La spia "della porta accanto"
A 28 anni sequestrata dai Túpac Amaru, a 31 rifugiata negli Stati Uniti proprio perché minacciata dai terroristi, a 36 partecipante a marce in favore di Sendero Luminoso, dai 44 in poi arrabbiata editorialista a favore di Fidel Castro e Hugo Chávez, e a 54 arrestata come agente russo. Per colpa di un marito uruguayano che in realtà non era uruguayano; che è stato il primo e finora unico a confessare nel gruppo delle “spie della porta accanto”.
A 28 anni sequestrata dai Túpac Amaru, a 31 rifugiata negli Stati Uniti proprio perché minacciata dai terroristi, a 36 partecipante a marce in favore di Sendero Luminoso, dai 44 in poi arrabbiata editorialista a favore di Fidel Castro e Hugo Chávez, e a 54 arrestata come agente russo. Per colpa di un marito uruguayano che in realtà non era uruguayano; che è stato il primo e finora unico a confessare nel gruppo delle “spie della porta accanto”; e che comunque intende mantenere la sua vera identità segreta.
Virginia “Vicky” Peláez, giornalista peruviana a New York, grazie alla confessione del marito è stata però la prima a essere liberata, sia pure in cambio di una salatissima cauzione: 250.000 dollari, di cui 10.000 in contanti, più l'obbligo del bracciale elettronico e di restare sotto vigilanza. “Non sembra essere un agente professionale”, ha detto il giudice. “Ha un'identità vera e l'intenzione di restare nel Paese”. Nata nel 1956 nell'antica capitale incaica Cuzco, Vicky all'inizio degli anni '80 era divenuta una delle più famose giornalista tv del Perù, per uno stile gridato a metà tra Oriana Fallaci e Vanna Marchi. Ma l'8 dicembre del 1984 fu sequestrata assieme a un cameraman dai guerriglieri del Movimento Rivoluzionario Túpac Amaru. Prigioniera per un'intera giornata, le dissero che la avrebbero uccisa se non intervistava Victor Polay: il fondatore del gruppo terrorista, che attualmente sconta l'ergastolo dopo essere stato catturato nel 1992. Lei intervistò, la tv mandò anche in onda una trasmissione, e i due furono rilasciati. Ma lo scoop nella sua integrità non andò mai in onda, e solo apparve una sua trascrizione cartacea il 21 febbraio del 1985, sul giornale di sinistra Marka. I Túpac Amaru si arrabbiarono di brutto, e iniziarono a tempestarla di telefonate minatorie.
Insomma, quando nel 1987 Vicky decise di andare a New York, potè stabilirsi negli Stati Uniti proprio in quanto minacciata dai terroristi di estrema sinistra. Ma nel 1992 fu vista che partecipava a una marcia in favore di Sendero Luminoso. A quell'epoca l'Fbi deve aver iniziato a tenerla sotto controllo, e la sorveglianza si è presumibilmente accentuata quando dal 1995 in poi Vicky è diventata capo del servizio America Latina di “El Diario La Prensa”, storica testata di lingua spanola di New York, segnalandosi per i suoi furibondi editoriali pro-Chávez e pro-Fidel Castro. Dietro la sua scrivania aveva le foto del Comandante Gonzalo, il leader di sendero Luminoso. Dopo l'11 settembre scrisse un articolo in cui in pratica giustificava l'attacco alle Torri Gemelle. E nel dicembre del 2006 aveva redatto una famosa “lettera di Natale” per la figlia di una delle cinque spie cubane detenute negli Stati Uniti. Nessuno però le ha mai impedito di continuare a lavorare, e neanche di prendere la cittadinanza statunitense. Comunque, in tutti questi anni ha fatto avanti e indietro tra Usa e Perù senza problemi, e lei stessa coi familiari scherzava sull'avere i telefoni sotto controllo.
Tanto più sorprendente, dunque, che da quei controlli siano risultate le prove che hanno portato all'arresto di lei e di suo marito: colui che diceva di chiamarsi Juan Lazáro, che ha 10 anni più di lei, e che risiedeva negli Usa da cent'anni senza però averne mai presa la cittadinanza, a differenza di Vicky. Anche se ha ricevuto quella peruviana di lei. Pensionato, Juan insegnava in un corso sulla politica latino-americana all'università The New School di New York, che a quanto sembra era più che altro una serie di comizi alla Noam Chomsky. Secondo l'Fbi, il 14 gennaio del 2000 Vicky avrebbe ricevuto un pacco da un soggetto sospetto in un parco di un Paese sudamericano non identificato, senza accorgersi di essere pedinata da un agente dell'Fbi. Di nuovo l'evento si sarebbe ripettuto nel febbraio del 2002 e del 2003: secondo l'Fbi, le tranches di un versamento di 80.000 dollari di provenienza moscovita. Nell'agosto del 2007 sarebbe stato invece Juan a ricevere un pacco in un parco del solito Paese sidamericano incognito. E poi ci sono le intercettazioni dei microfoni piazzati nella casa del New Jersey dove la coppia viveva con un figlio 17enne: un edificio in legno di due piani, con un grande giardino che la stampa descrive come “non curato”, e che ora lui ha confessato essere stato comprato con i soldi dei servizi russi. Una di queste intercettazioni riguarda rumori sospetti che potrebbero corrispondere a “emissioni radio da Mosca”. In un'altra il marito dice a Vicky che “quando andrai in Sudamerica ti scriverò con inchiostro invisibile”. In un'altra ricorda di aver trascorso l'infanzia in Siberia. Sembra che sia stato soprattutto quest'ultimo particolare a allarmare l'Fbi.
Prima della confessione di Juan, la madre di Vicky aveva parlato di una vendetta per il modo in cui lei ha attaccato nei suoi articoli la politica Usa verso gli immigrati. Alla comunità peruviana di New York e tra i colleghi del giornale avevano raccontato che anche vari amici avevano iniziato ad allontanarsi dalla coppia spaventati dal loro crescente radicalismo, e che un possibile arresto di lei non era inaspettato. Ma come filo-senderista: non certo come spia di Putin. Il figlio dice poi che gli sembra soprattutto incredibile l'idea dei genitori che usano Internet per trasmettere informaziooni riservate. “Ma se col computer sono talmente imbranati che perfino per mandare un'e-mail vengono a chiedere a me come si fa?”. Ora però Juan ha detto che sebbene questo figlio lo ami, “non abbandonerebbe la propria lealtà al servizio di spionaggio russo neanche per suo figlio”. Qualche giornale è andato intanto a rileggere la lettera che Vicky aveva scritto alla figlia di una spia cubana. “Non è giusto che una bimba debba sapere della sofferenza che gli uomini provano dietro alle sbarre”.
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