Divorzio in vista?

Moratoria del Quirinale sulle intercettazioni. Stallo (con risse) nel Pdl

Salvatore Merlo

La legge sulle intercettazioni si farà? Per ora è quasi certo che le modifiche siano inevitabili. Mentre questo giornale va in stampa è in corso un vertice Letta-Alfano--Berlusconi a Palazzo Grazioli per decidere. Da una parte c'è il Cav., dall'altra la freddezza (se non l'ostilità) di un pezzo della Lega, di Gianfranco Fini, e da ieri, con irrituale chiarezza, anche del presidente della Repubblica. “I punti critici della legge approvata risultano chiaramente dal dibattito”, ha detto Giorgio Napolitano.

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    La legge sulle intercettazioni si farà? Per ora è quasi certo che le modifiche siano inevitabili. Mentre questo giornale va in stampa è in corso un vertice Letta-Alfano-Berlusconi a Palazzo Grazioli per decidere. Da una parte c'è il Cav., dall'altra la freddezza (se non l'ostilità) di un pezzo della Lega, di Gianfranco Fini, e da ieri, con irrituale chiarezza, anche del presidente della Repubblica. “I punti critici della legge approvata risultano chiaramente dal dibattito”, ha detto Giorgio Napolitano. “Valuteremo se verranno apportate modifiche adeguate su quei punti che sono già stati messi in grande evidenza. Ci riserveremo la valutazione finale nell'ambito delle nostre prerogative”. Il messaggio è tanto inusuale quanto limpido, ed è il secondo dopo la vicenda Brancher: senza modifiche, questa legge io non la promulgo. Cosa farà adesso il governo che nelle ultime ore aveva dato l'impressione di voler accelerare? La marcia indietro è ingranata (salvo contrordine del Cav.) e le modifiche forse si faranno.

    L'alternativa è uno scontro istituzionale che non troverebbe sostegno certamente in Fini né tantomeno nel fronte nordista rappresentato dal partito di Umberto Bossi. Si arriverebbe a una crisi che nessuno sembra ancora volere. Non bastasse c'è anche il rischio di un “golpe” in commissione Giustizia, dove, specie dopo l'intervento del Quirinale, potrebbe saldarsi, a favore delle modifiche, una nuova maggioranza tra un pezzo del Pdl e l'opposizione: almeno 24 voti contro i 19 del Pdl. La giustizia ha scavato un fossato incolmabile tra i cofondatori. Si registra un forte nervosismo collegato al deteriorarsi dei rapporti con Fini. L'evanescente negoziato tra i finiani e i triumviri del Pdl, riuniti nel pomeriggio in conclave, è stato esulcerato da un duro scambio, proprio sulle intercettazioni, tra Fini e Sandro Bondi nel corso della presentazione della Rivista di politica diretta da Alessandro Campi. Bondi è stato sentito sussurrare: “Lo dico con dolore, ma a questo punto è dura” continuare così. Si farà un congresso, ma senza accordo sarà quello del divorzio.

    Rivolgendosi a Bondi, Fini ha detto: “Nel mio partito non vorrei mai avere qualcuno che si fa nominare ministro per non farsi processare” (caso Brancher). E ancora, dopo che Bondi difendeva il ddl intercettazioni, dicendo che “non esiste un altro paese democratico dove le trascrizioni finiscono sui giornali”, Fini, riferendosi probabilmente a Nicola Cosentino, ha detto: “Sono d'accordo. Ma fai l'esempio di un paese in cui resta sottosegretario un uomo sospettato di connivenza con la criminalità organizzata”. Se la riunione dei triumviri Verdini-La Russa-Bondi con i diplomatici finiani Augello e Bocchino “non è andata né bene né male ma è stata interlocutoria”, il successivo scontro del coordinatore nazionale con il presidente della Camera è sembrato sigillare quell'aggettivo, “irrecuperabile”, che Fini aveva utilizzato la settimana scorsa in privato per definire il suo rapporto con Berlusconi.

    Si parla molto, adesso, di “divorzio concordato”
    ; una via di uscita che ai finiani sembra stare bene (a Fini non si sa) e che anche Fabrizio Cicchitto, mercoledì sul Foglio, ha avallato come extrema ratio. C'è anche una proposta che il campo finiano sta cercando di suggerire – non sembri strano – alla Lega: “Sia Bossi a proporre una tregua fondata su una nuova legge elettorale. Una cosa che consenta a Fini e Berlusconi di separarsi e di correre poi insieme, ma non più come cofondatori dello stesso partito”. E' un fatto che Bossi abbia lavorato in passato a una mediazione, per questo non è inverosimile che ritorni a intestarsi un negoziato anche sulle intercettazioni. Una cosa che salvi la legislatura e il federalismo. Non sembrano esserci troppe alternative. D'altra parte, ai berlusconiani che propongono compesanzioni nell'organigramma del Pdl, Fini ha fatto dire: “La questione è di indirizzo politico”.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.