Se è questa l'Europa che vince, tenetevela, qui oggi siamo molto mulatte
Non so come c'è rimasto il Cav. che qualche giorno fa aveva detto a Lula che il Brasile ce l'ha praticamente in casa, nel Milan, e nel cuore da quando l'Italia è fuori, ma magari lui è così, gentile e premuroso con ogni capo di stato che incontra e in fondo non gliene frega proprio niente. So invece che centinaia di milioni di persone innamorate di un calcio unico al mondo sono senza più lacrime. Compreso il coglione che scrive: mi sento affranto per il sogno svanito.
QUARTI DI FINALE Olanda-Brasile: 2-1. Arbitro: Nishimura (Gia). Reti: 10' pt Robinho, 8' st Melo (autogol), 23' st Sneijder
Non so come c'è rimasto il Cav. che qualche giorno fa aveva detto a Lula che il Brasile ce l'ha praticamente in casa, nel Milan, e nel cuore da quando l'Italia è fuori, ma magari lui è così, gentile e premuroso con ogni capo di stato che incontra e in fondo non gliene frega proprio niente. So invece che centinaia di milioni di persone innamorate di un calcio unico al mondo sono senza più lacrime. Compreso il coglione che scrive: mi sento affranto per il sogno svanito, diminuito per la sconfitta della bellezza, incazzato nero con i bianchi tronfi che intorno a me gridano che non amano i negri, gli stranieri, che chissà poi chi sarebbero, e che vinca finalmente l'Europa. Se è questa l'Europa che vince, tenetevela, io oggi voglio essere mulatta a Ipanema.
Calcio iniquo. Manda in semifinale la squadra peggiore che pareggia per un autogol e vince con un rinterzo in mezzo all'area affollata: calcio d'angolo, il pallone rimbalza come in un flipper testa di Kuyt e testa di Sneijder. Due palle inattive come si dice in gergo e vittoria in tasca. Siamo alla metà del secondo tempo: l'Olanda dà segni di risveglio da un quarto d'ora appena, da subito dopo il pareggio fortuito. Calcio di punizione dalla destra, Julio Cesar forse chiama la palla e comunque esce a vuoto, Felipe Melo forse non sente e comunque pensa di essere indispensabile, salta anche lui, spizza e palla in porta.
Fino ad allora, Olanda chi era costei? Sessanta minuti a fare sì e no un tiro in porta, a farsi infilzare da lontano e da vicino. Incassa l'1 a 0 ma potrebbe prendere un altro gol e un altro ancora, senza che ci sia da scandalizzarsi tanto netto appare il dominio verde e oro. Fin dal primo minuto cominciano a darsele, tra loro è tradizione. Ma l'Olanda mena e balbetta, il Brasile mena e incanta. Numeri di grandissimo samba, palla sempre a terra, massimo due tocchi. Al 7' c'è già un gol, annullato per fuorigioco. Maicon sfonda sulla destra, Robinho non aggancia. Qualche minuto dopo, la “fabula”: lancio di Melo da cinquanta metri che passa in mezzo a una difesa disposta alla viva il parroco, Robinho parte due metri dietro, taglia riprende e butta dentro. Calcio a Luis Fabiano a palla lontana, solo cartellino giallo. Gomitata a Maicon. Van Persie prova a superare Juan, ridicolo, Van Bommel falcia Melo. Al 22' c'è il primo passaggio sbagliato del Brasile, va segnalato. Su Sky i telecronisti di riferimento vanno al succo del problema: “L'Olanda fatica a portare il pallone avanti”.
E ti credo. Controllo a seguire di Kaká come ai vecchi tempi, ne fa fuori due, lo stendono. Al 30', altra “fabula”: Robinho, Fabiano, Kaká tiro a girare e il portiere lungagnone di due metri devia in angolo. Passaggio largo a destra, arriva come un treno Maicon, esterno della rete. Kaká parte: steso. Kaká riparte: risteso. Il Brasile inventa geometrie, disegna stilemi sull'erba come Karl Lagerfeld sul cartoncino. Robben, quello che ha solo una finta, prova a farla: umiliato da Juan. Si va al riposo. I su citati telecronisti di riferimento dicono che questo Brasile è una squadra dinamica, che si muove, che l'Olanda ha fatto quello che poteva fare ma se continua così è fritta. Già. Ma non continua così. All'8' quel malinteso, quello svarione, autogol e pareggio. Nervi e psiche brasiliani vanno come in frantumi. La stanchezza si fa sentire, nel primo tempo hanno speso più degli olandesi. Malgrado ciò, ci provano ancora. Kaká: steso. Riprova: fuori di un niente. E gli arancioni passano in vantaggio. Il gigante crolla e diventa un bambino stizzoso. Ha l'immagine di Felipe Melo, che dopo aver messo la testa nell'autogol del rocambolesco pareggio olandese, decide di metterci anche un piede: prima falcia un avversario, poi lo calpesta. Cacciato in tronco. Il Brasile finisce qui, con il rimpianto di aver avuto la partita decisiva in mano e di non averla chiusa al momento opportuno.
L'uscita di scena degli uomini dell'altro pianeta ha riempito di orgoglio molto poco legittimo i nipotini dei boeri, ha fatto impazzire Buenos Aires. E fatto felici tanti commentatori spocchiosi, le labbra a culo di gallina, che dicono visto ve lo avevamo detto. E più teste coronate cadono, più ci si sente sollevati per la nostra prematura fine. Ma per favore.
Il Foglio sportivo - in corpore sano