Per una chiesa ricca
Non è che qui ora si voglia fare dell'ecclesiologia spicciola, ma vale sempre la pena discutere con le persone buone, ispirate e intelligenti. Aldo Maria Valli è tra queste. Qualche giorno fa aveva segnalato su Europa, il buon giornale dei cattolici democratici non assatanati, un libro del vescovo emerito Giuseppe Casale: viva la chiesa povera, priva di potere, con un Papa minuscolo che abdica alla potestà sulla Santa Sede e al titolo di capo di stato.
Non è che qui ora si voglia fare dell'ecclesiologia spicciola, ma vale sempre la pena discutere con le persone buone, ispirate e intelligenti. Aldo Maria Valli è tra queste. Qualche giorno fa aveva segnalato su Europa, il buon giornale dei cattolici democratici non assatanati, un libro del vescovo emerito Giuseppe Casale: viva la chiesa povera, priva di potere, con un Papa minuscolo che abdica alla potestà sulla Santa Sede e al titolo di capo di stato, con la rinuncia unilaterale al Concordato con lo stato italiano, con la profezia al posto della diplomazia.
Riproponendo ora il pensiero di monsignor Casale, in un nuovo articolo scritto in tempi di calamità per la grandeur ecclesiastica, identificata con il cardinale Crescenzio Sepe e le vicissitudini immobiliari di Propaganda Fide, Valli aggiunge citazioni di Tonino Bello, il compianto vescovo che trovava insopportabile tre p: profitto, prodigio e potere; e le voleva sostituire con altre tre p: parola, progetto e protesta. Non manca una citazione del cardinale Joseph Ratzinger, del 1997, in cui è detto che fu illusione funesta, generante sottomissione all'autorità temporale, quella di affermare la fede attraverso il potere.
Come si può dissentire da una retorica che si fonda sul dettato evangelico stretto, sulle beatitudini addirittura? Impossibile. Eppure si può sapere che di una retorica si tratta. Retorica in senso alto: la lectio corretta e significativa di un discorso orante. Perché i cristiani e i cattolici non possono non dirsi poveri, afflitti, spossessati di tutto, invasi e permeati esistenzialmente da uno spirito nudo, solidali con il progetto di misericordia che è l'essenza di una fede come la loro: ma è ragionevole pensare che questo valga per la comunità che l'Incarnato ha originato nel tempo e nella storia? Evidentemente no.
Molti ricordano un vecchio libretto su Gesù del cardinale Giacomo Biffi. Cristo è descritto come un ricco, perché ricca è la sua parola e ricche perfino le sue vesti e calzature e amicizie, ed è tolto di peso, il Messia, dall'iconografia riduttiva della metafora mendicante, bellissima peraltro. Il potere di Cristo in realtà è ineguagliabile, formidabile, minaccioso per i superbi, e la chiesa deve rifletterne un pallido chiarore, e così è stato nella tradizione e nella storia. Povera materialmente può essere una chiesa rinunciataria, questo sì, che vive soltanto nei cuori, nello spazio individuale e comunionale, ma non in quello pubblico. Può essere che molti fedeli quel tipo di chiesa protestante, intimista, spiritualista desiderino, e che nei casi estremi optino addirittura per la dimensione mistica che si “libera con Dio da Dio” e sale a un vuoto e incantato nulla; ma al mondo laico e disincantato conviene una chiesa ricca, per quanto non arrogante e mite e pulita nei modi, in grado di difendere la propria libertà e, con essa, le libertà generali nello spazio secolare. Oltre tutto, se la chiesa fosse povera in canna, non sapremmo niente di madre Teresa e nemmeno di santo Francesco.
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