Così è nata la discussissima idea dalemiana di una New Left

Claudio Cerasa

A meno di sorprese, mercoledì prossimo Massimo D'Alema sarà eletto alla guida della più importante fondazione politica europea, la Foundation for European Progressive Studies, e la sua nomina ha aperto un vivace dibattito all'interno del Partito democratico.

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    A meno di sorprese, mercoledì prossimo Massimo D'Alema sarà eletto alla guida della più importante fondazione politica europea, la Foundation for European Progressive Studies, e la sua nomina ha aperto un vivace dibattito all'interno del Partito democratico. Due giorni fa, il segretario generale della fondazione Italianieuropei (Andrea Peruzy) ha spiegato su questo giornale che tra le idee che i dalemiani cercheranno di portare all'attenzione del dibattito europeo ve ne è una in particolare che sta facendo sbuffare diversi cattolici democratici. Ovvero: lavorare tutti insieme a una sorta di New Left ispirandosi alla migliore tradizione della socialdemocrazia in Europa. Le parole di Peruzy non sono passate inosservate. Alcuni parlamentari del Pd hanno già chiesto spiegazioni ai vertici del partito. E prima di Mauro Ceruti – senatore del Pd e relatore del Manifesto dei valori del Partito democratico, le cui parole le trovate in questo pagina –  anche il senatore mariniano del Pd Lucio D'Ubaldo aveva sostenuto che la nomina di D'Alema “deve portare a un processo di mutamento profondo del Pse, con l'inevitabile abbandono della cultura, della tradizione e della stessa simbologia socialista”.

    Al contrario, c'è invece chi come Gianni Pittella (vice presidente del Parlamento europeo) e David Sassoli (presidente della delegazione italiana del Pd) è convinto che una personalità del Partito democratico come D'Alema chiamata alla presidenza della Feps “rispecchia la vocazione del nostro partito a contribuire alla creazione di un fronte dei progressisti europei”. A Largo del Nazzareno però c'è chi continua a essere molto preoccupato per l'offensiva europea dell'ex presidente del Consiglio e tra chi crede che l'arrivo di D'Alema alla super fondazione possa contribuire a spostare ancora di più l'asse del Partito democratico verso sinistra vi è anche l'europarlamentare del Pd, e vicepresidente dell'Asde, Gianluca Susta. “La prossima elezione di D'Alema alla presidenza della Feps – ci dice Susta – va salutata con soddisfazione, ma se il senso di questa nomina è quello spiegato sul Foglio da Andrea Peruzy proprio non ci siamo. Un anno fa avevamo dato vita al gruppo dei Socialisti & Democratici all'Europarlamento non certo per riformare dall'interno un socialismo europeo ormai asfittico.

    Altre erano per noi le ‘regole d'ingaggio': creare una moderna forza riformista, oltre il socialismo, insieme con altre famiglie politiche, sul modello del Pd. Quell'obiettivo non è stato raggiunto. Anzi non abbiamo neanche più quel Pd! Forse è vero che la socialdemocrazia sopravvive a se stessa, ma è anche vero che il modello sociale europeo e la crisi delle finanze pubbliche esigono forze politiche europeiste capaci di favorire il regolato liberarsi delle energie inespresse della società europea e non il ritorno allo statalismo socialista. Non ci basta, quindi, una nuova socialdemocrazia e non basta neanche al Pd se vuole tornare a essere percepito come una innovatrice, europeista e democratica alternativa alla destra”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.