori di testa, quindi gioca palla a terra, benissimo, con triangolazioni veloci, strette, e inserimenti rapidi da dietro. Passa in vantaggio al 34' del primo tempo, con Beausejour, forse il meno dotato tecnicamente ma dal nome certamente beneaugurante. Sanchez continua ad andarsene che è una bellezza, ma andrebbe frenato e inquadrato, troppo maniaco del dribbling a go-go. Almeno per quattro volte lui e gli altri potrebbero comodamente spingere in rete, ma strafanno e sprecano. Il tempo passa, è sempre uno a zero, sugli spalti belle honduregne non perdono né fede né speranza, non c'è la famosa legge del calcio che dice gol sbagliato gol subito? Questa volta però non funziona. E i “rossi” vincono con un punteggio che rispecchia poco di quello che si è visto in campo. In tribuna d'onore l'ex presidente cilena Michelle Bachelet applaude, è felice, il neopresidente dell'Honduras Porfirio Lobo Sosa che le sta accanto, un po' meno.
GRUPPO H: Spagna-Svizzera: 0-1 Arbitro: Webb (Ing). Reti: 7' st Fernandes
E' l'ultima grande a scendere in campo, la Spagna, è quella che negli ultimi tempi ha più vinto e convinto, sono i campioni d'Europa in carica, vogliono l'ouverture trionfale, le note che li accompagnino nel lungo viaggio verso il titolo a cui legittimamente aspirano. Ha trovato invece un incubo chiamato Svizzera, ascoltato note dolenti suonate da una banda grezza e bellicosa ben messa in campo dall'allenatore tedesco Ottmar Hitzfeld. La Spagna gioca come sa, passaggi a un tocco massimo due, esterni che vanno fino in fondo a crossare, centrocampisti e difensori che entrano da dietro, si direbbe il Barcellona ma della squadra di Pep Guardiola non ha la straordinaria capacità di tenere la palla e soprattutto non ha Messi. Comunque piace e il suo gioco veloce ed essenziale, comprensibile a tutti, strappa gridolini ed applausi anche a donne infastidite dal calcio. Da un momento all'altro si aspetta la resa della Confederazione. Invece il punteggio resta inchiodato sullo zero a zero, anzi a pochi minuti dall'inizio della ripresa c'è addirittura il patatrac: lancio da dietro, due attaccanti svizzeri si avventano in area, Casillas esce a cogliere le margherite, un fortunoso rimpallo rimette il pallone davanti ai piedi di Janson Fernandes ed è uno a zero per la Svizzera. E' il coup de tonnerre sul Mondiale, il sovvertimento repentino di ranghi e classifiche, una catastrofe di quelle a cuspide che nessuno aveva previsto. E dire che è mancato poco che Derdiyok raddoppiasse, la sua prodezza tecnica e balistica si è schiantata sul palo. Non sarà proprio dentro ai misteri della scienza calcistica, ma la Svizzera limitandosi a giocare il calcio dei poveri e con una grande difesa non ha rubato assolutamente nulla. L'arbitro è lo stesso che nei play off tra Francia e Irlanda non vide i tocchetti di mano con cui Thierry Henry si aggiustò la palla prima di segnare il gol decisivo. Fu errore grave in perfetta buona fede, in questa partita non ha nulla da rimproverarsi. Da ieri sera si ricomincia.
RIPESCAGGIO GRUPPO G: Brasile-Corea del nord: 2-1. Arbitro: Kassai (Ung). Reti: 10' st Maicon, 27' st Elano, 44' st Ji Yun Nam
Questo è un Brasile che fa paura. Atleticamente fortissimo, solido dietro come mai nella storia, vanta il miglior portiere, i migliori esterni basso e alto e i due migliori centrali del mondo: nell'ordine Julio Cesar, Maicon, Dani Alves, Lucio e Juan, due incontristi possenti ed essenziali Gilberto Silva e Felipe Melo che quando è in Nazionale sembra il fratello bravo di quello della Juve. Con queste premesse si può anche avere davanti Kaká a mezzo servizio, Luis Fabiano ridotto a ombra e un Robinho così allupato che vuole dribblare anche i pali e una volta su due finisce per inciampare da solo. La Corea del nord chiusa a doppia mandata ha resistito un tempo, prima che Maicon tirasse fuori un coniglio dal cilindro e Robinho dettasse a Elano un passaggio con il contagiri. Uno due e pratica sbrigata: il gol incassato è solo disattenzione da ultimo minuto. Negli studi televisivi hanno fatto e rifatto il giro di commentatori ed esperti per sapere se il gol di Maicon, tiro violentissimo da posizione defilata e angolatissima, fosse un vero gol cercato o un cross mancato. Mai avrei immaginato che nell'ambiente si pigliasse così facilmente d'aceto.
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