Contro la rozzezza della vita (sessuale) contemporanea

Recensire il Kamasutra per noia e scoprire che il piacere è nei numeri

Alfonso Berardinelli

Per superare la noia e per evadere dalla gamma degli argomenti più consueti e prevedibili, proverò a recensire brevemente “Kamasutra”, o “trattato sul piacere”, il famoso classico indiano composto da Vatsyayana nel III secolo dopo Cristo (edizione economica Adelphi 2010, p. 335, euro 15). Lo farò con la massima umiltà e semplicità, non essendo io uno specialista di letteratura indiana (né specialista di altro, se non forse del mio proprio cervello e di quello che mi succede nella vita).

    Per superare la noia e per evadere dalla gamma degli argomenti più consueti e prevedibili, proverò a recensire brevemente “Kamasutra”, o “trattato sul piacere”, il famoso classico indiano composto da Vatsyayana nel III secolo dopo Cristo (edizione economica Adelphi 2010, p. 335, euro 15). Lo farò con la massima umiltà e semplicità, non essendo io uno specialista di letteratura indiana (né specialista di altro, se non forse del mio proprio cervello e di quello che mi succede nella vita). La recensione somiglierà perciò a una chiacchierata informativa messa insieme attingendo sia dal testo che dall'esauriente introduzione di Wendy Doniger e Sudhir Kakar.
    La prima caratteristica di quest'opera è l'abbondanza delle enumerazioni e delle liste, secondo l'idea che un trattato enciclopedico non deve trascurare niente di quanto esiste e accade realmente: il che non vuol dire che tutto ciò che è reale e naturale nella ricerca del piacere sia socialmente lecito né accettabile da un punto di vista morale e religioso.

    Ma l'ossessione enumerativa non è soltanto una tecnica per mettere ordine nella pluralità dei fenomeni e memorizzarli: ogni elenco è inevitabilmente limitato, ma allude al fatto che la materia trattata tende sempre a uscire dai limiti. Insomma l'enumerazione, se aspira alla totalità, allude anche all'illimitato e al non previsto.
    Per fare solo qualche esempio: nel “Kamasutra” si prevedono quattro forme di amore e centocinque tecniche. Ci sarebbero diciassette tipi di baci, sedici morsi e graffi, diciassette posizioni, sei atti sessuali insoliti, sedici percosse e gemiti, dieci movimenti sessuali e altri tre di una donna che faccia la parte dell'uomo, le varietà di sesso orale sarebbero otto e i tipi di amplesso sette. Altre classificazioni, osservano i curatori, “si dimostrano invece più sfuggenti, quali ad esempio le ragioni per andare a letto con la moglie di un altro uomo, che sono tre, quattro, cinque, sei, sette o otto a seconda del sistema adottato”.

    In verità, come il lettore nota presto, questo manuale di sessuologia, “somiglia più di ogni altra cosa a un'opera teatrale”. Ci sono lui e lei, i due amanti, l'eroe e l'eroina. Poi ci sono altri personaggi o tipi del teatro sanscrito, come il libertino, il mezzano e il buffone, oltre che il comprimario, la spalla, il giullare, lo scapolo, la vergine, la moglie, le mogli degli altri, le cortigiane, la cortigiana di lusso, le principesse reali, le figlie dei ministri, l'uomo di mondo, il viveur. Ci sono le quattro caste, con i loro membri, al primo posto i brahmani. Poi i quattro stadi della vita: lo studente casto, il capofamiglia, l'eremita della foresta, il rinunciante.
    L'indice degli argomenti risulta fantasmagorico. Si parte dai tre fini dell'esistenza, che sono la religione, il potere, il piacere. Quando si discute un problema, dicono la loro i dotti, i materialisti, i fatalisti, i pragmatici. Le vergini dovrebbero esercitarsi da sole, in privato, nelle sessantaquattro tecniche, magari con l'aiuto di una sorella maggiore che abbia già fatto l'amore con un uomo, o di un'amica più esperta, o di una zia più o meno coetanea, o di una vecchia serva fidata, o perfino di una rinunciante. Inoltre, si dice, il “Kamasutra” va studiato, ma preferibilmente non da solo.

    Contemporaneamente andrebbero studiate “le sessantaquattro arti”. Tra queste arti ci sono la musica e il canto, la danza e la pittura, la composizione floreale e la colorazione di parti del corpo, la fabbricazione di diademi e coroncine, il fare musica sugli orli dei bicchieri, il cucinare, l'illusionismo e la stregoneria, i giochi di parole, il raccontare storie e storielle, la recitazione, la fabbricazione di oggetti di stoffa, legno, bambù e metallo, la cura delle piante, l'insegnare ai pappagalli a parlare, il massaggio, il linguaggio cifrato, l'improvvisazione poetica, le capacità atletiche ecc.

    Viene descritto (in dettaglio, naturalmente) lo stile di vita dell'uomo di mondo. Nella sua stanza da letto dovranno esserci sia un letto che un divano, un altare con unguenti e ghirlande, un flacone di profumo, un pezzetto di scorza di limone, una sputacchiera sul pavimento, un liuto appeso a una zanna d'avorio, qualche libro, una tavola per lanciare i dadi: “L'uomo di mondo si alza al mattino, va di corpo, si lava i denti, si cosparge di unguenti profumati e di un po' di incenso, si mette una ghirlanda, si applica lacca rossa e cera d'api, e dopo essersi guardato il viso nello specchio, aver messo in bocca qualcosa per profumare l'alito, si dedica alle faccende da sbrigare. Ogni giorno fa il bagno, ogni due giorni si fa strofinare le membra con un unguento, ogni tre fa un bagno di schiuma, ogni quattro si fa radere il volto, e ogni cinque o dieci giorni si fa depilare il corpo. E costantemente si asciuga il sudore dalle ascelle (…) Va ai combattimenti di quaglie, galli e arieti, passa il tempo con il libertino, il mezzano e il buffone. Poi schiaccia un sonnellino. Nel tardo pomeriggio, dopo essersi agghindato, per svagarsi si reca nei salotti”.

    Si va bene… Ma nel “Kamasutra” non si parla di sesso?
    Certo che sì, come abbiamo visto. Ma solo “fra l'altro”, nel mezzo e nella moltitudine di tante altre cose che riguardano il piacere da vicino o da lontano, lo preparano, lo propiziano, lo prolungano, lo intensificano, lo ritualizzano. La cultura indiana, che forse più di ogni altra ha saputo insistere e indagare sull'unità metafisica del mondo e dell'oltremondo, è riuscita a fare anche il contrario, a immergersi nei particolari, nei dettagli, nella molteplicità e pluralità in cui l'unità si manifesta e si dispiega. La divisione analitica dell'opera indica nel modo più chiaro quanto l'attività sessuale sia stata studiata sia socialmente che in termini tecnici e rituali.
    L'impressione più ovvia che ricava un lettore di oggi dal “Kamasutra” è che la vita sessuale contemporanea sembra afflitta da una particolare inconsapevolezza e rozzezza. Ho detto vita “sessuale”, ma potrei togliere l'aggettivo. Il “Kamasutra” è infatti una grande opera sul piacere di vivere o sulla vita che si dia come scopo il piacere. In proposito noi crediamo di saperla lunga. In verità siamo diventati più o meno degli analfabeti.