Il trionfo all'ultimo degli americani e la “mind free” degli inglesi
Dio c'era ma aveva deciso di intervenire solo in seconda battuta: è bastata una ripresa al volo in area a metà del primo tempo di Jermain Defoe, attaccante nero del Tottenham, per salvare l'Inghilterra, la regina e l'allenatore che venne dal Friuli. Va detto che la cattiva sorte sembra accanirsi contro i bianchi. Wayne Rooney che fin dall'inizio non è sembrato in gran forma non segna: ha colpito un palo e s'è pure infortunato.
GRUPPO C: Slovenia-Inghilterra: 0-1. Arbitro: Stark (Ger). Reti: 23' pt Defoe
Dio c'era ma aveva deciso di intervenire solo in seconda battuta: è bastata una ripresa al volo in area a metà del primo tempo di Jermain Defoe, attaccante nero del Tottenham, per salvare l'Inghilterra, la regina e l'allenatore che venne dal Friuli. Va detto che la cattiva sorte sembra accanirsi contro i bianchi. Wayne Rooney che fin dall'inizio non è sembrato in gran forma non segna: ha colpito un palo e s'è pure infortunato. Pare che non sia nulla di grave, dovrebbe essere in campo per gli ottavi, ma per una squadra che segna poco e davanti ha evidentemente qualche problema è pur sempre una mezza tegola. Comunque “now the mind is free”, i foschi pensieri sono volati via: Capello in conferenza stampa parla inglese, un po' si capisce che la struttura della frase la pensa prima in italiano, quello che conta è che anche lui s'è liberato dopo aver rivisto lo spirito dell'Inghilterra che conosceva. E' fatto così il “don”. Di fronte ai media, non ha la brillantezza ludica di Mourinho, non si diverte né a provocare né a far parlare di sé, ma, diciamolo, la sostanza, l'essenza del mourinhismo l'ha anticipata lui: con questa storia delle squadre che quando vincono è sempre perché sono rimaste “concentrate, umili, determinate”, perché hanno avuto “lo spirito giusto”. I singoli manco a palarne, perché solo il collettivo conta e se proprio insisti ecco che sono stati tutti bravi, tutti da elogiare per l'impegno, anche Lampard che ha fatto strafalcioni che non dovrebbe fare, Gerrard che in mezzo al campo fa un casino incredibile e Terry che sarà un leader ma ieri non ne ha imbroccata una. Comunque è andata. L'Inghilterra passa agli ottavi come seconda del gruppo. E chi sa le potrebbe capitare la Germania, squadra giovane con tanta corsa ma non con tanto fosforo in mezzo al campo. Sarebbe uno choc fra titani ma forse anche un buon segno.
GRUPPO C: Stati Uniti-Algeria: 1-0. Arbitro: De Bleeckere (Fra). Reti: 46' st Donovan
Sugli spalti, cartelli “Yes” e “we can” a pioggia, stelle e strisce ovunque, in tribuna d'onore Bill Clinton a batter le manine: così allo scadere del secondo tempo in pieno recupero, gli americani, che sanno che un pareggio non basta, qualificherebbe la Slovenia che pure nell'altro match sta perdendo contro l'Inghilterra, si avventano in avanti. Donovan si fa quaranta metri di corsa e arriva puntuale all'impatto con il pallone che sembra proprio la pubblicità della Visa: a sorpresa ma con merito gli Stati Uniti sono primi del gruppo C e si qualificano agli ottavi. L'allenatore Bradley che sembra un McEnroe appena più vecchio, stessa faccia sveglia e un po' canaglia, viaggia su una nuvoletta. Al gol americano, nello studio di Sky balza in piedi ed esulta anche Alessandro “Billi” Costacurta che confessa di esser simpatizzante degli Stati Uniti. In un'Italia in cui le bandiere di questo paese vengono comunemente bruciate, questa dichiarazione gli fa indubbiamente onore.
