Concorso esterno in pedofilia: storie di ingiustizia secolarista
Il segretario di stato vaticano si è detto infine “sgomento” per il trattamento insolente e giuridicamente barbarico inflitto ai vescovi belgi da un procuratore brutalmente anticlericale, e dal governo che lo ha coperto con le parole di un primo ministro di sede vacante e di un ministro della giustizia in ozio politico postelettorale. Ha fatto bene a non dirsi “sorpreso”, perché non c'è nulla di cui sorprendersi: tutto era scritto da oltre dieci anni, da quando le forze secolariste hanno lanciato, dapprima negli Stati Uniti e poi in Europa, una vasta crociata “antipedofila” contro il clero cattolico.
Leggi Chiesa, sventramenti in corso di Giuliano Ferrara
Il segretario di stato vaticano si è detto infine “sgomento” per il trattamento insolente e giuridicamente barbarico inflitto ai vescovi belgi da un procuratore brutalmente anticlericale, e dal governo che lo ha coperto con le parole di un primo ministro di sede vacante e di un ministro della giustizia in ozio politico postelettorale. Ha fatto bene a non dirsi “sorpreso”, perché non c'è nulla di cui sorprendersi: tutto era scritto da oltre dieci anni, da quando le forze secolariste hanno lanciato, dapprima negli Stati Uniti e poi in Europa, una vasta crociata “antipedofila” contro il clero cattolico, insomma contro quello scudo pastorale consacrato del popolo di Dio che è il nocciolo della vilipesa e odiata (anche dai suoi figli, specie dopo il Concilio Vaticano II) chiesa istituzione, della aborrita (fin dai tempi della Riforma) chiesa sacramentale. Gli ultimi obiettivi simbolici della crociata sono il Papa, il Collegio dei cardinali, i vescovi e la memoria: lo sventramento a colpi di martello pneumatico della tomba di Suenens, uno dei padri teologici progressisti del Concilio, la dice tutta, senza se e senza ma, sul predente stato di indifeso abbandono in cui giace la chiesa cattolica nell'Europa della grande apostasia.
Benedetto XVI ha giustamente detto che il nemico della chiesa di Cristo non è esterno ma interno, che il peccato si combatte con la penitenza, la sporcizia con l'espiazione riconciliante, e che il perdono non sostituisce la giustizia. E' un discorso di fede, puro, disincarnato, che fa appello alla responsabilità personale di ciascun credente senza esentare alcuno dalla propria responsabilità civile. Il capo della chiesa, vicario, non poteva dir altro sotto questo delicato, decisivo profilo. Ma la chiesa cattolica è non solo metaforicamente anche nostra, dei non credenti, è un pezzo della società e della cultura universali, un soggetto autorevole, forte, dal magistero e dalla dottrina roboanti e intimissimi allo stesso grado, e il trattamento riservato alla chiesa, la sua libertà o la sua marginalizzazione ed esclusione, ci dice che cosa siamo diventati, ci deve spingere a pensare e ripensare il secolo, la laicità, la giustizia umana. La chiesa è vittima di un'aggressione, è accusata globalmente e nel suo vertice di “concorso esterno in reato di pedofilia”. La chiesa è trattata con la stessa sciagurata sciatteria con cui i procuratori d'assalto dell'antimafia trattano il cosiddetto “terzo livello” dei rapporti mafia-politica. La chiesa è degradata a “entità” di copertura del malaffare pedofilo da quel pm belga che ha sequestrato i vescovi e li ha tenuti per molte ore in stato di fermo, o ha fatto perquisire inutilmente (su delazione folle) le tombe di vecchi patriarchi della cattolicità belga.
Ma anche in tutti gli altri casi di inchieste governative, di iniziative d'accusa della società civile sponsorizzate dalla campagna tambureggiante dell'opinione pubblica, di qua e di là dall'Atlantico, nel mirino di tiro sta sempre l'istituzione, il suo modo di essere, la sua idea di paternità, di peccato, di pentimento, di destino e salvezza dell'anima sotto gli occhi di Dio. E con che metodi giuridici si combatte questa guerra di religione secolarista, all'insegna della più brutale volontà di scristianizzazione del mondo! I procuratori combattenti dell'anticlericalismo, gli avvocati delle famiglie delle vittime degli abusi, i media laicisti: nessuno si attiene alle regole dello stato di diritto, che prevedono la responsabilità personale nel crimine, una precisa definizione della fattispecie dei reati, una collocazione spaziotemporale dei fatti compatibile con l'accertamento della verità dibattimentale e processuale (qui cadono le leggi sulla prescrizione per casi di trenta, quarant'anni fa). Concorso esterno, favoreggiamento, complicità istituzionale: l'attacco è sempre stato ai vescovi, alle diocesi (specie le più ricche), e il metodo è quello di una giustizia fanatizzata, di un ordito politico con pretese di giacobinismo intollerante.
L'accertamento della verità non è minimamente in discussione. Travolte sono le mediazioni con lo stato, le commissioni bipartisan approntate con infinita buona volontà da diocesi e organi governativi (come la commissione diretta dallo psicologo infantile Peter Adriaenseens, e chissà che fine farà quella messa in piedi dal cardinale Schoenborn a Vienna). C'è da ripeterlo. La resa umile è cristiana, ma è forse cristiana e cattolica anche la resistenza. Per noi laici che amiamo nella libertà della chiesa le nostre stesse libertà dal fanatismo illiberale è così. Senza elevare un muro culturale e civile, che non significa e non deve significare impunità per i figli della chiesa caduti nel peccato e nel reato penale, non se ne esce. Per uscirne, con bestie come il giustizialismo anticlericale nella versione furibonda e fanatica della campagna sulla pedofilia, ci vuol altro che la sacra penitenza.
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