Dato che le previsioni sono irrazionali, qui si dice Brasile-Argentina
Per coloro che non hanno nulla da fare, e siamo in tanti, che stanno spendendo le ferie su un divano davanti la televisione, e ne conosco almeno un paio, per tutti costoro è un trauma stare un giorno senza. Figurarsi due. Oggi grazie a Dio si ricomincia. Ore 16, Olanda-Brasile, il botto, alle 20 e 30, Uruguay-Ghana. L'indomani, sabato, Argentina contro Germania, altro botto. Chiudono Spagna e Paraguay. Quattro squadre sudamericane, tre europee, un'africana, le magnifiche otto del 2010.
Per coloro che non hanno nulla da fare, e siamo in tanti, che stanno spendendo le ferie su un divano davanti la televisione, e ne conosco almeno un paio, per tutti costoro è un trauma stare un giorno senza. Figurarsi due. Oggi grazie a Dio si ricomincia. Ore 16, Olanda-Brasile, il botto, alle 20 e 30, Uruguay-Ghana. L'indomani, sabato, Argentina contro Germania, altro botto. Chiudono Spagna e Paraguay. Quattro squadre sudamericane, tre europee, un'africana, le magnifiche otto del 2010. Nell'attesa, abbondano i pronostici. Dei bookmaker, degli opinionisti, nuova categoria dello spirito, e dei cosiddetti professionisti.
La Gazzetta, che in materia fa scuola, ne ha consultati cinquanta e lanciato al tempo stesso un sondaggio tra i lettori. Il popolo grida Argentina, la maggioranza degli esperti prevede invece una finale tra il Brasile e la Spagna. Colpisce il pronostico di Claudio Gentile, oggi allenatore, un tempo ira di dio e campione del mondo millesimato 1982: vede come semifinaliste Ghana, Olanda, Germania e Spagna, e il titolo vinto da quest'ultima. Tre europee e nessuna sudamericana in un continente che non è l'Europa, questo sì che sarebbe una notizia. Pur cavalcando l'improbabile, Gentile conferma che per fare previsioni non serve un fondo di caffè, né la testa o la statistica o un accurato esame tecnico: gli organi per così dire cognitivi sono la pelle e le trippe. Pensa che Maradona sia un cialtrone? Via la Selécion. I brasiliani non sono come quelli del 1982 e non lo incantano? Via anche loro.
La previsione deve essere profondamente irrazionale, sulle ali del tifo in ogni sua declinazione. Così mi butto a dire quello che vorrei: e dico Brasile, Brasile e Brasile che sconfigge l'Argentina in una battaglia epica anche se si è perso ormai il ricordo delle grandi finali. Dico Brasile perché l'Olanda bianca e protestante dei troppi Van, “Persie, Bommel, der Vart”, i discendenti dei boeri non possono vincere in Sudafrica, perché un'Olanda che ha in panchina come vicecommissario tecnico il cacciatore di neri Frank de Boer e tiene il fratello Ronald come ragazzo spazzola e spia è giusto che perda. E se pure fosse giusto il contrario agli occhi del dio degli ariani, nemmeno potrebbe, visto che davanti non ha un Basten ma un ciclotimico, un vagotonico, un individualista sprezzante e un altro che ce l'ha su con mezza squadra. Dico Brasile perché farà un solo boccone del vincente tra Uruguay o Ghana, l'uno o l'altro non importa. L'Uruguay è bello, il tecnico è preparato e galantuomo, ma la Celeste è più fragile fisicamente e tecnicamente: il potere evocativo di nomi come Lugano (gioca nel Fenerbahçe) e Fucile (sta nel Porto) non li trasforma d'incanto nella coppia di Inter e Roma, Lucio e Juan, Forlan non è Luis Fabiano e Cavani, quello del Palermo, avrà pure talento ma non vale Kaká nemmeno a mezzo servizio. Nel girone di qualificazione ne ha prese dal Brasile prima due poi quattro. Se toccherà al Ghana, la felicità per la prima volta di un'africana in semifinale non potrà cambiare il risultato.
Dall'altra parte del tabellone, non si può non “sentire” che Maradona ha il sangue agli occhi e non per l'efedrina come nel 1994. Le sue “ventitré belve” aspettano solo di potere azzannare carne tedesca, ancora meglio se giovane e fresca, che Mesut Özil e Thomas Müller saranno pure terribilmente seducenti, i maglioncini del loro allenatore anche, ma sono ancora ragazzi e la Germania multietnica ha un solo vecchio guerriero in mezzo al campo, il bianco Schweinsteiger. Lo stesso discorso vale per la Spagna che ha meccanismi sincronici, precisi al tocco di un orologio per così dire svizzero, ma anche la stessa delicata fragilità: basta un niente per mandarla fuori giri, gli Heinze, i Samuel, i Gutierrez, i Mascherano sanno anche all'occorrenza come innervosire, intimidire, un calcetto sulla caviglia, una cravatta un po' più stretta, che sfugge anche alla moviola. Sono cose che si imparano da piccoli, sulla strada, tra una lama di coltello e un tango, calcio argentino insomma. Ecco perché sogno questa finale. E se per caso dovessero vincere i ragazzacci di Maradona non mi dispiacerebbe nemmeno. Non per loro né per l'Argentina. Ma per lui, per Diego Armando Maradona. Per il figlio del popolo, che detesta, cordialmente ricambiato, ogni trombone dell'establishment, un titolo mondiale sarebbe una rivincita. E forse anche la riparazione che il mondo dovrebbe al più grande di tutti. Al più grande di sempre.
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