RIPESCAGGIO. GRUPPO B: Grecia-Argentina: 0-2. Arbitro: Irmatov (Uzb). Reti: 32' st Demichelis, 44' st Palermo
Maradona che al fischio d'inizio si fa sette volte il segno della croce e non si sa perché sette, Maradona che bacia una sacra immagine che tiene nel palmo della mano, nascondendola alle telecamere, e non si sa se è Gesù o Maria, Maradona che si butta a terra a pesce scivolando per un paio di metri sull'erba in completo grigio, camicia bianca e cravatta grigio perla da comunicando, Maradona che urla ai suoi, strilla con il quarto uomo, inveisce contro l'arbitro che non ferma il massacro di Leo Messi, e le ossessive trombette possono nulla, Maradona che ai gol dei suoi esulta come un bambino, come fosse già la finale e non un match inutile perché l'Argentina è già qualificata e sicura del primo posto. Lo spettacolo dunque è in panchina. Sul campo tutto va secondo copione: la Grecia aspetta in trincea notizie dall'altro fronte, l'Argentina amministra e tiene palla per 80 per cento per del primo tempo. Messi continua a smaniare e a sbuffare dietro al gol che non arriva nemmeno questa volta, un po' perché lui stesso strafa e s'incarta, un po' perché appena prende palla quattro cinque avversari gli piombano addosso e in un modo o nell'altro lo buttano a terra, spesso da dietro. Il ragazzo però è incredibile, non è uno dei tanti italici puponi, non si lamenta mai, è spugna che assorbe, gomma che rimbalza. A sbloccare la partita il solito difensore che non ti aspetti: porta nome italiano ma si pronuncia senza l'acca. A cinque minuti dalla fine, il ventiduenne brachitipo baciato da Dio che gli ha regalato una velocità di esecuzione mai vista prima nel calcio, ancheggia, scende, finta, si sposta di qua e di là, la palla resta al piede, gli avversari barcollano, poi un sinistro terrificante: palo pieno. Quattro minuti e Leo Messi ci riprova: il portiere respinge, ma sui piedi di Martin Palermo, entrato al posto di Diego Milito, che è bravissimo a trovare la giusta postura del corpo, tiene la palla bassa e spara nell'angolo opposto. Martin Palermo che in Europa è una barzelletta e in patria un mito, Martin Palermo che ha 37 anni e che Maradona abbraccia con affetto. Li stringe sempre a sé, figli e figliocci, giovani e meno giovani. Li considera tutti titolari, tutti daranno più di quello che hanno per vincerlo, questo Mondiale. Per l'Argentina. Per loro stessi. E per Diego Armando Maradona.
RIPESCAGGIO. GRUPPO B: Nigeria-Corea del Sud: 2-2. Arbitro: Benquerença (Por). Reti: 12' pt Uche, 38' pt Lee Jung Soo, 4' st Park Chu Young, 24' st Yabuku (rigore)
Abbassano la testa e sconsolati sull'erba piangono. E con loro piange tutto un popolo. Volevano interrompere la serie negativa che li vide fuori al primo turno nel 2002 e nemmeno qualificati nel 2006. Volevano rinascere. Tornare ad essere la squadra che nel 1994 stupì il mondo battendo l'Argentina e passando agli ottavi. E nel 1998 finì in testa al gruppo che pure comprendeva Spagna, Paraguay e Bulgaria. Non ce l'hanno fatta qui, sulle loro terre, e piangono. Lars Lagerback li allena da cinque mesi, pare una brava persona e magari pure preparata, anche se è reduce dal fallimento sulla panchina della Svezia, ma è bianco lui, non può capire: man mano che il tempo fugge e la qualificazione svanisce fa appena qualche smorfia, da mercenario signorile. Loro invece sono neri, figli di un continente che agli ottavi potrebbe non avere più nessuno a rappresentarlo. E allora piangono lacrime tanto più amare che il loro destino l'avevano in mano e l'hanno gettato al vento: vanno in vantaggio, si fanno raggiungere, poi superare da un calcio di punizione che il portiere non vede né partire né arrivare, poi Yabuku sbaglia un gol che nemmeno uno con la stampella, si riscatta trasformando un calcio di rigore, poi ancora un palo e un'altra vergognosa goffaggine, a porta spalancata, questa volta dell'ex interista Oba Martins. Allora piange la nera Nigeria. Ed è ebbra di gioia la Corea del Sud che va agli ottavi dove incontrerà l'Uruguay.
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